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Conchita Sannino per "la Repubblica - Napoli"
Luci accese di domenica sera, al quinto piano della Procura di Napoli, mentre continua a marciare l'agenda degli interrogatori. E comincia con un lungo vertice in mattinata in Procura, la settimana decisiva per le sorti della competenza nell'inchiesta sulla presunta estorsione ordita ai danni del presidente del Consiglio dai coniugi Tarantini e dal faccendiere Valter Lavitola (tuttora latitante).
I pm Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio hanno ascoltato a lungo, come testi, i due colleghi che si sono dati il cambio nell'inchiesta-madre di Bari sul reclutamento delle escort destinate al premier: Giuseppe Scelsi (ex sostituto procuratore che proprio oggi riferirà al Csm sui presunti, mirati ritardi nella chiusura dell'indagine) ed Eugenia Pontassuglia, pm che ha ereditato il fascicolo. Non solo. Con ogni probabilità , oggi sarà interrogato per la quarta volta Giampaolo Tarantini, fornitore dell'ossessivo turn-over di ragazze squillo.
L'imprenditore barese, detenuto a Poggioreale, potrebbe essere chiamato a chiarire alcune contraddizioni rilevate nel corso delle indagini. Una disponibilità che il "tenutario" Gianpi spera di vedere ricompensata, già nelle prossime ore, almeno con l'attenuazione della custodia. Intanto, da Milano rimbalza l'ipotesi che anche per Tarantini e Lavitola, come avvenuto per Emilio Fede, siano stati aperti - almeno nell'epoca d'oro del giro delle squillo - alcuni conti su banche svizzere. Una possibilità da verificare.
D'altro canto, la Procura di Napoli - che è orientata ad attendere un'ultima data prima di valutare la convocazione coatta per "la persona offesa" Berlusconi - non sembra intenzionata a lasciare quegli atti.
I magistrati napoletani affilano le armi in vista della battaglia sulla competenza dell'indagine: che gli avvocati dei Tarantini, Ivan Filippelli e Alessandro Diddi, e il difensore di Lavitola, Gaetano Balice, puntano a strappare dal tavolo di Napoli. à fissata per mercoledì la decisione dell'ottava sezione del Tribunale del Riesame che dovrà decidere anche sulla richiesta di revoca della misura cautelare per il trio Gianpi, Nicla e Lavitola.
Il Riesame potrebbe dunque, in teoria, valutare il radicamento dell'inchiesta presso la Procura di Roma oppure in quella di Monza, a seconda che si individui l'inizio dei versamenti da parte di Berlusconi nelle stanze di Palazzo Grazioli o nella residenza di Arcore. Ma, stando all'analisi dei pm, è più complesso l'accertamento del luogo in cui ha inizio la condotta-reato.
I magistrati puntano a rafforzare due elementi: il presunto ricatto potrebbe essere cominciato anche molto prima, cioè quando Tarantini comincia a dispiegare la propria strategia difensiva; inoltre, la ricattabilità di Berlusconi sarebbe "datata" nel tempo visto che in altre indagini, nel corso degli ultimi anni, sono emerse circostanze analoghe.
Il premier ha pagato (20mila euro) le foto che ritraevano sua figlia Barbara all'uscita di una discoteca, ritenute a torto o a ragione "compromettenti"; e cede alle richieste quando c'è da accontentare una delle donne coinvolte nell'indagine sull'ex vertice di Rai fiction Agostino Saccà (poi prosciolto).
Anche per questo, i pm hanno chiesto ed ottenuto da Bari, già da giorni, alcuni atti con le dichiarazioni di Tarantini. Stando ai colloqui tra Gianpi e Lavitola, Tarantini doveva sottrarsi al patteggiamento, per poter così «mettere in ginocchio» (parole di Valter) il premier. Nella visione della Procura, l'istruttoria napoletana ormai lega, quasi in un unico "racconto" giudiziario, la paura di Berlusconi, condizione che frutta agli indagati quasi un milione di euro in un anno, e l'effettiva ricaduta politica del denso materiale in emersione dagli atti di Bari.
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