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Alberto Mattioli per "La Stampa"
Ha parlato molto, 45 minuti in diretta in prima serata su «France2», e non ha detto quasi nulla. L'esercizio era difficile ma François Hollande ne è uscito bene, da quel politico smaliziato che è. Del resto, è un momento in cui in Francia va tutto male, compresi i sondaggi sul suo gradimento.
Finito l'effetto-Mali, con il Président che indossa l'elmetto di «chef des Armées», una parte che strappa sempre gli applausi al pubblico francese, la realtà economica presenta il conto. Tutti i dati sono cattivi e non è certo tutta colpa di Hollande. Però l'opinione pubblica non gli rimprovera tanto questa situazione, ma il fatto che non dia l'impressione di sapere come uscirne.
Hollande sta deludendo, anche e soprattutto chi l'ha votato. Il dubbio comincia a serpeggiare pure fra i socialisti. Il malcontento è generale. Ieri Hollande è stato fischiato dagli anti-nozze gay al suo arrivo in studio. E non ha pace nemmeno nel privato: da settimane, rimbalzano voci su una relazione con una bella attrice quarantenne, Julie Gayet. E tanto sono rimbalzate che madame Gayet ha sporto denuncia per scoprire chi le ha messe in circolazione.
A parte questo, in tivù Hollande ha affrontato tutti gli argomenti. Si sapeva che di promesse clamorose non c'era da aspettarsene, anche perché non c'è un euro per finanziarle. Quelle che Hollande ha fatto sono state tutte low cost, come uno «choc di semplificazione» per la burocrazia imposta alle aziende e per l'elefantiaca macchina amministrativa e la riduzione della spesa pubblica.
La famosa o famigerata tassa del 75% sui redditi più alti ha fatto vincere a Hollande le elezioni ma è chiaramente inapplicabile. Abbandonarla, però, è impensabile. E così il Presidente ha annunciato che sarà pagata dalle imprese sulla remunerazione dei loro amministratori, qualora sia più alta di un milione di euro.
L'idea è un po' fumosa (le stock option e i bonus, per esempio, saranno compresi o no?) e poi così diventa chiaramente dissuasiva, perché le grandi società ci penseranno tre volte prima di continuare a pagare gli stipendi faraonici dell'evo a.C. (ante Crisi). Invece Hollande dice una cosa nuova, e per nulla di sinistra, quando fa capire che la riforma delle pensioni è inevitabile. Nel 2010, sfilò in corteo contro la riforma di Sarkozy; oggi ammette che il deficit del sistema arriverà a 20 miliardi di euro nel 2020, quindi qualcosa va fatta.
Sull'Europa, per Hollande la crisi dell'euro è risolta ma alcuni Paesi, fra cui l'Italia, «sono sempre fragili». Dunque, bisogna essere «rigorosi», ma non si parli di austerità , che è il propellente del populismo. «E in Europa vedo montare i populismi, gli egoismi nazionali. Avete visto ciò che è successo in Italia?».
Il Presidente è apparso tranquillo, anche perché voleva tranquillizzare. Il linguaggio era talvolta troppo tecnico, la polemica con «il mio predecessore» velata ma presente: «Non faccio - ha detto il successore di Sarkò - la politica degli annunci permanenti». Il resto è retorica: «Non sono più un Presidente socialista, ma il Presidente di tutti i francesi». Su fatto che la seconda parte della frase sia vera, si può discutere; sulla prima, nessun dubbio.
FRANCOIS HOLLANDE
Beppe Grillo
NICOLAS SARKOZY FOTOGRAFATO DA PHILIPPE WARRIN jpeg
FRANCOIS HOLLANDE
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