DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Arianna Giunti per "Espresso.Repubblica.it"
Un emissario dall'identità sconosciuta. Un mediatore siriano che offre cifre da capogiro per corrompere le ragazze. E poi un "pierre" di origini polacche che rivela un'intricata vicenda di sesso e ricatti. Personaggi da spy story americana per un processo tutto all'italiana.
La sentenza è ormai dietro l'angolo - gli imputati rischiano una condanna a fino a sette anni di carcere - ma le stranezze del Ruby-bis sono rimaste tutte intatte. Compresi i misteri, mai sciolti, che riguardano la rinuncia a pochi giorni dal verdetto di due delle parti civili che accusavano gli imputati.
Oggi in aula la parola passa alla difesa, che tenterà di dimostrare l'innocenza di Lele Mora (secondo i pm "il procacciatore di ragazze") Emilio Fede ("l'assaggiatore") e Nicole Minetti, ("l'organizzatrice"). Tutti accusati di favoreggiamento della prostituzione anche minorile perché sospettati di aver portato ad Arcore giovani fanciulle "per il soddisfacimento sessuale di Berlusconi".
Ma per capire le anomalie di questo processo mediatico che sta andando avanti da due anni bisogna risalire ai suoi protagonisti. Che siano attori principali, evanescenti comparse o vittime mancate, la trama del Ruby-bis è fitta di coup de théâtre fin dalle sue prime scene.
Il faccendiere dei misteri
"Sono nel mezzo di un interrogatorio allucinante. Insieme a Ruby, a Lele e agli avvocati c'è anche l'emissario di lui". Quando il compagno di Karima El Mahroug, Luca Risso, scrive questo sms all'allora fidanzata Serena Facchineri lo scandalo Ruby non è ancora scoppiato.
La "macchina da guerra" però - per dirla con le parole del sostituto procuratore Ilda Boccassini - si è già messa in moto per tentare l'impresa impossibile di contenere un fiume in piena che ha quasi rotto gli argini. E così il 6 ottobre 2010 negli uffici di Lele Mora di viale Monza a Milano si tiene una riunione d'urgenza che va avanti fino a notte fonda alla quale è presente anche un misterioso "emissario", che verbalizza il racconto della giovane marocchina incalzandola con domande che riguardano i suoi rapporti personali con "il presidente".
Un emissario di chi? Di Berlusconi, secondo i magistrati che indagano. Che però non viene mai nominato, neanche nel corso dei processi. Neanche dallo stesso Lele Mora che, ovviamente, quella sera lo ha visto in faccia. Ma ne tutela l'identità .
Il mediatore siriano
Si conosce invece il nome - ma non il ruolo - dell'uomo di nazionalità siriana che nella primavera del 2011 contatta la modella marocchina Imane Fadil, una delle "pentite" del Bunga Bunga, che si dichiarerà poi parte civile e che racconterà in aula di feste e balletti a sfondo sessuale diventando una delle principali accusatrici di Emilio Fede e Lele Mora. E' la stessa Imane a rivelarlo in aula davanti ai giudici: "Quell'uomo mi disse che dovevo andare ad Arcore per avere dei soldi da Berlusconi".
Un'offerta che la bella fotomodella avrebbe gentilmente respinto al mittente, senza mai più rivedere il misterioso mediatore. Il pubblico ministero Antonio Sangermano, durante il processo, sospetta che si tratti di un appartenente ai servizi segreti. La marocchina ha la stessa sensazione, e lo conferma davanti ai giudici. Quale fosse però il reale mestiere dell'emissario siriano resta ancora oggi un mistero. Anche perché Saed Ghanaym, questo il suo nome, da allora è un fantasma.
Il pierre polacco
Ha sempre a che fare con lei, con Imane Fadil, la strana "new entry" Pawel Giowine. Origini polacche, 35 anni, professione pierre nel mondo delle serate romane, la sua testimonianza depositata in Procura irrompe con prepotenza durante l'udienza dello scorso 23 giugno. "Conosco bene Imane", si legge nella memoria, "fa parte di una quindicina di ragazze reclutate per circuire personaggi che venivano a loro indicati al fine di poterli poi successivamente ricattare".
Lo scopo della bella Fadil, secondo il polacco, era quello di arrivare a frequentare un giro di facoltosi politici che, sotto la minaccia di uno scandalo, "avrebbero pagato bene". E se Emilio Fede esulta davanti a questa testimonianza dell'ultimo minuto, che proverebbe la totale inaffidabilità della sua accusatrice, più cauti ci vanno i giudici, che hanno deciso di stralciare l'esposto dal processo valutando la possibilità di aprire un procedimento slegato dal Ruby bis.
Mentre il pubblico ministero Antonio Sangermano, dal canto suo, insinua l'ombra di un sospetto: "Non vorremmo che si aggirassero attorno a questo processo persone a libro paga e faccendieri".
Emilio Fede LELE MORA NICOLE MINETTI SU INSTAGRAMruby RUBYruby nirvana RUBY GRANDPA RUBY IN DISCOTECA BERLUSCONI TRA RUBY MINETTI PASCALE IMANE FADIL jpegIL PM ANTONIO SANGERMANO imane fadil
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