
TE LO DO IO IL CENTRO - L'IDEONA DI ELLY SCHLEIN PER NEUTRALIZZARE CHI SOGNA LA NASCITA DI UN…
IL GOVERNO CI PRENDE PER IL CUNEO – GIORGETTI FESTEGGIA PERCHE’ PERCHÉ IL DEFICIT DEL 2024 SI È RIVELATO PIÙ BASSO DI QUATTRO DECIMI RISPETTO AL 3,8% STIMATO – PECCATO CHE LA CRESCITA CERTIFICATA DALL’ISTAT SIA STATA SOLO DELLO 0,7%, LONTANO DALL’1% ANNUNCIATO DAL TESORO, E CHE LA PRESSIONE FISCALE SIA SALITA DAL 41,4 AL 42,6% – NESSUN TESORETTO È IN VISTA, PERCHÉ LA SPESA È BLINDATA PER ANNI E NON CI SONO MARGINI DI MANOVRA CON IL NUOVO PATTO DI BILANCIO…
Estratto dell’articolo di Valentina Conte per “la Repubblica”
https://www.repubblica.it/economia/2025/03/04/news/deficit_debito_italia_giorgetti_tasse-424040735/
giorgia meloni giancarlo giorgetti foto lapresse
Volano le tasse, si sgonfia il Superbonus. E i conti migliorano. Il 2024 si chiude con una crescita pallida, uguale all’anno prima: +0,7%. Ma il governo Meloni trova il modo di festeggiare. E persino di sognare un deficit al 3% già nel 2025. Uscire dalla procedura per disavanzo eccessivo con un anno di anticipo, e quindi dalla lista dei Paesi segnalati, pare ora quasi possibile.
Non nasconde la soddisfazione il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti: «L’avanzo primario certificato dall’Istat è una soddisfazione morale. Le finanze pubbliche vanno meglio del previsto: è confortante. La sfida ora è la crescita in un contesto assai problematico».
giorgia meloni e il pizzo di stato - vignetta by emiliano carli
La crescita naturalmente è il punto dolente. Il governo vede saltare tutte le sue previsioni sul Pil dato in salita dell’1% l’anno scorso e dell’1,2% quest’anno. Niente di tutto questo è successo né succederà. [...]
[...] il deficit del 2024 si è rivelato più basso di quattro decimi rispetto al 3,8% stimato. E se si parte dal 3,4%, arrivare al 3,3% previsto dal Piano strutturale di bilancio non solo è possibile. Ma pare superabile, con orizzonte al 3%.
Gli economisti non sono tutti d’accordo. Più prudente Giampaolo Galli dell’Osservatorio sui conti pubblici, che non se la sente di giustificare l’ottimismo: «Se la crescita non riprende, difficile scendere al 3%. L’industria è appesantita e veniamo da una seconda parte del 2024 a crescita zero». Così anche Fedele De Novellis, partner di Ref ricerche: «Le incognite sono tre: dazi, inflazione, ciclo dell’edilizia».
Nei numeri definitivi del 2024, diffusi ieri da Istat, le ombre si allungano. Le entrate sono volate perché trainate da una stagione di inflazione che ha fatto impennare le imposte, quelle dirette (+6,6%, soprattutto Irpef e Ires) e quelle indirette (+6,1%, specie Iva, Irap, imposte sull’energia e oneri generali di sistema). Portando la pressione fiscale dal 41,4 al 42,6%.
Altro che meno tasse per tutti. La maggiore occupazione ha fatto il resto: +4,3% di contributi versati. Nelle uscite si svela l’arcano. Quelle in conto capitale sono crollate del 40%. E tra queste spicca il -73% nella voce “contributi agli investimenti”: leggi Superbonus, che ha gonfiato il deficit nel 2023 per poi sgonfiarlo l’anno dopo, spingendo (un po’) la crescita.
Cosa succederà all’edilizia dopo l’ubriacatura da bonus degli ultimi anni? Il Pnrr sostituirà quella spinta? Fa bene dunque Giorgetti a rallegrarsi per l’avanzo primario, il primo dal 2019: 0,4% dal -3,6% del 2023. Un rimbalzo di quattro punti proprio grazie all’addio al bonus. Non saranno però questi 10 miliardi in più a salvare l’Italia dalla crescita allo zero virgola.
Politicamente poi nessun tesoretto è in vista. Un deficit migliore delle attese, per le nuove regole, non può alimentare appetiti. Perché la spesa è blindata e già tagliata per anni (anche questo aiuta i conti, ma lascia il Paese in austerity). Rottamazione o taglio Irpef, le richieste di Lega e Forza Italia, dovranno trovare coperture altrove. Non sarà facile.
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