I MINISTRI PDL GUIDATI DA GIANNI LETTA E ALFANO CHIEDONO UNA TREGUA AI FALCHI: “BASTA FUOCO AMICO SUL GOVERNO O CI DIMETTIAMO”

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Francesco Bei per La Repubblica

Dopo giorni di indiscrezioni la conferma arriva da Silvio Berlusconi con un'intervista al
Tg1. Tra poche settimane «rinascerà Forza Italia» e il Pdl resterà «ma soltanto come coalizione dei partiti del centrodestra». Quanto alla leadership azzurra, il padre per il momento toglie la figlia Marina dalla linea ereditaria: «Temo che sarò ancora chiamato ad esserne io il numero uno».

Ma è soprattutto un altro il messaggio che il Cavaliere intende inviare con l'uscita di ieri sera, dopo giorni di silenzio che sembravano legittimare gli attacchi sempre più virulenti dei falchi del Pdl al governo Letta: «È un sostegno convinto e assolutamente leale - scandisce Berlusconi - quello del Pdl al governo. Le dichiarazioni di qualche nostro esponente devono essere intese solo come uno stimolo a fare di più».

Insomma, è una smentita alla batteria di fuoco che sembrava uscire dalle prime file del Pdl - i Verdini, Santanché, Brunetta, Capezzone - nelle ultime 48 ore. Una ricalibratura ormai non più rinviabile e stabilita a tavolino con le colombe del partito durante un summit segreto a palazzo Grazioli.

All'ora di pranzo, guidata da Gianni Letta e Angelino Alfano, ieri si è infatti presentata agguerrita l'intera pattuglia dei ministri del Pdl - Quagliariello, De Girolamo, Lorenzin e Lupi - , tutti decisi a dire «basta» agli attacchi che subiscono quotidianamente. Si sono sentiti per telefono di prima mattina, dopo la lettura dei giornali, con l'ennesima raffica di dichiarazioni alzo zero dell'ala dura. Da Verdini che predicava il voto a ottobre, al sottosegretario Micciché che invitava Alfano a dimettersi, fino all'apertura del Giornale, con il grande titolo «Incapaci al governo» a sottolineare l'ennesimo affondo di Renato Brunetta.

Stabilito che la linea di sopportazione era stata superata, i ministri hanno chiesto udienza a corte e stavolta il Cavaliere ha dovuto prendere posizione pubblicamente. «Presidente - è il discorso fatto da Angelino Alfano a nome di tutti - noi siamo pronti a dimetterci oggi stesso. Basta che ce lo dici. Ma non è più accettabile stare al governo e trovarsi il Pdl che ci spara alle spalle e si comporta come se stesse all'opposizione».

Le lamentazioni delle colombe, sotto lo sguardo benevolo di Gianni Letta (attaccato personalmente dai falchi, insieme a Napolitano, appena due giorni fa nel corso di un'altra cena a palazzo Grazioli), sono andate avanti per quasi due ore. «Non ci stiamo a passare per degli imbecilli», «dovrebbe essere il Pdl a rivendicare i successi del governo e non lasciare che i frutti li colga solo il Pd», «se li lasci fare accrediti l'idea che noi al governo siamo dei traditori», e così via.

La rivolta è stata tanto forte da costringere il Cavaliere a promettere una rettifica pubblica - l'intervista serale al Tg1 - e anche privata - Brunetta sarà richiamato all'ordine - per ristabilire la linea di «sostegno leale e convinto al governo». L'uscita televisiva è servita anche per attaccare i magistrati, rivendicare la riforma della giustizia («se c'è un settore da riformare è quello») e affondare il colpo contro l'editore di questo giornale.

Nel processo "lodo Mondadori", «il danno l'ho subito io, perché per un intervento politico dovetti cedere a De Benedetti e compagnia bella la Repubblica, l'Espresso, 18 giornali e addirittura una cartiera: noi siamo stati penalizzati e poi costretti a pagare 565 milioni a fronte di un valore delle azioni Mondadori di 100 milioni». Ma il Cavaliere si lamenta per tutto l'ingorgo giudiziario che lo riguarda: «Si cerca di portare a conclusione la guerra dei vent'anni contro Berlusconi cercando di colpirlo nel suo patrimonio, nell'immagine, nei diritti politici e ora anche nella libertà ».

 

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