DAGOREPORT – MATTEO FA IL MATTO E GIORGIA INCATENA LA SANTANCHÈ ALLA POLTRONA: SALVINI, ASSOLTO AL…
Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Renzi con Agnese e Franceschini alla Biennale Architettura 2016
Ad agitare le già inquiete acque del Pd è adesso il «fattore A», dal nome di Angelino Alfano. Tra il Nazareno e Palazzo Chigi la preoccupazione è alta, ma ad allarmare i vertici dem non è tanto il fronte giudiziario, quanto quello politico. È la legge elettorale il nodo che tiene assieme tutti i fili, la corda sulla quale il presidente del Consiglio rischia di inciampare.
A far ballare il governo è la fibrillazione dei centristi al Senato, Ncd è spaccata e un pezzo del minuscolo partito che tiene su l' esecutivo potrebbe cedere alle sirene di Forza Italia, sottraendo alla maggioranza numeri vitali. Anche così si spiega la minaccia, non smentita da Palazzo Chigi, che il quotidiano La Nazione attribuisce a Renzi: far cadere il suo governo e portare il Paese a elezioni prima del referendum, che in questo modo slitterebbe all' autunno del 2017.
L' idea di sventolare lo spauracchio del voto anticipato sarebbe venuta in mente a Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e fidatissimo braccio destro del premier, nella chiave di altolà ai centristi di Alfano. E a tutti coloro che, a destra o a sinistra, tessono trame e mettono a rischio la tenuta del governo.
Per quanto si tratti di una pistola scarica, perché al Senato si andrebbe a votare con il Consultellum, il fascino di uno scenario così spiazzante è forte. E serve a convincere le varie anime della maggioranza, alfaniani o franceschiniani, bersaniani o cuperliani, che il premier è determinato a non farsi logorare e che è sempre lui a dare le carte. «Se continuano a tirare la corda si spezza, si va a votare e il referendum slitta», si ragiona nelle stanze di Palazzo Chigi.
Davanti alla direzione, lunedì pomeriggio, il segretario del Pd è sembrato non concedere nulla a tutti coloro che chiedono di cambiare l' Italicum. Ma alla fine ha aperto uno spiraglio e lasciato che fosse Graziano Delrio a stoppare Dario Franceschini, segno che la mossa in solitaria del ministro della Cultura in fondo fa gioco anche a lui.
Per adesso il capo del governo prende tempo e sembra attendere le decisioni della Consulta. Ma nel giro ristretto del leader si va rafforzando la convinzione che prima di ottobre, quando i tempi saranno maturi, sarà lo stesso Renzi a impugnare l' arma dell' Italicum.
Aprirà a una «modifica chirurgica» e riuscirà a ricompattare sia la maggioranza che il Pd.
Non a caso Lorenzo Guerini, intercettato dai cronisti in Transatlantico, ricorda che i dem non si sono mai sottratti al dialogo con le altre forze e che, «se ci sarà richiesto di confrontarci, ci confronteremo». Come sottolinea Emanuele Fiano, «Renzi in direzione ha lasciato il campo aperto».
angelino alfano danila subranni
Ma se i fedelissimi di Franceschini leggono la richiesta del ministro di cambiare la legge elettorale come «un assist al premier per tenere dentro Alfano», i renziani raccontano che ultimamente i rapporti tra Dario e Matteo sarebbero «in freddo» per via dell' ormai famosa cena in via delle Muratte.
Perché nulla fa infuriare il segretario come l' agitarsi sottotraccia delle varie anime del Pd. «Finché ci sono io, le correnti non torneranno a guidare il partito», ha ammonito il leader davanti al parlamentino. Un avvertimento che l' entourage di Franceschini indirizza verso altri lidi.
Dario, spiegano gli amici del ministro, «ha troppa esperienza e intelligenza politica per mettersi contro Renzi». Se in direzione ha chiesto di cambiare l' Italicum è «per aiutare il premier a ricucire con la sinistra del Pd e rinsaldare i rapporti con Alfano». Il segretario osserva e lascia che il ministro tessa i suoi rapporti per allargare il campo. «Dario gli sta alzando la palla...», suggeriscono i franceschiniani. E Matteo si prepara a schiacciarla.
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