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I GIORNALI ITALIANI SI CONCENTRANO SUL DITO E NON VEDONO LA LUNA – I QUOTIDIANI GUARDANO ALLA CRONACA SENZA PRENDERE “LE DISTANZE” DAGLI EVENTI: PUBBLICANO NOTIZIE GIÀ VECCHIE SENZA CERCARE DI ANALIZZARE IL CONTESTO GENERALE CHE LE ACCOMPAGNA – GLI APPROFONDIMENTI E LE ANALISI NON ESISTONO, SE NON NEI PENSOSI (E SPESSO PENOSI) COMMENTI – IL RUOLO DELLE PROPRIETÀ, CHE CONSIDERANO LA STAMPA SOLO COME UNO STRUMENTO DI PRESSIONE (VEDI ALLA VOCE “MESSAGGERO”: IL QUOTIDIANO DI CALTAGIRONE PRATICAMENTE IGNORA L’INCHIESTA SUL “CONCERTO” CHE VEDE INDAGATO IL SUO EDITORE)

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La lenta agonia dei giornali italiani

Estratto dell'articolo di Stefano Feltri per la newsletter “Appunti”

https://appunti.substack.com/p/la-fine-dei-giornali?utm_source=post-email-title&publication_id=1453454&post_id=180414694&utm_campaign=email-post-title&isFreemail=false&r=4jcrk&triedRedirect=true&utm_medium=email

 

GIORNALISMO INVESTIGATIVO

[…] Il problema è generale: i costi del prodotto del giornale omnibus, quello che si occupa di tutto un po’ dallo sport alla geopolitica al costume, non sono più compatibili con i ricavi che genera. Affidarsi ai collaboratori sottopagati o agli editorialisti disposti a scrivere gratis in cambio di visibilità allunga l’agonia, ma non è una soluzione permanente.

 

Giornali più fragili sono giornali più influenzabili. E così ai problemi industriali si aggiungono quelli di legittimità. […] Ma se i giornali sono sempre sensibili alle priorità della politica, lo sono particolarmente a quelle della proprietà. Basta guardare alle prime pagine del Messaggero in questi giorni, dove non si trova traccia dell’inchiesta della Procura di Milano che riguarda la scalata dell’editore Francesco Gaetano Caltagirone, insieme a Delfin di Francesco Milleri, a Mediobanca tramite Monte Paschi di Siena.

PROCURA DI MILANO

 

Un’inchiesta che vede l’editore indagato per aver fornito false informazioni al mercato e il governo Meloni accusato di aver fatto la regia dell’operazione, che ha come obiettivo ultimo il controllo delle assicurazioni Generali.

 

Eppure, quando c’era da cavalcare l’operazione, tutti i giornali del gruppo erano schierati, la battaglia finale è stata innescata proprio da un editoriale di Roberto Napoletano sul Messaggero, contro l’alleanza tra Generali e la francese Natixis. In quel momento Napoletano dirigeva il Mattino di Napoli, ma ora è stato promosso al Messaggero.

 

giornalismo stampato

I quotidiani all’italiana, insomma, hanno sempre meno lettori e sono un prodotto che non risponde più alle esigenze di informazioni del pubblico. Ma per gestire le partite di potere sono ancora considerati molto importanti. Almeno dagli editori e dalla politica.

 

[…] Perché i giornali italiani sono più in crisi degli altri

L’analisi di Beda Romano

 

Beda Romano è corrispondente da Bruxelles del Sole 24 Ore. Per la rivista trimestrale del Mulino, in un numero dedicato all’informazione in Italia, ha scritto un interessante saggio sul declino dei giornali.

 

LIBERTA DI STAMPA - VIGNETTA BY ROLLI PER IL GIORNALONE - LA STAMPA

Perché sostieni che c’è una specificità italiana? Quali sono i modelli di successo che non abbiamo seguito?

Credo che ci siano almeno due caratteristiche che spiegano la crisi dei giornali in Italia. La prima risale al secondo dopoguerra. Germania e Italia affrontarono in modo diverso la fine della dittatura e il ritorno della democrazia.

 

Nella Repubblica Federale i vecchi giornali furono chiusi, nuovi quotidiani videro la luce e tra la redazione e la proprietà furono create fondazioni indipendenti, con l’obiettivo di ridurre al minimo l’influenza degli editori sul giornale. Il periodo nazista aveva lasciato il segno e c’era il desiderio di garantire una stampa libera.

 

In Italia ciò non accadde. I giornali divennero, a seconda delle circostanze, proprietà di grandi aziende nazionali, di associazioni di categoria, di partiti politici, di enti confessionali. Non furono create muraglie cinesi tra redazione e proprietà. Questa scelta consolidò la tendenza degli editori a influenzare la linea editoriale, minando l’indipendenza dei quotidiani.

 

manifestanti pro palestina vandalizzano la sede della stampa a torino

La seconda anomalia è più recente. I giornali italiani, a differenza di quelli di altri Paesi, tendono a seguire il flusso delle notizie, malgrado la rivoluzione provocata da Internet e dall’informazione in tempo reale.

 

La loro materia prima rimangono gli avvenimenti del giorno. I quotidiani guardano alla cronaca, piuttosto che all’attualità in senso più ampio. Non prendono le distanze dagli eventi: gli articoli, per la maggior parte, sono scritti a tambur battente, mancano gli approfondimenti.

 

Il risultato è che i giornali diventano un happening quotidiano. Non offrono molto di diverso dalla televisione, dalla radio o dai siti di informazione.

 

Beda Romano

Se guardiamo agli altri Paesi europei, molti quotidiani riscuotono successo e aumentano le copie. Perseguono curiosità, rigore, indipendenza. Cercano di svincolarsi il più possibile dalla cronaca del giorno e guardano agli avvenimenti con il grandangolo. Così facendo competono ad armi pari con Internet, guadagnano lettori e offrono articoli di qualità che sopravvivono nel tempo.

 

I giornali italiani, per la maggior parte, sono invece rapidamente superati dagli eventi e invecchiano molto presto.

 

Un aspetto interessante che sottolinei è la cattura da parte della politica dei giornali, con ex politici o portavoce che fanno i direttori e i commentatori, o con agenzie di stampa che vivono solo grazie ai fondi di Palazzo Chigi. Anche questa è un’anomalia italiana?

In parte sì, è un’anomalia rispetto ai Paesi europei più moderni. Il motivo è relativamente semplice e si collega a quanto detto in precedenza.

 

I giornali italiani hanno, nella maggior parte dei casi, un assetto proprietario che tende a influenzare la copertura giornalistica, anche perché la stessa proprietà ha interessi che vanno ben oltre l’attività editoriale.

 

Giovanbattista Fazzolari - Mario Sechi

Il quotidiano diventa così uno strumento di pressione o di influenza nel dibattito pubblico. Da qui la tendenza a seguire il flusso delle notizie piuttosto che l’attualità più ampia.

 

In questo senso, con la politica i giornali hanno un rapporto promiscuo, comunque eccessivamente vicino. Guardiamoci attorno: di questi tempi, tre giornali nazionali contano tra i loro principali collaboratori tre ex presidenti del Consiglio.

 

In un recente passato, un altro ex premier è stato direttore editoriale di un quotidiano, mentre oggi un ex vicecapo del governo è commentatore assiduo di un grande giornale nazionale.

 

Giovanbattista Fazzolari Mario Sechi

C’è di più: ai vertici del giornalismo italiano siedono persone che in passato erano parlamentari o portavoce di aziende pubbliche o private, di associazioni padronali o di personalità politiche.

 

Faccio un esempio: di recente un ex portavoce del governo è stato nominato alla guida di un giornale.

 

Il contesto — tra proprietà, ingerenze politiche e modelli sbilanciati sul flusso di notizie — condiziona anche i contenuti. Perché scrivi che il commento è un genere giornalistico molto più diffuso in Italia dell’analisi? Che differenza c’è tra i due tipi di articoli?

Il commento e l’analisi sono due generi giornalistici molto diversi tra loro. A differenza dell’analisi, il commento contiene l’opinione dell’autore, che è in fondo il succo dell’articolo.

 

GIORNALISMO INVESTIGATIVO

L’autore farà del suo meglio — o almeno dovrebbe — per argomentare il proprio punto di vista con dati e fatti. Ma l’obiettivo rimane quello di offrire un commento, un punto di vista.

 

L’analisi, invece, non dovrebbe contenere l’opinione dell’autore: è chiamata a rivelare le diverse opinioni su un avvenimento o una tendenza, o più semplicemente a spiegare la complessità di una particolare situazione.

 

L’articolo serve a chiarire, non a giudicare. Prevede citazioni di osservatori esterni e dati che rafforzano le argomentazioni.

CLASSIFICA DELLA LIBERTA DI STAMPA BY REPORTERS SANS FRONTIERES

 

In Italia mi sembra che dominino i commenti più delle analisi. Sono più facili da scrivere e soprattutto meno controversi, se allineati alla proprietà.

 

In Italia ci si giustifica dicendo che un giornalista — come qualsiasi individuo — è portatore del suo bagaglio personale e quindi inevitabilmente soggettivo. È possibile. Ma farei una differenza tra oggettività e imparzialità: forse l’oggettività è difficile da raggiungere, ma l’imparzialità dovrebbe essere l’obiettivo del buon giornalismo.

liberta di stampa