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Federico Fubini per il Corriere della Sera
Deve aver poco a che fare con l' ultimo libro di Matteo Renzi il fatto che sia difficile oggi raccogliere in Europa commenti critici su Paolo Gentiloni. Sembra che chiunque abbia solo complimenti sul conto del premier, e solo domande sui piani del suo predecessore. In privato di Gentiloni parlano con ammirazione, quasi stupiti, i direttori di alcuni grandi media globali in lingua inglese che lo hanno incontrato, alcuni investitori internazionali molto influenti e la stessa cancelliera tedesca Angela Merkel.
Ciò che queste figure apprezzano nel premier non è che la pensi come loro - spesso non è così - ma la lettura che dà dei problemi dell' Italia e l' intenzione affrontarne alcuni già in settembre; naturalmente, purché Renzi gliene lasci il tempo e soprattutto i voti del Partito democratico in Parlamento.
Avrà invece forse qualcosa a che fare con l' ultimo libro dell' ex premier e segretario del Pd un dettaglio che all' autore non può essere sfuggito: i piani che il governo Gentiloni ha presentato a Bruxelles per la prossima legge di Bilancio sono diversi da quelli che Renzi stesso ha pubblicato con la sua ultima fatica letteraria.
Appena il mese scorso, il ministro dell' Economia Pier Carlo Padoan ha scritto alla Commissione Ue con la proposta di eseguire una correzione netta del deficit di 0,3% del reddito nazionale. Sarebbero circa cinque miliardi di sacrifici. Renzi al contrario propone un' espansione netta del disavanzo di almeno tredici miliardi, se la sua ricetta di un deficit al 2,9% del reddito nazionale vale già dal 2018.
Nella nota d' aggiornamento al quadro di finanza pubblica in settembre resta dunque da capire in quale direzione andrà il governo e in quale andrà il Pd, il principale partito che lo sostiene. Non sarà un passaggio banale, anche perché non cade in un momento banale. In settembre Gentiloni intende accelerare anche su altre riforme che l' Italia ha rinviato troppo a lungo in questa legislatura, anche se non è affatto chiaro cosa ne pensi Renzi.
Un posto molto in alto nell' agenda di settembre per Palazzo Chigi lo occupa una revisione in profondità del diritto fallimentare, che avvicini l' Italia al resto d' Europa. Oggi i tempi sono così lunghi e la strada dei creditori per rivalersi tanto piena di ostacoli da produrre effetti negativi a catena: gli investimenti frenano, i tempi per la gestione dei crediti in default delle banche si allungano generando sempre nuove tossine nel sistema.
Palazzo Chigi ha già dimostrato di capire e voler rimuovere questi problemi quando ha inserito nella manovra correttiva di primavera una norma dirompente un po' alla chetichella: da quest' anno certi fondi d' investimento, se comprano crediti in default dalle banche, potranno convertirli in capitale; in altri termini, possono spossessare gli imprenditori insolventi delle loro imprese. Ora il governo Gentiloni intende continuare sulla stessa linea anche in settembre, rendendo obbligatorio il cosiddetto «patto marciano» per le banche che emettono un prestito: ciò permette ai creditori di prendere direttamente possesso dei beni posti in garanzia da un debitore inadempiente.
Si tratta di misure tecniche solo in apparenza. Nella sostanza, vanno al cuore dei rapporti fra banche, imprese e famiglie nel tessuto della società italiana, così come del rapporto del Paese con l' Europa. Le riforme in preparazione a Palazzo Chigi possono infatti diventare un tassello essenziale per la soluzione definitiva dei problemi delle banche italiane a Bruxelles. La Commissione Ue e gli altri governi chiedono che il governo sciolga i nodi giudiziari che paralizzano il credito in Italia, ma in contropartita si stanno aprendo nuove finestre per regolare l' aiuto di Stato alle banche in maniera meno rigida.
Forse pochi in Italia, ma tutti coloro che contano qualcosa in Europa hanno capito che Gentiloni vuole lanciare in autunno una «bad bank» che assorba i crediti cattivi del sistema bancario. Intende archiviare questa crisi una volta per tutte.
Se ne parla poco perché di rado il premier si lascia andare a dichiarazioni ad effetto, ma a Bruxelles molti hanno apprezzato il lavoro nel cauterizzare le vecchie ferite aperte: Monte dei Paschi, Popolare di Vicenza, Veneto Banca e ora l' aumento di capitale sul mercato di Carige. Non è un caso se né Merkel, né il ministero delle Finanze di Berlino hanno protestato per la soluzione pubblica sulle banche venete.
Gentiloni dunque in questi mesi ha preso quota in due direzioni. Lo ha fatto sulla scena europea, tanto quanto in una certa classe dirigente italiana lavora bene con lui. Renzi stesso lo ha capito. Solo che si chiede se il premier oserà andare davvero fino in fondo, anche senza o contro di lui.
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