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Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”
Matteo Renzi deve fare i conti con un nuovo gufo. Ad aggiungersi alla lista dei simpatici volatili usati dal presidente del Consiglio per definire chi vede tutto nero è Tito Boeri, ossia il renzianissimo presidente dell' Inps. Che cosa ha fatto il professore della Bocconi prestato all' ente previdenziale per guadagnarsi l' appellativo di gufo? Semplice: ha reso noti gli ultimi dati sui nuovi posti di lavoro. L' Inps, come è noto, da quando c' è Boeri comunica le variazioni mensili dei contratti, ossia assunzioni e licenziamenti.
la firma di renzi sul jobs act
Fino a ieri la statistica era una grancassa per il governo, perché ogni quattro settimane si registravano crescite di posti di lavoro che consentivano al presidente del Consiglio di rallegrarsi con se stesso e di twittare sfottò nei confronti di chiunque si permetta di dubitare degli effetti taumaturgici del Jobs Act. Ma nella mattinata di mercoledì l' ufficio stampa dell' Inps ha messo in rete alcuni dati da cui si evince che nel gennaio del 2016 si è rallentato vistosamente il flusso di assunzioni. Rispetto al gennaio dell' anno prima i nuovi lavoratori si sarebbero ridotti del 23 per cento e del 18 se si confronta il dato con il 2014.
Giù anche le trasformazioni di contratti a tempo determinato in indeterminato. Dalle 90 mila registrate nel 2015 si è scesi a meno della metà.
Per la prima volta le attivazioni di contratti a tempo indeterminato sono meno delle cessazioni, in pratica significa che dopo mesi di crescita del posto fisso, le aziende tornano a privilegiare i contratti a termine.
Non solo: alla diminuzione delle assunzioni fa da contraltare la corsa ai voucher, ovvero ai buoni destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, un' ora o più. Tradotto, invece di assumere, le imprese fanno lavorare le persone pagandole a ore. E il fenomeno, un tempo riservato al Mezzogiorno con il sospetto che servisse a coprire il lavoro nero, ora si estende anche al Nord.
Insomma, a leggere i dati d' inizio del 2016 tutto fa ritenere che l' uscita dalla crisi, il ritorno all' occupazione, la stabilizzazione dei contratti che da breve passano a tempo indeterminato, siano più frutto di un' illusione che della realtà. Naturalmente non è difficile capire che cosa sia accaduto. Avendo introdotto l' anno passato una misura per tagliare i contributi previdenziali per i neo assunti fino alla concorrenza di 8.500 euro l' anno, le aziende nel 2015 hanno ingaggiato i lavoratori per beneficiare dello sgravio.
Nella maggior parte dei casi si è trattato di trasformazione di contratti a termine in contratti fissi (che però non esistono più nei fatti dopo l' introduzione del Jobs Act), non a caso il saldo fra vecchi e nuovi lavoratori non ha fatto registrare particolari variazioni. Sì, la disoccupazione è scesa un po', ma di uno zero virgola. In totale i nuovi posti di lavoro sono poco più di centomila. Ciò che invece è cambiato e non di poco è il costo per le casse dello Stato, perché a regime lo sconto fiscale assicurato alle società costerà 12 miliardi, una cifra monstre che certo non si giustifica con il risultato di 100 mila assunti in più, ma che ha contribuito a drogare il mercato del lavoro.
Che adesso, essendo in crisi di astinenza (la decontribuzione è stata più che dimezzata: ora il vantaggio si è ridotto a poco più di 3 mila euro), si è sgonfiato come un palloncino. E qui si capisce perché le imprese non assumono più o assumono meno. Essendo venuto meno il contributo, vengono meno anche i contratti. Tutto chiaro? Credo di sì. L' unica cosa che resta da comprendere è che fine abbia fatto ieri il presidente del Consiglio e perché, pur essendo così veloce a twittare su ogni accadimento, anche il più piccolo, ieri l' uccellino sia rimasto zitto. Non una battuta, non una rispostina a Boeri, nemmeno una chiosa. Che l' usignolo sia stato inghiottito dal gufo?
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