1- OGNI VOLTA CHE PARTE LA CORSA AL QUIRINALE IN ITALIA SUCCEDE DI TUTTO, DI BRUTTO, DALLE STRAGE DI CAPACI E VIA D’AMELIO ALLE INTERCETTAZIONE NAPOLITANO-MANCINO 2- TRA I TANTI CANDIDATI, DA PIERFURBY CASINI A GIULIANO AMATO, ORA SBUCA IL MORTADELLA 3- UN TIPINO DOTATISSIMO DI SPIRITO VENDICATIVO È TORNATO A TURBARE I SONNI DEI NUMEROSI LEADER DEL PD CHE CON LUI HANNO CONTI IN SOSPESO DAL GENNAIO 2008, I GIORNI NON TROPPO LONTANI DELLA CADUTA: A PARTE ROSY BINDI E LETTA, PRATICAMENTE TUTTI 4- UNA CATENA DI “DELITTI” MAI DIMENTICATA CHE PRODI VUOLE CHIUDERE DAL QUIRINALE 5- “PRODI CAPO DELLO STATO COMPATIBILE SOLO CON CASINI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO” 6- ORFINI: “IL PAESE A PRODI HA GIÀ DATO TANTO, UN NOME NUOVO O BIS DI NAPOLITANO”

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Da "il Foglio"

Nessuno oggi, nel Pd, potrebbe più chiamarlo "il faraone di Bruxelles" visto che ormai si è spostato a est, in Cina. Ma come in passato, il proverbiale spirito vendicativo di Romano Prodi è tornato a turbare i sonni dei numerosi leader del Pd che con lui hanno conti in sospeso dal gennaio 2008, i giorni non troppo lontani della caduta: a parte Rosy Bindi e forse Enrico Letta, praticamente tutti.

D'Alema che sponsorizzò Veltroni e il Pd mentre il Professore agonizzava in Senato, Veltroni che accettando accelerò la fine, Franceschini che fu vice di Veltroni, Bersani che non si oppose, in una catena di "delitti" mai dimenticata da Prodi. Gli artigli prodiani, riconosciuti da qualcuno perfino nella vicinanza fisica a Nichi Vendola durante i funerali del cardinale Carlo Maria Martini, si erano già sentiti prima dell'estate: nel giorno della direzione che decise le primarie, Prodi aveva sibilato contro Bersani una di quelle battute che fanno male: "Da suicidio la spartizione sulle authority", disse colpendo duro il Pd che aveva partecipato.

Senza contare la particolare attenzione nei confronti di Matteo Renzi, rimbalzata fin dal tempo della Leopolda, segnale sinistro per i bersaniani nonostante l'immediata smentita di Sandra Zampa, fedelissima ex portavoce oggi deputato. Prima ancora del resto, Prodi aveva firmato il referendum di Parisi e Di Pietro per l'abolizione della legge elettorale attuale, poi respinto dalla Consulta.

Così quando domenica scorsa il Professore ha scritto un editoriale sul Messaggero bocciando il probabile accordo sul ritorno al proporzionale, e il Corriere ha rilevato subito la novità, al Nazareno è tornato lo stato di allerta. Un impegno sul fronte della legge elettorale, del resto, Prodi lo aveva tentato anche il 19 maggio scorso a Bologna in un convegno per il rilancio del presidenzialismo, un evento mediaticamente schiacciato dal terremoto in Emilia, ma politicamente significativo.

Perché è nel crocevia della battaglia sul sistema elettorale per il 2013, in particolare nella resistenza pro bipolarismo che l'ex premier, nonché ex presidente della Commissione europea da sempre insignito del titolo di unico candidato del centrosinistra ad aver battuto Berlusconi, gioca la possibilità di realizzare il suo obiettivo: il Quirinale. "La tempistica fa sì che le prossime elezioni siano in sostanza elezioni dirette del presidente della Repubblica", dicono nelle stanze prodiane, "le maggioranze si faranno in funzione di quella partita e così la legge elettorale".

E aggiungono che Prodi deve necessariamente muoversi fuori e contro una logica "da organigramma, del tipo se Bersani va a Palazzo Chigi Prodi non può andare al Quirinale". Altrimenti, scherzano, "uno scenario Prodi capo dello stato sarebbe compatibile solo con Casini presidente del Consiglio".

L'intero Pd è consapevole che il Professore ha intensificato le grandi manovre. Bersani ha letto in quest'ottica l'endorsement di Nichi Vendola dalla Festa di Reggio Emilia: a Matteo Renzi che gli rimproverava di aver fatto cadere con Bertinotti il governo Prodi nel complotto del '98, ha risposto che lui Prodi lo vorrebbe al Quirinale.

Ma anche le grandi lodi del Professore e del suo europeismo tessute dal sindaco di Firenze nella stessa location sono state lette come un pericoloso segnale di simpatia. "Abbiamo apprezzato che Renzi alzasse una mano controvento candidandosi alle primarie fuori dallo schema delle correnti e delle contropartite", dice Arturo Parisi al Foglio, "ora dobbiamo vedere cosa proporrà al di fuori del tema generazionale".

Anche in questo caso lo spazio di convergenza possibile è sul terreno del bipolarismo. Oggi Parisi rilancia in conferenza stampa il modello sostenuto nella campagna referendaria - maggioritario, versione Mattarellum - contro "la porcata peggiore del Porcellum", quel modello proporzionale che per ora sembra avere le maggiori chance. Renzi in questo senso avrebbe uno spazio, benedetto, sul terreno mediatico, anche da Repubblica e dal Fatto.

Nasce da queste preoccupazioni la questione se Bersani possa tenere duro sul premio di maggioranza dato alla coalizione e non al partito, come vorrebbe il Pdl. Secondo fonti attendibili sarebbe qui il possibile scambio con Prodi: la scelta di neutralità del Professore, né Bersani né Renzi alle primarie, in cambio di un sistema un po' meno proporzionale. "Bersani voterebbe pure Prodi al Quirinale dicono autorevoli dirigenti del Pd, ricordando però quanto Matteo Orfini disse al Foglio qualche mese fa: "Il paese a Prodi ha già dato tanto, serve un nome nuovo o un bis di Napolitano".

 

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