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Stefano Di Michele per "Il Foglio"
Per diversi lustri, Ernesto Galli della Loggia non aveva mai dato grossi pensieri. Storico di fama, politologo venerato, editorialista acclamato - poteva al massimo, ma solo per i più screanzati o meno avvertiti, a digiuno sia di Locke sia di Tocqueville, indurre confusione tra sapienza e noia, profondità e tedio.
Affrontare un fondo di EGdL sul Corriere era un po' come andare sull'autostrada da casello a casello: magari si procedeva con una certa monotonia, velocità di crociera, ma assoluta sicurezza sul percorso da fare e sull'approdo finale. Era l'Editorialista di fiducia, si abbordavano i suoi scritti con abbandono e insieme certezza, "credo ut intelligam". E il pensiero liberale (che ha sempre quel vago sapore di decaffeinato) senza sosta pareva trarne vigore e argomentazione.
La condivisione con le tesi di EGdL poteva non essere totale, ma l'autorevolezza mai messa (né prima, né mai) in discussione: vuoi per la solita acutezza dell'analisi, vuoi per la ben presente complessità del cognome che inevitabilmente presuppone una qualche forma di messa sull'attenti. "Hai-letto- ernestogallidellaloggia-sul-corriere?", tutto d'un fiato: e scattava nei meno avveduti la sindrome (avrebbe scritto Fortebraccio) dell'agrario quando ha a cena il vescovo: massima attenzione e parecchia soggezione. Un vagare perenne ma non meno che accurato tra paese e nazione, Schopenhauer e Aron e "uno studioso francese, Pierre Manent".
Poi d'improvviso, come il Papa si fa emerito, EGdL si muta in una sorta di Ernesto Sparalesto, personaggio dei cartoni di Hanna & Barbera, lo sceriffo che vigilava sulla frontiera del West. E' successo due giorni dopo le elezioni - quando ha fatto drizzare i capelli in testa a Ferruccio de Bortoli e cadere gli occhiali dal naso di Beppe Servegnini (con quella montatura da corpo contundente), per tacere del mancamento procurato al professor Monti - con la sua benevola dissertazione sul populismo montante e consenso grillino strabordante, "sorta di fool, di âmatto', di buffone shakesperiano".
Così ora è tutto un dubitare, un accoramento, uno stare in ambasce: "Ma che è successo, a Ernesto?". Ha solo preso, come l'omonimo Sparalesto, il presidio della Nuova frontiera. Presidio che, con rinnovato vigore - un deciso passare dal decaffeinato al caffè ristretto col mistrà - ieri è tornato a rivendicare sul Corriere, evocando i benemeriti che "già a partire dalla fine degli anni Settanta" si accorsero dei guai che si preparavano e provarono a tamponarli: con Craxi e Radicali, Cav. e Segni, Lega e ora Grillo - "un'idea, un varco", temerari anticipatori in faticoso trentennale deambulare.
Da un po' EGdL dava segni d'impazienza, ma questo botto di fine inverno ha preso lo stesso tutti di sorpresa, pure gli studiosi in Francia. Forse ogni cosa era già spiegata in un gagliardo editoriale dell'aprile scorso, ove tanto ebbe a lamentarsi (a ragione) dei centurioni con calzini che fanno transumanza e ressa nel centro di Roma, quanto degli studenti che affollano la biblioteca del Senato, "riservata agli studiosi", invece la sala di consultazione "è abitualmente affollata di ventenni con la loro brava bottiglietta di minerale appoggiata sul tavolo".
Chiaro che uno si indigna. Solo che adesso, con l'imminente arrembaggio dei lodati grillini alla santità delle istituzioni, la sconsacrata bottiglietta rischia anch'essa di mutarsi: in mesta acqua di rubinetto. Fresca, però.
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