DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1. SALVATORE LUPO A RADIOANCH’IO (RADIO1): “DEPOSIZIONE INUTILE. TUTTI SAPEVANO DEL RICATTO MAFIOSO. NAPOLITANO CON QUESTA STORIA NON C’ENTRA NULLA”
radioanch'io @radioanchio
Salvatore Lupo
La sala del Bronzino, al Quirinale, dov’e? avvenuta la deposizione di Napolitano
"Dopo la deposizione di ieri non è cambiato niente. Non si hanno testi,registrazioni,informazioni dirette"
"La prima: la trattativa può esserci stata ma non è detto che sia stato un reato"
"I mafiosi sono stati i confidenti della polizia e si sono dipinti come uomini delle istituzioni"
"#Napolitano con questa storia non c'entra niente se non con le telefonate di D'Ambrosio avvenute 20 anni dopo"
2. IL BILANCIO DEL PM: CI HA CONFERMATO L’IDEA DEL RICATTO
Giovanni Bianconi per “il Corriere della Sera”
«Siamo molto soddisfatti». Dopo oltre tre ore d’interrogatorio e quaranta domande rivolte dall’accusa a un testimone d’eccezione come il presidente della Repubblica, il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi — seduto al tavolo di una trattoria romana con i colleghi Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia — tira un primo bilancio della «storica» deposizione che s’è appena conclusa.
Era proprio necessaria questa testimonianza?
«Sì, e il suo esito l’ha dimostrato. Il capo dello Stato ci ha offerto un elemento di conoscenza importante, spiegando che con le bombe del 1993 la mafia pose un aut aut alle istituzioni che secondo lui fu recepito immediatamente: o alleggerite la stretta su Cosa nostra o noi andiamo avanti con la destabilizzazione».
Quindi avrebbe confermato il ricatto allo Stato che secondo voi è il presupposto della trattativa.
«Esattamente».
Che altro è emerso di importante dalla deposizione?
«Il fatto che il presidente apprese della richiesta di Vito Ciancimino di essere ascoltato dalla commissione antimafia nel 1992; o che le voci raccolte dal Sismi su un attentato nei suoi confronti non erano del tutto inattendibili. In generale s’è trattato di una utile ricostruzione del clima in cui maturarono gli attentati mafiosi del 1993, e le ragioni che li determinarono».
Qualcuno sospettava doppi fini da parte vostra.
«Chi avanzava riserve mentali sulla nostra richiesta di testimonianza, sostenendo che era inutile o, peggio ancora, che il nostro vero obiettivo era mettere in difficoltà il capo dello Stato è stato smentito. Erano solo falsità».
Il presidente con la sua lettera alla corte di un anno fa aveva fatto intendere che probabilmente la deposizione sarebbe stata superflua.
«Oggi s’è dimostrato che non lo era, anche grazie alla disponibilità del capo dello Stato a rispondere a tutte le nostre domande, senza avvalersi delle sue prerogative costituzionali, riconoscendone l’interesse processuale. Noi non avevamo alcuna ostilità nei suoi confronti, né lui ha mostrato il minimo segno di indisponibilità nei nostri. Non ha dato alcun segnale di disturbo per la nostra iniziativa».
C’è qualcosa che resta oscuro, tra gli argomenti che avete trattato?
«Sì, ma non per volontà del testimone. Resta il mistero sul passaggio della lettera a Napolitano in cui D’Ambrosio ricorda di aver scritto delle sue preoccupazioni relative agli anni 1989-1993 nel libro di Maria Falcone, di cui in realtà in quelle pagine non c’è traccia. Lo stesso presidente Napolitano ha riconosciuto questo “buco”, e non ha saputo dare una spiegazione».
Lei ripete spesso che c’è qualcuno, anche all’interno delle istituzioni, che non vuole questo processo perché lo teme. Par di capire, da quello che sta dicendo, che Napolitano non è tra questi.
«Certamente no. Anche la deposizione di oggi conferma che il presidente non ha paura né osteggia questo processo».
Chi lo teme, allora?
«Gli imputati. E probabilmente chi è preoccupato che aprendo una pagina così oscura della nostra storia recente possano emergere atteggiamenti opachi che è meglio tenere nascosti».
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