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I DILETTANTI DELLA PANDEMIA - UN NUOVO REPORT SULLA GESTIONE DEL VIRUS INCHIODA IL MINISTERO DELLA SALUTE, PARLANDO DI "INCURIA E NEGLIGENZA" - NON SOLO AVEVAMO UN PIANO DI AZIONE CHE RISALIVA AL 2006, COME RIVELATO DALL'INDAGINE DEI PM DI BERGAMO, MA "PER CELARE GRAVI CARENZE" NON È NEMMENO MAI STATA FATTA UN'ANALISI POST-EMERGENZA DOPO LA PRIMA ONDATA...
Francesco Borgonovo per “La Verità”
giuseppe conte roberto speranza
Sono, lo sappiamo, giorni ricchi di anniversari. Ma c'è una ricorrenza che cade oggi e che non possiamo permetterci di ignorare. Esattamente un anno fa, il 22 gennaio del 2020, Roberto Speranza riuniva per la prima volta la celeberrima «task-force» anti Covid.
Insomma, 12 mesi fa è ufficialmente iniziata la lotta all'epidemia che, malamente, stiamo conducendo ancora oggi, con i risultati che tutti abbiamo sotto gli occhi. Soltanto da poco, tuttavia, ha iniziato a venire a galla la verità riguardo alle misure che l'Italia avrebbe dovuto adottare per difendersi e invece non ha adottato.
Su questi temi sta indagando la Procura di Bergamo, che ormai da qualche settimana sta sentendo esperti, tecnici e dirigenti del ministero della Salute per comprendere nel dettaglio che cosa sia andato storto e chi ne abbia la responsabilità.
Le audizioni condotte dagli investigatori bergamaschi stanno di fatto confermando tutto ciò che il nostro giornale ha scritto nelle settimane passate riguardo il famigerato piano pandemico. Ricordate? Il nostro piano era fermo al 2006 e, nonostante ci sia stato ricordato più volte dalle organizzazioni sovranazionali, non è mai stato aggiornato, così siamo arrivati impreparati ad affrontare la pandemia.
Che le cose stessero effettivamente così lo ha confermato lunedì alla Procura Giuseppe Ruocco, direttore generale del ministero della Salute. I pubblici ministeri lo hanno convocato e al termine dell'incontro la procuratrice aggiunta di Bergamo, Cristina Rota, ha fatto sapere alla stampa che «il piano in vigore era quello del 2006, almeno questo è ciò che ci è stato dichiarato».
È un'affermazione non da poco, questa. Perché mette in grande difficoltà Ranieri Guerra, vicedirettore aggiunto dell'Oms e collaboratore del Cts. Quest'ultimo aveva fatto pressioni su Francesco Zambon, ricercatore dell'Oms, affinché scrivesse nel suo report sulla gestione italiana del Covid che il nostro piano era stato aggiornato nel 2016.
Zambon, coraggiosamente, rifiutò di scrivere il falso e, misteriosamente, il suo report scomparve poche ore dopo essere stato pubblicato. Ora persino la Procura di Bergamo conferma che dal 2006 a oggi non abbiamo aggiornato un bel nulla. Eppure Ranieri Guerra è ancora al suo posto nel Cts, a decidere delle nostre vite.
Ma c'è di più. L'agenzia Adnkronos ha riportato altre notizie trapelate dalle audizioni gestite dai pm bergamaschi. Si apprende che «non solo il piano pandemico è rimasto fermo al 2006, ma non è stato nemmeno attivato nonostante lo avesse esplicitamente indicato l'Oms, con l'alert del 5 gennaio dell'anno scorso».
Dunque non avevamo un piano nuovo e non abbiamo usato nemmeno quello vecchio.
È l'ennesima conferma di quanto scritto dalla Verità. Giorni fa abbiamo intervistato Claudio D'Amario, ex direttore generale della Prevenzione del ministero, che mercoledì è stato sentito in Procura. È stato lui a dirci che il piano pandemico vecchio non fu usato perché «nessuno ci aveva pensato». Per farla breve: siamo andati allo sbaraglio. Fermi, però, perché non è ancora finita.
Proprio ieri è stato reso noto un nuovo report sulla gestione della pandemia realizzato dall'ex generale Pier Paolo Lunelli, ovvero l'uomo che per primo ha messo nero su bianco tutto ciò che non tornava riguardo al piano pandemico.
coronavirus ospedale di varese
La sua prima relazione, intitolata Analisi della pianificazione italiana per far fronte ad una pandemia e confronto con quella di altri Paesi metteva in evidenza «il mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale come indicatore di una insufficiente preparazione complessiva».
Nel nuovo report si legge che «il risultato di quell'analisi rappresenta soltanto la parte emersa e visibile di un iceberg fatto di incuria, negligenza, noncuranza e grave imprevidenza da parte del dicastero della Salute, ma non solo».
coronavirus paziente all ospedale san filippo neri di roma
Sono parole spietate, a cui segue una puntuale documentazione. «I fatti», scrive Lunelli, «ci dicono che non è stato posto in essere lo sviluppo delle capacità indicate nell'Annesso 1 al Rsi, entrato in vigore nel 2007, attività che doveva essere completata entro il 2012».
Vediamo di spiegare. Con Rsi si intende il Regolamento sanitario internazionale, ovvero «un documento giuridicamente vincolante» a cui oltre un centinaio di Stati a livello mondiale (tra cui l'Italia) hanno aderito nel 2007, impegnandosi a metterlo in pratica entro il 2012.
coronavirus paziente all ospedale san filippo neri di roma
In Svizzera, ad esempio, nel 2009 è iniziato un iter legislativo che nel 2012 ha portato alla «legge sulle epidemie», la quale stabilisce con precisione quali siano, in caso di emergenza, i compiti del governo e quelli dei singoli Cantoni. Noi, invece, non abbiamo fatto nulla di simile.
Avremmo dovuto stanziare soldi per rispettare l'accordo firmato, ma non un euro è stato riservato alla questione epidemie. Vero, tra il 2008 e il 2011 c'è stata la crisi finanziaria globale, eravamo impegnati ad affrontare quella... Ma dopo?
il servizio di report sul piano pandemico italiano inesistente 1
Scopo del Regolamento sanitario internazionale è quello di «garantire la massima sicurezza contro la diffusione internazionale delle malattie epidemiche, con la minima interferenza possibile sul commercio e sui movimenti internazionali».
Oltre a non aggiornare il piano pandemico, quindi, abbiamo anche disatteso gli impegni presi a livello internazionale. Di tutto questo non è responsabile solo l'esecutivo giallorosso. Ma sul governo Conte ricade interamente almeno un altro fardello.
Secondo il report di Lunelli, infatti, «nessuna puntuale analisi post-emergenza è stata condotta dopo la prima ondata, forse per celare al pubblico carenze e gravi responsabilità, spacciate per "alcuni errori o sbavature".
Queste circostanze, assieme a tante altre illustrate in questa relazione, vanno a formare un castello di indizi e prove logiche che certificano la quasi totale impreparazione con la quale ci siamo trovati ad affrontare l'emergenza coronavirus, non soltanto sul versante dei piani pandemici, ma anche in quello delle sottostanti risorse materiali e umane e che dovevano essere attivate e opportunamente formate nel corso degli anni».
Conclusione: «In Europa eravamo uno degli anelli deboli della catena difensiva e i risultati in termini di vittime, parlano da soli». Non abbiamo rispettato gli accordi, non avevamo un piano pandemico, non abbiamo nemmeno prodotto una analisi post-emergenza. Questi sono i termini del disastro. In compenso, il ministro Speranza e i suoi esperti ci hanno rifilato una marea di balle. Loro hanno mentito, noi continuiamo a farne le spese.
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