I RICORDI DI “MARAZU”: “NATALÌ MI DISSE CHE C’ERA QUALCUNO CHE VOLEVA TENDERMI UN AGGUATO PER COLPIRMI”

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Federica Angeli per "la Repubblica"

È un uomo provato, imbarazzato, consapevole di doversi mettere di nuovo a nudo quello che, alle 9 e 28 di ieri mattina, si siede sullo scranno dei testimoni nell'aula IX del tribunale di Roma per alzarsi quasi quattro ore dopo. Piero Marrazzo, completo blu e camicia azzurra, conserva l'aplomb del politico eletto nel 2005 presidente della Regione Lazio.

Accetta la presenza dei giornalisti (ma non dei fotografi), che però, come dirà più volte nel corso dell'udienza, «sono responsabili di una campagna mediatica micidiale, molto aggressiva e diffamatoria che ha fornito spesso notizie non vere».

Davanti alla Corte, ai pubblici ministeri Rodolfo Sabelli ed Edoardo De Santis e agli avvocati della difesa, è seduto un uomo qualunque con ancora addosso il fardello della popolarità, spaventato dal dover ripercorrere quella vicenda «che mi ha cambiato per sempre la vita». «I quattro anni trascorsi sono stati molto difficili - esordisce l'ex presidente del Lazio - Mi sono separato, mi sono dimesso dall'incarico di governatore e sono tornato a "non fare" il mio lavoro».

IL BLITZ IN VIA GRADOLI
Incalzato dalla pubblica accusa, Marrazzo inizia a ricostruire quanto accaduto quella «maledetta» mattina del 3 luglio 2009, quando due carabinieri in borghese (Luciano Simeone e Carlo Tagliente, imputati insieme a due colleghi nel processo) fecero irruzione nell'appartamento della transessuale Natalì in via Gradoli. «Quel giorno ho avuto molta paura - dice - in quegli istanti mi sono reso conto di aver compiuto il più grande errore della mia vita».

Marrazzo ricorda che fu sottoposto dai due militari «a una violenza psicologica molto forte, mi sentivo sotto sequestro. Volevo uscire a tutti i costi da quella casa ma non mi fu consentito neppure di rivestirmi. Portarono Natalì sul terrazzino e me in un'altra stanza. Mi dissero che dovevo dar loro centomila euro». Li implorò di non far scoppiare uno scandalo e gli offrì quanto era nelle sue disponibilità: 20mila euro.

IL VIDEO-RICATTO
Mentre Piero Marrazzo, sorpreso in casa con Natalì, chiedeva ai suoi aguzzini di essere tutelato e messo al riparo dalla stampa, non si accorse di essere ripreso. «I carabinieri alzavano e agitavano i telefoni cellulari, ma pensavo stessero cercando il segnale. Ho scoperto solo dopo che stavano filmando tutta la scena». Una telefonata lo mise a conoscenza di quel filmato e dello scandalo che di lì a poco gli avrebbe ribaltato la vita.

TELEFONA BERLUSCONI
«Alcuni giorni dopo il blitz mi chiamò l'allora premier Silvio Berlusconi, per dirmi che un direttore del gruppo Mondadori, credo si tratti di Alfonso Signorini, aveva visto un video. Mi disse che il filmino lo aveva un'agenzia di Milano e mi diede un numero al quale telefonai successivamente. Mi rispose una donna, mi confermò di averlo. Le risposi che mi sarei attivato per mandare qualcuno di mia fiducia a vederlo. Poi, dopo forse un giorno, mi richiamò Berlusconi affermando che il video era stato sequestrato dai Ros».

I CONSIGLI DI NATALÌ
Per Marrazzo l'incursione del 3 luglio fu una doccia gelata. Tuttavia la transessuale lo aveva messo in guardia. «Natalì mi disse che c'era qualcuno che voleva tendermi un agguato per colpirmi. Al momento non diedi importanza a quelle parole, ma con il senno di poi... Quando i carabinieri si allontanarono da via Gradoli le chiesi chi fossero e lei mi disse che erano due militari cattivi che usavano ricattare le persone».

L'ex governatore ha ammesso di avere avuto «sporadici incontri, negli anni, con transessuali. Qualche volta si è consumata della cocaina che non portavo certo io». Poi, incalzato dai difensori degli imputati, ammette: «È vero, ero io stesso a chiedere di consumarne, durante gli incontri. Ma non sono mai stato un consumatore incallito». Fa una pausa. «Vi ricordo che in questo processo sono la vittima».

LA SCORTA E IL SILENZIO
Marrazzo non si sottrae a nessuna domanda. «Sì, quella mattina mi accompagnò il mio autista e gli uomini della mia scorta. Non raccontai nulla quando uscii da quella casa, né ho mai sporto denuncia. Non l'ho fatto perché pensavo a mia moglie e alle mie due figlie. Avevo paura».

L'udienza termina poco dopo le 13. Il 10 giugno sarà ascoltato Alfonso Signorini e nel processo potrebbero spuntare nuovi indagati. Si tratta di testimoni che, al termine della deposizione, sono risultati possibili complici della trappola. Ora rischiano l'incriminazione per ricettazione.

 

marrazzo e signoraPiero Marrazzobrenda_marrazzo.jpgLa casa del trans Natal in via Gradoli dove i carabinieri ripresero Marrazzo in mutande POLIZIA IN VIA GRADOLINatalie - È il trans che comparirebbe con Marrazzo nel video dell’irruzione dei carabinieri ed è colui che ha fatto il nome di Brenda, indicandolo come uno dei frequentatori dell eNATALIENatalie - trans marrazzo - foto Ferrario-GMTNatalie - trans marrazzo - foto Ferrario-GMT