DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Gianluigi Nuzzi per “la Verità”
Il cardinale George Pell, strettissimo collaboratore di papa Francesco, è stato condannato lunedì per pedofilia, in Australia, ma la sentenza ha il sapore di una pronuncia «politica», visti gli effetti che potrebbe scatenare sul pontificato. Il segretario della prefettura per l' Economia - polmone finanziario voluto da Jorge Mario Bergoglio nel 2014 per la trasparenza e le riforme in Vaticano - era stato chiamato a rispondere di abusi ai danni di due ragazzi del coro della cattedrale di san Patrizio quando era arcivescovo di Melbourne negli anni Novanta.
Sia davanti a Francesco, sia davanti ai giudici, Pell ha sempre respinto sdegnato ogni addebito e, anzi, considerate le precedenti scelte della corte, riteneva di poter uscire assolto da questo procedimento che, negli ultimi anni, l' ha costretto ad abbandonare i lavori in curia e a rimanere nel lontano continente dopo che gli è stato tolto anche il passaporto.
Sulla solidità delle accuse rimbalzano valutazioni contrastanti: il verdetto avrebbe trovato consenso unanime da parte dei giurati ma in passato un collegio non si era pronunciato sulla vicenda, ritenendo labili le prove d' accusa. È insolito - almeno agli occhi dei media occidentali - che qualche mese fa il giudice avesse emesso un' ordinanza con la quale vietava la divulgazione di qualsiasi informazione sul processo fino alla sua definitiva conclusione, tanto che ancora ieri la grande stampa non diffondeva la notizia, a eccezione dello statunitense The Daily Beast, con il giornalista Lachian Cartwright che rompeva l' embargo.
Se quindi è ancora presto per analizzare in profondità motivazioni e solidità di questa sentenza, non si può di certo ignorare l' effetto che questa produrrà nei sacri palazzi. Pell è destinato infatti a dimettersi. Un passo che già in passato gli era stato caldeggiato da ambienti vicini a papa Bergoglio ma che lui aveva sempre evitato di compiere, temendo che questa venisse letta come un' ammissione di colpa. Oggi però, dopo questo primo grado di giudizio, è improponibile pensare che Pell chieda ancora di tenere «in congelatore» la sua carica, come il pontefice finora ha fatto, rallentando così anche le riforme economiche che vedono proprio nell' ufficio di Pell il loro motore pulsante.
Serve quindi una figura capace di raccogliere l' eredità che verrà lasciata dal cardinale australiano. Ma su chi ricadrà dunque la scelta di Francesco per dirigere quell' importante segreteria, oggi affidata a monsignor Luigi Mistò, classe 1962, già sacerdote di riferimento per le finanze della diocesi ambrosiana ai tempi di Dionigi Tettamanzi e con un passato alla scuola del cardinale Carlo Maria Martini? Una decisione non semplice.
Finora le nomine di papa Francesco sono state spesso oggetto di critiche. E molti dei collaboratori sui quali puntava per il cambiamento sono finiti impallinati fin da subito. Con alcune storie davvero eclatanti. Come il primo caso, quello di monsignor Angel Vallejo Balda, segretario coordinatore della commissione d' inchiesta Cosea, nata per evidenziare tutte le zone d' ombra delle finanze vaticane: arrestato nel 2015 con l' accusa di aver passato notizie riservate ai giornalisti.
Ha rischiato invece le manette il revisore generale dei conti che Bergoglio aveva nominato: Libero Milone si è dimesso per affrontare un' inchiesta poi archiviata. Si è dimesso monsignor Dario Viganò che il Papa aveva voluto al vertice della segreteria per la Comunicazione, organo che doveva razionalizzare i diversi media del vaticano e che ora è stato ridimensionato a dicastero. Dall' altra parte, regge il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, impegnato con successo su dossier diplomatici ben lontani dalla curia, a iniziare dalla questione cinese.
GEORGE PELL PAPA FRANCESCO BERGOGLIO
Dopo anni di guerra a bassa tensione proprio con Pell, il cardinale Domenico Calcagno è stato sostituito con monsignor Nunzio Galantino, ex presidente della Cei, al vertice dell' Apsa, mentre il venezuelano Edgar Peña Parra ha preso il posto di Angelo Becciu, elevato cardinale e mandato alla congregazione dei santi.
Quella di Pell è comunque di una spina nel fianco di questo pontificato, anche in vista dell' incontro sui possibili contrasti alla pedofilia nella Chiesa, che si terrà a febbraio con i presidenti dei vescovi di tutto il mondo: mai un cardinale era stato accusato e condannato per abusi sessuali compiuti in prima persona, mai un collaboratore così stretto del pontefice veniva coinvolto in vicende cosi torbide.
E, inevitabilmente, torna la domanda di sempre su quello che rimane ancora oggi un piccolo giallo. Francesco era consapevole della portata dell' inchiesta quando scelse Pell come prima collaboratore per le questioni economiche? È vero che gli fu indicato un solo nome e non una terna, come abitualmente accade? O, al contrario, lo nominò ugualmente contando sull' innocenza del cardinale ranger?
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