DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER…
Mauro Favale per “la Repubblica”
Un altro passo di lato, ma questa volta "in avvicinamento". Appena due settimane dopo il trionfo di Roma, è dovuto intervenire Beppe Grillo per frenare la guerra di correnti interne al Mo-Vimento 5 Stelle, mettere una pietra tombale sulla nomina di Raffaele Marra e riportare in carreggiata Virginia Raggi.
Prima un sms, poi una telefonata direttamente sul cellulare della sindaca. Per chiarirle che «così non va bene». E spiegarle esplicitamente quello che il comico aveva raccolto parlando anche con alcuni parlamentari "portavoce" romani: «Non esiste che tu possa avere in squadra uno come Marra. E non mi interessa se revocandogli la nomina ci fai una brutta figura. Diremo che ci siamo sbagliati e andremo avanti».
virginia raggi beppe grillo a porta a porta
Il fondatore del M5S, insomma, ha dovuto prendere in mano la situazione prima che la macchina appena messa in moto andasse a sbattere. Mettendo tra l' altro in crisi tutta la strategia a 5 Stelle che passa dal Campidoglio e arriva direttamente a Palazzo Chigi. Lo ha fatto nonostante il suo annunciato "passo di lato", le studiate assenze dai palchi di piazza del Popolo e di Ostia per dimostrare che il MoVimento vince anche senza il suo fondatore.
L'ultima volta era stato visto alla privatissima festa al Teatro Flaiano a Roma, per celebrare le vittorie nella capitale e a Torino. Con lui anche Davide Casaleggio, il figlio di Gianroberto che dal padre ha ereditato la guida dell' azienda di famiglia e che in questa vicenda è stato più defilato. Da allora, il silenzio. Fino a venerdì, quando Grillo ha alzato il telefono per parlare con la sindaca.
Ed esprimerle i dubbi sulle sue prime mosse. Non solo sugli assessori che ancora mancano all' appello ma, soprattutto, sulle nomine che la Raggi ha firmato senza consultare praticamente nessuno. Due violazioni al "codice di comportamento" fatto firmare dai 5 Stelle alla sindaca che riguardano, appunto, Marra e Daniele Frongia, dimessosi dall' assemblea capitolina per assumere la guida del gabinetto del primo cittadino.
La Raggi ha abbozzato ma non si è potuta sottrarre alla richiesta di Grillo che ha raccolto il parere unanime di tutto il cosiddetto "mini-direttorio" che affianca la sindaca. «Su Marra bisogna convincerla a desistere», hanno detto al comico la deputata Roberta Lombardi, la senatrice Paola Taverna, l' europarlamentare Fabio Massimo Castaldi e il consigliere regionale Gianluca Perilli. Un semi-commissariamento, insomma, a cui la sindaca ha dovuto sottostare. Consapevole che nessuno può permettersi di strappare, tantomeno adesso. E tantomeno a Roma. E, dunque, meglio mantenere un conflitto a bassa intensità piuttosto che far deflagrare lo scontro.
Perché la Raggi sa di avere bisogno dell' aiuto del MoVimento tanto quanto il MoVimento sa di avere nella riuscita della Raggi la carta migliore da giocarsi in vista delle Politiche. Non è un caso che Luigi Di Maio (che studia da premier in pectore e da un fallimento nella capitale ha tutto da perdere) si stia dando da fare per proporre persone alla Raggi e muovere pedine per chiudere le tante caselle ancora mancanti. Ora, però, tutti aspettano l' ufficializzazione della revoca dell' incarico a Marra e Frongia.
Due mosse comunque insidiose, sia politicamente sia comunicativamente. Perché Frongia in questo momento insiste per restare a guidare il gabinetto. «Ho il potere di firma», sostiene. Ma dopo l' altolà di Raffaele Cantone di due giorni fa («Nessuno dal Comune ha richiesto un parere all' Anac», ha detto il magistrato), sembra che il Campidoglio abbia chiesto un ulteriore approfondimento per capire se Frongia, ex consigliere comunale, può assumere un ruolo dirigenziale (seppure di diretta collaborazione del sindaco), senza violare la legge Severino. Se dovesse venire meno questa ipotesi, Frongia sarebbe ripescato nel ruolo di vicesindaco, così come la Raggi avrebbe voluto fin dall' inizio.
Diverso il discorso per Marra.
Il dirigente capitolino, "ingaggiato" proprio da Frongia (i due avevano stretto un rapporto ai tempi della commissione "Spending review" di cui il grillino è stato presidente), potrebbe decidere un' azione legale (ricorso? Richiesta di risarcimento?) contro la sindaca. «Se mi rimuovessero sarebbe allucinante», ha detto al Messaggero.
Un' uscita che non è piaciuta ai 5 stelle romani. Così come non hanno giovato a Marra le dichiarazioni a suo sostegno di Gianni Alemanno e Renata Polverini, i suoi due ex datori di lavoro (il dirigente ha lavorato sia in Comune sia alla Regione Lazio), simboli, per l' M5S, di due gestioni amministrative fallimentari. Da qui la decisione di Grillo di far sentire la sua voce per provare a raddrizzare la rotta.
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