I 40 ANNI DELLA LEGGE SUL DIVORZIO VISTI DA CARLO E MARINA STRA-RIPA DI MEANA - LE AVANCES DEL MONSIGNORE, STEFANIA CRAXI CHE MENA ANJA PIERONI, AMANTE DEL PADRE, LA TRESCA BERLUSCONI-DELLERA, LA CARNE GIOVANE DI NILDE JOTTI CHE RINCOGLIONISCE TOGLIATTI

Fabrizio d'Esposito per "il Fatto Quotidiano"

I primi quarant'anni del referendum sul divorzio. Nella versione di Marina e Carlo Ripa di Meana. Sposi dal 1982. Lei, eternamente bella aristocratica e anticonformista, siede di fronte a lui, nella sala riunioni del nostro quotidiano. Si beccano solo un paio di volte, il minimo indispensabile.

"M'interrompi sempre, va bene parla tu, adesso sto zitta". Marina s'incazza. È un lampo. Lui rimane in silenzio, una dolcezza impassibile sul viso nobile come il suo cognome da marchese. Era il 12 maggio del 1974. Si votò anche lunedì 13, fino alle tre del pomeriggio. Continua Marina: "Furono giornate stupende, di grandissima euforia. Ricordo il senso di liberazione, soprattutto. Perché questa era una rivoluzione vera: ci si poteva liberare dal matrimonio". Il marito Carlo interviene ancora. Le mani giunte che toccano il naso. Obietta: "Ma tu non fai testo sull'euforia, tu vivevi con Franco Angeli".

LE AVANCES DEL MONSIGNORE E IL SOGNO DELL'ANNULLAMENTO
Marina Punturieri, romana bene ma senza blasone, fu impalmata nel giugno del 1964 da Alessandro dei duchi Lante della Rovere. Esuberante e vitale precipitò nel buco nero dell'aristocrazia papalina della Città Eterna. Un matrimonio infernale, da cui però nacque una creatura incantevole come la mamma, e non poteva essere diversamente, di nome Lucrezia.

Marina diventata Lante della Rovere si arrangiò con l'alta moda. Stilista in piazza di Spagna, insieme con un'amica poi diventata regina del Belgio, Paola Ruffo di Calabria. Negli anni settanta, l'ennesimo amante divenne una maledizione impegnativa e comunista. Franco Angeli, arte e cocaina.

"Avevo un sacco di amiche che come me volevano divorziare. Prima della legge, ricordo che alcune famiglie abbienti si affidavano a un certo avvocato Sotis, il papà di Lina se non sbaglio, che riusciva a far ottenere il divorzio. Non so come, ma ci riusciva. Un'altra strada era andare all'estero, una sorella di mio padre spese un mucchio di soldi in Francia. Ma la pratica più comune era quella dell'annullamento dalla Sacra Rota. Era il tentativo più costoso. Avevo fatto amicizia con un monsignore che dopo un po' iniziò a farmi delle avances. Decisi di rinunciare".

La legge che venne sottoposta al referendum abrogativo del 12 maggio 1974 aveva una doppia firma. La più nota, consacrata agli onori della storia, è quella del socialista Loris Fortuna, tra i padri anche della successiva, e altrettanto epica, battaglia sull'aborto . Quello di Antonio Baslini, invece, è un autografo dimenticato, caduto nell'oblio. Baslini era un liberale vero del Pli, quando i liberali erano ultraminoritari ma seri e non da barzelletta come oggi.

"UN SIMPATICO IMBROGLIONE E UN SIGNORE ELEGANTE"
Carlo Ripa di Meana è stato comunista, socialista, infine ambientalista. Li conosceva entrambi, Fortuna e Baslini. "Ero amico personale di Loris. Era un simpatico imbroglione che ho bazzicato moltissimo. Al Lirico di Milano s'inventò un numero da circo. Apparve il vescovo d'Italia, a capo di una Chiesa scismatica e divorzista. Nella sua battaglia Loris venne fucilato da tutti, anche nel Psi, il nostro partito. Ovviamente, nel plotone c'erano soprattutto gli esitanti comunisti, bacchettoni e prudenti per via della Chiesa. Non dimentichiamo mai che fu Togliatti a sbloccare nella Costituente la questione dell'articolo 7 della Costituzione, che introduce il concordato con la Chiesa".

Oltre al divorzio, il liberale Baslini avrebbe un motivo in più per essere ricordato. L'ora legale fu istituita grazie a una sua legge del 1965. Racconta Carlo: "Antonio era un signore elegante e suadente, molto rispettato anche in ambienti vaticani. Aveva toni gentili ed ebbe un ruolo prezioso nelle polemiche con i cattolici lombardi. Era il cugino primo di Giulia Maria Crespi, siamo nell'altissima borghesia danarosa di Milano. È ingiusto averlo dimenticato. Entrambi, Fortuna e Baslini, assicurarono quella forte tintura liberal-repubblicana che aveva ispirazione nella cultura anglosassone, evidente nella campagna dell'Espresso".

"MARCO ERA BELLISSIMO, MI RESPINSE CON UN VAFFANCULO"
Resistere all'allora Marina Lante della Rovere era un ossimoro di valore universale. Marco Pannella fu l'araldo radicale del referendum sul divorzio. Marina: "Ero pazzamente innamorata di Marco Pannella, ero folgorata da quest'uomo bellissimo. Ma non lo conoscevo e non sapevo che delle ragazze non gliene fregasse nulla. Io ero una bellona ed ero abituata ad arrivare ovunque grazie alla mia bellezza. Mi misi in testa di parlargli e andai a trovarlo in un albergo romano. Forte della mia esuberanza cominciai ad assillare il portiere che non voleva mettermi in contatto con lui, disse che era occupato e non poteva disturbarlo. Finalmente ci riuscii e me lo passò. Lui mi gridò solo: ‘Ma vaffanculo, non mi scocciare'. Me lo ricordo benissimo".

"I COMUNISTI BACCHETTONI E LA CARNE GIOVANE DI NILDE"
Sostiene Carlo Ripa di Meana: "Il referendum fu una rivoluzione più importante del Sessantotto, che invece era stato molto gestuale". I comunisti furono sempre sulla difensiva. Sia con il Sessantotto, sia con il divorzio. Marina: "Avevo un compagno che era un supercomunista. Franco Angeli mi tormentava con Potere Operaio. Io pensavo a fare la moda ed ero qualunquista".

Interruzione di Carlo: "I comunisti s'impegnarono solo nella fase ultimissima della campagna referendaria. Loro sbirciavano sempre la Chiesa, con il Vaticano erano prudenti se non arrendevoli . Il loro disegno, da sempre, mirava al compromesso storico tra Pci e Dc. Eppoi erano bacchettoni i comunisti".

Di nuovo Marina: "Ammappala, avevano una cultura superbacchettona. Io facevo la moda e mi chiamavano la signorina grandi firme. Però poi le compagne venivano tutte da me quando erano mollate dagli uomini, anche le più femministe. Chiedevano consigli su come vestirsi, su quale parrucchiere andare. Erano babbione che indossavano quattro stracci. Si mostrificavano, perciò erano regolarmente mollate".

Il bacchettonismo del Pci non fu messo a dura prova solo dal divorzio. Prima c'era stata la questione Iotti. Il socialista Ripa di Meana, che aveva conosciuto il comunismo reale a Praga e si schierò con Antonio Giolitti sull'invasione sovietica dell'Ungheria, nel ‘56, va a ruota libera, in modo duro e offensivo, a tratti volgare:

"Togliatti lasciò di fatto la moglie per la sguaiata di Reggio Emilia e questa vicenda ebbe una grande influenza sugli ambienti comunisti. A molti compagni del Partito questa storia non piacque per niente. Nilde Iotti s'infilò nel letto di Togliatti in ragione dell'età. Fu il simbolo della carne giovane che rincoglioniva gli uomini maturi come Togliatti. È sempre vero: tira più un pelo di fica che un carro di buoi. C'era stata anche l'intricata separazione tra Luigi Longo e Teresa Noce. Ma l'imperativo era sempre quello di privilegiare la famiglia, di non far mai saltare il matrimonio. Un modello ipocrita, oltre che bacchettone. Tutti erano obbligati a tenersi la moglie".

"IL DOLORE DI BETTINO PER QUELL'ALTRA"
Nel 1974, il Psi era ancora un partito demartiniano, nel senso di Antonio De Martino, segretario politico. Il biennio successivo, quello del '75-'76, sancì l'avanzata rossa del Pci, e dalle colonne di Repubblica, Eugenio Scalfari invitò a votare il Psi di De Martino contro il compromesso storico. Ma i socialisti non sfondarono. Anzi: scesero sotto la doppia cifra e nel luglio del ‘76 ci fu il Midas che aprì l'era di Bettino Craxi. Ricorda Carlo: "Nel ‘74, Bettino era poco conosciuto. Simpatizzava con Loris. Diceva: ‘È un imbroglione ma efficace'".

In seguito ci fu anche il fenomeno della doppia tessera socialista e radicale. Un'illusione più che un esperimento. Ripa di Meana prese la doppia tessera: "Ma Bettino riteneva Marco pericoloso. Ripeteva: ‘Gli dai una mano e lui si prende tutto il braccio'. E poi Craxi non sentiva Pannella saldo sui grandi valori socialisti. La verità è che sono stati due grandi accentratori".

Negli anni ottanta, i Ripa di Meana furono molto vicini ai Craxi. "Bettino fu nostro testimone di nozze". Il divorzio era ormai realtà, ma i matrimoni traballanti non erano solo un fatto di carte bollate.

Carlo: "Il primo cedimento della salute di Bettino fu per la sua vita privata. Era ossessionato dalla relazione con Ania Pieroni (attrice, la più nota delle amanti di Craxi, ndr) e non sapeva cosa fare. Il suo motto era: ‘Tieniti l'amante ma la famiglia non si tocca'. Per questo Anna sua (la moglie, ndr) non l'ha mai lasciato. Ma con quell'altra (la Pieroni, ndr) fu diverso. Un giorno decideva di divorziare, il seguente ci ripensava. Non parlava d'altro. Allo stesso tempo Anna era terrorizzata ed era necessario tranquilizzarla. In famiglia la più tosta fu la figlia Stefania. Minacciava: ‘La vado a picchiare'. Poi successe, Stefania picchiò la Pieroni e Bettino ebbe il primo infarto. Questi drammi incidono sulla tenuta fisica, non solo psicologica".

"SILVIO, VERONICA E LA DELLERA"
"Dalla famiglia Craxi sapevamo molto di questo Berlusconi. Quando l'ho conosciuto dentro di me ho pensato: ‘Questo deve essere molto vanitoso'". Silvio Berlusconi è stato molto di più rispetto alla prima impressione di Marina Ripa di Meana, quando lo conobbe: "Si può dire che eravamo quasi parenti perché avevamo in comune i Craxi".

Anche in questo caso, un altro dramma familiare: "Tra Silvio e Veronica andava male da subito. Craxi ci diceva: ‘È perseguitato dalla moglie'. Noi lo prendevamo anche in giro. Non si poteva muovere da casa e dovevamo andare tutti ad Arcore. All'epoca Silvio frequentava la Dellera e Veronica minacciava di andarsene, portando via i figli. Berlusconi non avrebbe mai lasciato la moglie, anche per lui la famiglia non si tocca. Poi sappiamo tutti quello che è successo, a partire dalle lettere di Veronica ai giornali sulle storie del marito".

C'è un filo un po' ipocrita che tiene insieme tre storie diversissime tra di loro, in questo ricordo particolare del quarantesimo anniversario del referendum del ‘74. Togliatti, Craxi, Berlusconi. La Famiglia e il Potere, il privato e il pubblico.

"FANFANI E RENZI? IL PRIMO È STATO UN GIGANTE"
Il Grande Sconfitto del 12 maggio 1974 fu il fanfascismo, incarnato dal toscano Amintore Fanfani, segretario della Democrazia cristiana. Diversamente alto, un vignettista trovò la fama con Fanfani-tappo che saltava da una bottiglia di champagne. Sull'etichetta c'era scritto "No", il voto del fronte divorzista, contrario all'abrogazione della Fortuna-Baslini. Quel vignettista era Forattini. Matteo Renzi, quando ha conquistato prima il Pd poi Palazzo Chigi, è stato paragonato proprio a Fanfani. Non solo per le origini toscane.

Sostiene Carlo Ripa di Meana: "È un paragone impossibile, che danneggia solamente Fanfani. Il segretario dc era molto colto, questo qui, Renzi, è solo superficiale e inconcludente". Il 12 maggio, Carlo votò "No" a Milano: "Vivevo con Gae Aulenti che non riusciva a ottenere il divorzio da Franco Buzzi, che resisteva per tutelare i suoi interessi". Marina abitava a Roma. Anche lei scelse il divorzio: "Il mio matrimonio era fallito e non pensavo di risposarmi più". Otto anni dopo, la smentita. Con Carlo Ripa di Meana. E dura ancora.

 

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