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Tommaso Montesano per “Libero Quotidiano”
Doppio colpo di scena in vista delle Amministrative: il Consiglio di Stato riammette la lista di Stefano Fassina a Roma e il governo fa retromarcia sul voto esteso al lunedì. Nella Capitale, il Tar aveva escluso il candidato di Sinistra Italiana.
Ma ieri l' ultimo grado della giustizia amministrativa ha definito «illegittima» la cancellazione di Fassina dalla corsa per il Campidoglio, accogliendo il ricorso dell' ex viceministro dell' Economia.
Una decisione che apre ancora di più la corsa per il secondo posto, visto che il candidato del Pd, Roberto Giachetti, già pregustava di incassare la maggior parte dei voti dell' ex collega di partito. Invece adesso «la sinistra torna in campo più forte di prima», twitta Fassina. Il Consiglio di Stato ha rimesso in corsa anche la lista di Fratelli d' Italia a Milano, a sostegno di Stefano Parisi, candidato del centrodestra.
Alle Comunali del 5 giugno, e al referendum costituzionale di ottobre, si voterà in un solo giorno: domenica. Niente decreto del governo: il lunedì le cabine elettorali resteranno chiuse. A mettere la faccia sul «contrordine al contrordine», come l' ha battezzato Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia, è Angelino Alfano, ministro dell' Interno.
«Di fronte a tante polemiche pretestuose e strumentali, sia riguardo i costi, sia riguardo a chissà quali strategie occulte che sarebbero state alle base di questa mia iniziativa, valuto opportuno lasciare le cose così come stanno», annuncia il numero uno del Viminale al termine del consiglio dei ministri che avrebbe dovuto ufficializzare il voto in due giornate.
Era stato proprio Alfano a lanciare la proposta di votare anche di lunedì. Un' idea condivisa da Matteo Renzi, che aveva allungato lo sguardo sul referendum costituzionale, per il quale i sondaggi danno in vantaggio il No, al quale ha legato la sua sopravvivenza politica.
«Avevo proposto l' estensione del voto per andare incontro ad un' istanza che mi veniva rappresentata da più parti», ricostruisce Alfano. Invece proprio «quei partiti di opposizione» che avevano caldeggiato il voto domenica e lunedì per favorire l' affluenza, «ne hanno poi approfittato per attaccare il governo» su due fronti: l' aumento dei costi per le casse pubbliche (in primis l' ex premier Enrico Letta) e il sospetto di una manovra del premier per favorire i Sì ad ottobre (le «paure future» cui allude il ministro dell' Interno nella nota).
Da qui, nonostante l' accordo informale tra tutte le forze politiche, il passo indietro. Concordato dallo stesso Alfano con Renzi, «irritato» per la piega presa dagli eventi, in un incontro avvenuto prima del consiglio dei ministri. Renzi avrebbe anche espresso il timore di una mancata conversione del decreto entro il 5 giugno.
Un sassolino dalle scarpe, però, il titolare del Viminale se lo toglie: sul costo dell' estensione del voto. «La spesa in più non sarebbe stata di 120 milioni di euro, ma l' incremento sarebbe stato di circa cinque milioni di euro per le Amministrative e di circa 18 per il referendum», precisa Alfano. Un siluro a Letta e Beppe Sala, candidato sindaco del Pd a Milano.
Le reazioni non si fanno attendere. Brunetta è tranchant: «Caos totale governo. A questo punto Tso per tutti, da Renzi ad Alfano». «È un governo che riesce a cambiare idea ogni mezz' ora», aggiunge Matteo Salvini, leader della Lega.
Complice il balletto delle date, lo scontro sul referendum costituzionale si inasprisce. «Personalizzare lo scontro non è il mio obiettivo, ma quello del fronte del No», scrive Renzi nella sua ENews. Un tentativo di allentare la pressione sull' appuntamento di ottobre, visto che è stato lui a ripetere a più riprese: «Se perdo, vado a casa».
«È lo stesso Renzi che ha ripetuto 100 volte "se perdo vado a casa". Che faccia di bronzo», attacca ancora Salvini. Per Raffaele Fitto, leader dei Conservatori riformisti, Renzi «sta cercando una exit strategy dal vicolo cieco in cui si è infilato».
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