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GOVERNO VS TOGHE, NUOVO ROUND! “SENTENZE MOLTO PARTICOLARI, ANCHE FANTASIOSE. CE NE SARANNO ALTRE…” - IL MINISTRO PIANTEDOSI DOPO LE DECISIONI DEI GIUDICI CHE HANNO LIBERATO L’IMAM DI TORINO MOHAMED SHAHIN ATTACCA LE TOGHE (IN VISTA DEL REFERENDUM LO SCONTRO SI INFIAMMA): “SECONDO ME TALVOLTA C’È STATO CONDIZIONAMENTO IDEOLOGICO, E QUESTO NON VA BENE”. E RICORDA LA VICINANZA DELL’IMAM A “SOGGETTI PERICOLOSI” E “RADICALIZZATI CHE SONO ANDATI A COMBATTERE IN SIRIA”. IL RIFERIMENTO A GIULIANO DELNEVO, MORTO AL FRONTE NEL 2013, E AL PREDICATORE AUSTRALIANO ROBERT CERANTONIO...
Rinaldo Frignani per corriere.it - Estratti
«Andiamo avanti, faremo valere le nostre ragioni». Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi incassa le decisioni della Corte d’appello di Torino e dei giudici di Caltanissetta che hanno liberato l’imam Mohamed Shahin, ma allo stesso tempo difende il lavoro degli operatori della polizia che per il responsabile del Viminale rischia tuttavia di essere vanificato, nonostante sia fondamentale visto che a oggi proprio «il sistema di prevenzione ha reso immune il nostro Paese da attentati terroristici».
Un’attività che aveva già individuato proprio in Shahin un pericolo reale, visto che nei suoi confronti, conferma ancora Piantedosi, ci sono stati «segnali di vicinanza a soggetti pericolosi», addirittura a chi «ha vissuto una forma di radicalizzazione che si è concretizzata nell’andare a combattere in scenari di guerra come quelli della Siria». Come il genovese Giuliano Ibrahim Delnevo, 24 anni, studente universitario convertito all’Islam, già indagato per terrorismo e primo italiano ucciso al fronte nel 2013 combattendo con le milizie di Al Nusra contro il regime di Assad.
L’anno prima l’imam — «le cui dichiarazioni di istigazione al terrorismo, di apologia di episodi terroristici, erano pubbliche», ricorda il ministro ai tg Mediaset — era stato fermato per un controllo a Imperia insieme con il 24enne che pregava nella moschea di Genova prima di arruolarsi. E ancora per chi indaga lo stesso capo religioso, ritenuto vicino anche ad ambienti estremisti e a personaggi tuttora sotto stretta sorveglianza che lo avevano indicato come un referente a Torino, era stato fotografato insieme con il predicatore web italo-australiano Robert «Musa» Cerantonio, attivo anche a Brescia e a Bergamo, immortalato con una bandiera dell’Isis in piazza San Pietro, poi arrestato nelle Filippine e successivamente in Australia, dove nel 2019 fu condannato per atti eversivi a sette anni di carcere.
Uno scenario delicato, dunque, tanto più alla luce degli ultimi fatti, monitorato di continuo anche dai vertici della sicurezza italiani tanto che, rivendica Piantedosi, «dall’inizio del mandato di questo governo abbiamo emanato più di duecento provvedimenti di allontanamento» nei confronti di soggetti ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale, per la maggior parte vicini ad ambienti estremisti islamici oltre che per episodi di malavita comune.
carlo nordio matteo piantedosi giorgia meloni – foto lapresse
E se da una parte rimane la delusione per «sentenze molto particolari, anche fantasiose» — «Ce ne saranno altre. Secondo me talvolta c’è stato condizionamento ideologico, e questo non va bene» — il responsabile del Viminale non esclude che con il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica in programma oggi possano essere adottate nuove misure di prevenzione soprattutto all’indomani della strage di ebrei di Sidney.
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