GRILLO-MAO HA TRASFORMATO I 5-STELLE IN ‘ANTAGONISTI 2.0’, LIBERANDO IL PD DELLO STORICO “NEMICO A SINISTRA” MA PERDENDO MOLTI ELETTORI EX CENTRODESTRA (FRIULI DOCET)

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Elisabetta Gualmini per "la Stampa"

Negli ultimi giorni Beppe Grillo è diventato l'interprete più autentico della sinistra antagonista. Mentre i dirigenti democrat cadevano l'uno dopo l'altro come birilli, epilogo scontato della strategia delle alleanze impazzite, Grillo, ormai non più contenibile dalla scatola del web e sempre più presente col corpo e col sudore in mezzo ai suoi, ha lanciato segnali inequivocabili che per certi versi normalizzano e per altri riposizionano il Movimento.

Con conseguenze cruciali per il sistema politico e per lo stesso partito di Grillo, come si è visto ieri sera con il ridimensionamento secco fotografato in Friuli, dove ha vinto Debora Serracchiani.

Dapprima la proposta di Rodotà al Colle. Una figura di spicco dell'accademia e della vita politica italiana, su cui non c'è proprio nulla da dire, se non che divide il Pd. Presidente del Pds, ma mai entrato nel nuovo partito, rigoroso sostenitore del principio di autodeterminazione individuale sui diritti civili, per un verso, e di un collettivismo statalista in materia di welfare e beni comuni per un altro, iper-proporzionalista su forma di governo e legge elettorale, nel momento in cui molti pensano che dovrebbe prendere avvio una legislatura costituente orientata in direzione diametralmente opposta.

E poi il «discorso» agli eletti di ieri l'altro durante il comiziostampa in cui Grillo per la prima volta ricostruisce la storia e l'identità del suo partito, di fronte a parlamentari-cittadini in estasi a cui non pareva vero di avere davanti il leader in versione off-line, paterna e rassicurante, addirittura motivazionale. Una mutazione profonda dalle urla della battaglia del pre-elezioni e dall'autoritarismo intransigente dei primi giorni in Parlamento.

Persino Lombardi e Crimi, che non rimpiangeremo di certo alla fine dei loro tre mesi (per quell'inspiegabile antipatia ontologica, non certo dovuta a saccenteria) cedevano alla gradevolezza. Nella sua narrazione, Grillo rivendica di aver chiesto a Bersani un segnale forte «di sinistra», un po' come Moretti, e cioè di rinunciare ai rimborsi elettorali, e batte duro sulle priorità del programma: sanità pubblica, scuola pubblica, acqua pubblica, reddito di cittadinanza. E racconta di come abbia provato a parlare al Pd, prendendo la tessera, incaponendosi a partecipare alle primarie, andando da Prodi e approdando in Senato. Ma solo muri di gomma.

Se questa è la storia, Grillo appare sempre più in grado di incorporare nella sua constituency i libertari e i radical della sinistra antagonista (una sorta di ritorno alle origini). Mettendo immediatamente fuori gioco i Vendola, i Landini e i Cofferati, che se pensano di rincorrere il comico su questo terreno sono già su un binario morto. Grillo si è mangiato quel poco di elettorato che era loro rimasto, con la velocità del suo linguaggio e della sua storia, con un'energia smisurata.

Davanti alla quale le «ghirlande di parole» di Vendola (come dice lui), i contorsionismi e la fraseologia bertinottiana, le metafore tessili applicate alla politica (la «tessitura della tela delle larghe intese è iniziata») sembrano di un'era geologica fa. Ma non è detto che la radicalizzazione a sinistra sia conveniente, perché rischia di allontanare gli elettori di centrodestra, che si erano riversati tra le braccia di Grillo attratti dalle sirene dell'anticasta, e che ora potrebbero tornare ai partiti di provenienza. Come forse è successo in Friuli (se i flussi lo confermeranno), dove il M5S ha perso oltre 8 punti rispetto alle politiche e ha vinto Serracchiani, seppure sul filo di lana rispetto al Pdl e con livelli di astensione americani (oltre il 50%).

Che Grillo abbia occupato spazio a sinistra l'hanno capito subito i giovani turchi, con Orfini che contesta Barca e aggiunge: «Vendola si vuole sciogliere nel M5S, auguri». Ma vi è un'altra conseguenza. Poiché Grillo, al di là degli ammiccamenti, non sarà mai un alleato del Pd, perché non si allea con nessuno, finirà per i democratici, che piaccia o no, la sindrome del «nessun nemico a sinistra».

Il nuovo Pd non avrà che una scelta, contendere elettori a Grillo sul terreno dell'antipolitica e andare a cercare voti con facce nuove e cultura di governo nel campo dei moderati (Friuli docet). Questa è la sfida su cui si giocherà il Congresso. Grillo le sue mosse le ha già fatte.

 

 

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