DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
CHELSEA CLINTON AL COUNCIL ON FOREIGN RELATIONS
La madre della nipote di Hillary Clinton sembra pronta a prendere il suo posto. Vi ricordate quella bambina timida, un po’ impacciata, a volte oggetto pure di commenti di cattivo gusto, che una volta diventata adolescente si trovò nel mezzo dello scandalo più imbarazzante che abbia mai colpito la Casa Bianca? Ecco, scordatevela, perché la Chelsea Clinton che è salita ieri mattina sul palco del Council on Foreign Relations è una donna, una madre, ma soprattutto una persona preparata, che sembra prepararsi per il prossimo capitolo della dinastia politica famigliare.
CHELSEA CLINTON AL COUNCIL ON FOREIGN RELATIONS
Al punto che non esita ed entrare nel cuore delle polemiche, che in questi giorni colpiscono soprattutto la Clinton Foundation di cui è vice presidente, accusata di aver preso soldi da governi stranieri poco raccomandabili, poi favoriti da Hillary quando faceva il segretario di Stato: «Saremo più trasparenti - promette Chelsea - ma non smetteremo di lavorare con quei paesi, perché il sostegno che ci danno è fondamentale per realizzare progetti utili a migliaia di persone».
NELL’ARENA
L’occasione per l’uscita della giovane Clinton sul palco della «cattedrale» della politica estera americana, il think tank dove ogni capo di stato di passaggio da New York sente la necessità di fermarsi, è una conversazione intitolata «Women’s Rights as Human Rights: The Path to Full Participation».
I diritti delle donne sono diritti umani, cioé lo slogan che venti anni fa sua madre aveva lanciato dalla Conferenza di Pechino. Allora Chelsea era una ragazzina, ma nel frattempo ha preso una laurea a Stanford, una alla Columbia e una ad Oxford, e si vede. In più ha messo al mondo Charlotte, la nipotina che ha consentito ad Hillary di candidarsi a diventare la prima nonna eletta alla Casa Bianca.
HILLARY E BILL ALLA FONDAZIONE CLINTON
L’ex ragazzina impacciata ha studiato: «All’epoca di Pechino, la partecipazione delle donne al lavoro era del 55%: oggi è del 55%. Non c’è stato progresso, e questo è un danno per tutti. Il Giappone, ad esempio, calcola che il suo prodotto interno lordo aumenterebbe di un quarto, se ci fosse la piena partecipazione delle donne al lavoro».
CHELSEA CLINTON CON IL MARITO MARC
Chelsea usa le mani come il padre, e soprattutto maneggia i dati con la stessa dimestichezza di Bill: «In molti paesi è ancora legale sposare le bambine a 12 anni. La salute delle madri è migliorata, ma ogni giorno 800 donne continuano a morire di parto. Sull’istruzione, poi, stiamo colmando il gap fra ragazzi e ragazze alle elementari, ma alle superiori resta intatto».
I SOLDI DALL’ESTERO
Gli chiedono perché la Foundation prende soldi da paesi come l’Arabia Saudita, dove le donne non possono neppure guidare, e lei risponde: «Saremo più trasparenti, rivelando i nostri finanziamenti ogni tre mesi, e saremo più selettivi. Ma non rinunceremo agli aiuti dei governi stranieri, perché ci consentono di fare il bene di migliaia di persone. E poi, non dimentichiamo che abbiamo problemi anche negli Usa: una madre qui non ha nemmeno il congedo pagato, quando partorisce. Le bambine che studiano scienze sono scese al 13%, e nella Silicon Valley gli ingegneri donna sono solo il 20%».
Parlerà di questi temi, nella campagna presidenziale della madre? «Se lo vorrà, spero di esserle utile a spiegare perché è il candidato migliore per l’America». Allora ne parlerà durante la propria campagna elettorale, quando deciderà di entrare in politica? «La prima volta che mi fecero questa domanda avevo tre anni. Mio padre faceva campagna per la rielezione a governatore, e io ero ad un comizio a sventolare bandierine. Una signora si avvicinò e mi chiese se pensavo di candidarmi. Sono felice del lavoro che faccio, e la nascita di mia figlia mi ha resa ancora più viscerale nella volontà di battermi per questi problemi. In futuro potrebbe cambiare qualcosa? Certo, non lo escludo».
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