DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1 - PARTENZA IN SALITA CONTE DEVE ARGINARE LE DEFEZIONI M5S
Massimiliano Panarari per "la Stampa"
C'era una volta il M5S, dove la «M», dal 2013 in avanti, tendeva verso l'infinito del Mainstream. Il paradosso del movimento antisistema che cresceva vertiginosamente nei consensi finendo per cullare l'ambizione di farsi partito di sistema.
Partito di lotta e di sistema, insomma - più il secondo che il primo, ma con la reiterata narrazione antipolitica per fare il pieno di voti standosene comodamente seduti dentro la stanza dei bottoni.
Poi è arrivata la «M» di Magma a segnalare i conflitti e le tensioni tra le correnti, anche se la parola è rimasta sempre un tabù.
E ora siamo arrivati a quella che sembra proprio l'ultima delle «M» della velocissima parabola e della storia intermittente del Movimento. Quella di Marginalità - o, per usare un linguaggio più schiettamente grillino, quella di Macello, perché i pentastellati si stanno letteralmente estinguendo. Il Pd non ha soltanto vinto senza il M5S, ma, di fatto, contro.
GIUSEPPE CONTE E ROBERTO GUALTIERI ALLA. MANIFESTAZIONE DELLA CGIL
E, da già ridimensionati junior partner del Nuovo Ulivo, i 5 Stelle si sono convertiti, in appena due settimane, in totalmente residuali. Rendendo, a questo punto, più che legittima la domanda: dove starebbe il vantaggio della finora tanto decantata «alleanza organica»? Del resto, nel larghissimo astensionismo c'è anche la delusione per il tramonto della speranza palingenetica che il M5S aveva propagandisticamente promesso.
E c'è pure l'esaurirsi di tutte le sue alternative progettuali, con Giuseppe Conte - che deve designare a breve i due capigruppo alle Camere - destinato a finire in men che non si dica sul banco degli imputati. In attesa che Beppe Grillo smetta di essere silente, sta per aprirsi la notte dei lunghi coltelli, talmente buia che nessuno vede quale strategia di (impossibile) rilancio tentare.
Si configurano così tutte le condizioni per altre fuoriuscite dal Movimento e per un'ennesima possibile scissione. Specie se Di Battista deciderà cosa fare da grande e vorrà intestarsi la guida dell'antidraghismo che serpeggia tra i grillini, provando così a infilarsi nel mercato politico delle prove generali di insorgenza scoppiate sotto l'ombrello dei cortei no-Pass.
2 - M5S IN IMBARAZZO: 5 COMUNI VINTI SU 62 "C'È POCO DA PARLARE, MOLTO DA FARE"
Federico Capurso per "la Stampa"
Il Movimento 5 stelle vive lo spoglio dei risultati del ballottaggio come se si trovasse a una festa dove non conosce nessuno. Si guarda attorno spaesato, l'umore è basso, nessuno vuole parlare. Il suo presidente, Giuseppe Conte, sembra avere meno voglia di tutti. Tanto che dal gruppo parlamentare, a metà pomeriggio, si sollevano i primi malumori: «Possibile che non abbiamo ancora una linea? Siamo gli unici con un leader in silenzio».
alessandro di battista virginia raggi 3
Conte attende la sera prima di commentare i risultati: 5 comuni vinti al ballottaggio su 62. Il referto di un disastro. Non è un caso che preferisca ricordare il «drammatico astensionismo», protagonista di queste amministrative. Una dichiarazione più assonante allo spartito del centrodestra, che non alle note festose di Pd e Leu.
Si sofferma quindi sulle città perse: «Il Movimento a Roma, Torino e Trieste starà all'opposizione - dice -. Lavoreremo in modo costruttivo, ma senza fare sconti a chi governerà le città».
Di certo, non un'analisi approfondita. Per Conte, la vera risposta arriverà dalla riorganizzazione interna, con la nomina dei nuovi capigruppo e della segreteria di partito. Poi, la riorganizzazione dei territori. Tutto in un mese. «C'è poco da parlare e molto da fare», scrive l'ex premier. Dal Pd provano a dare una spinta di incoraggiamento e qualche voce si alza anche nel Movimento. «Dobbiamo riflettere sui nostri errori e ripartire a pieno supporto di Conte», scrive Stefano Buffagni sui social. Ma è uno dei pochi. Quasi l'unico.
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