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“SE TRUMP AVESSE VOLUTO FERMARE NETANYAHU, AVREBBE POTUTO FARLO” – IAN BREMMER: “SAPEVA DA LUNEDÌ CHE QUESTI ATTACCHI SAREBBERO AVVENUTI, SENZA CONTARE CHE GLI STATI UNITI FORNISCONO ARMI, SUPPORTO MILITARE E INTELLIGENCE” – “PENSO CHE TRUMP, ALL'INIZIO DEI NEGOZIATI CON GLI IRANIANI, ABBIA ESPRESSO A ISRAELE UNA FERMA OPPOSIZIONE ALL'ATTACCO. POI SI È ANNOIATO E HA PERSO INTERESSE” – “NON FACENDO PIÙ DA GARANTI ALL’ORDINE GLOBALE, GLI USA HANNO FAVORITO IL RITORNO ALLA LEGGE DELLA GIUNGLA. NON ABBIAMO LEADER. ABBIAMO VINCITORI, E I VINCITORI IMPLICANO SEMPRE DEI PERDENTI” - VIDEO
Estratto dell’articolo di Simona Siri per “La Stampa”
«È un attacco molto più grande dell'ultimo. La portata è significativa, ma anche il tempismo è importante perché l'Iran in questo momento è molto debole» dice Ian Bremmer.
Fondatore di Eurasia Group, la principale società di consulenza mondiale sui rischi geopolitici, è l'uomo a cui tutti si rivolgono in momenti di crisi come questo […]
Come si è arrivati a questa situazione?
«Non facendo più da garanti all'ordine globale, gli Stati Uniti hanno facilitato il ritorno alla legge della giungla, dove i forti fanno ciò che vogliono e i deboli subiscono ciò che devono.
In nessun luogo questo è più chiaro che in Medio Oriente. Gli israeliani sono di gran lunga la potenza militare e tecnologica dominante della regione e questo consente loro di agire impunemente».
donald trump benjamin netanyahu foto lapresse5
Il segretario di Stato Rubio ha parlato di azione unilaterale da parte di Israele senza il coinvolgimento statunitense.
«Gli Usa non vogliono essere parte attiva di questa guerra, ma Trump sapeva da lunedì che questi attacchi sarebbero avvenuti e se avesse voluto fermarli, avrebbe potuto farlo, senza contare che gli Stati Uniti forniscono armi, supporto militare e intelligence.
C'è differenza tra non partecipare direttamente agli attacchi e esserne complici e sostenerli. In realtà, penso che Trump, all'inizio dei negoziati con gli iraniani, abbia espresso a Israele una ferma opposizione all'attacco.
Poi, visto che i negoziati si stavano trascinando e che l'accordo che poteva strappare non era quello che voleva, si è annoiato e ha perso interesse. Trump è un leader molto concentrato su ciò che accade sul momento, ma quando qualcosa non funziona, passa a quella successiva».
Non è riuscito né a convincere Putin né Netanyahu. Non un grande risultato per chi vuole essere il peacemaker mondiale.
«Putin non è stato disposto ad accettare il cessate il fuoco, ma Trump ha ottenuto tutto ciò che voleva dagli ucraini. Con i cinesi ha dovuto capitolare lui, mentre con il Messico ha ottenuto garanzie sulla sicurezza dei confini, sulle merci, sui trasporti. La lezione è che i Paesi e i leader deboli capitolano a Trump, mentre quelli che si sentono forti gli rispondono con durezza».
Quanto hanno influito i guai politici interni di Netanyahu sulla decisione di attaccare?
«È vero che è sotto pressione, ma militarmente ha ottenuto successi fenomenali.
Gli israeliani sostengono ciò che ha fatto a Hezbollah e quello che sta facendo all'Iran, a meno che l'Iran non sia in grado di colpire e terrorizzare i civili, cosa molto improbabile […]. Quando, dopo il 7 ottobre, Israele ha colpito l'Iran in due occasioni, gli iraniani non sono stati in grado di causare alcun danno. Alla fine quello che conta è lo squilibrio militare».
Operazione Rising Lion - attacco di israele all iran
Come legge la reazione degli altri Paesi?
«Francia e Germania sanno entrambi che Israele ha tutto il diritto di difendersi, i sauditi ovviamente hanno condannato gli attacchi e temono che in risposta gli iraniani impediscano al petrolio di fluire attraverso lo Stretto di Horus, il che farebbe aumentare il costo di ben oltre i cento dollari, portando a una recessione globale.
Gli Stati del Golfo vogliono dimostrare pubblicamente di voler abbassare la temperatura, ma c'è ben poco che possano o vogliano fare per intervenire concretamente.
MACERIE DOPO L ATTACCO ISRAELIANO ALL IRAN
La realtà è che la maggior parte del mondo si oppone a ciò che Israele sta facendo a Gaza e in Cisgiordania, ma non sono disposti a fare nulla al riguardo. I Paesi più ostili sono la Turchia - che potrebbe imporrebbe conseguenze economiche a Israele - e la Russia, che ha bisogno dei droni e delle capacità dell'Iran per continuare a combattere la guerra in Ucraina».
Lo scenario peggiore a questo punto?
«Uno è che gli iraniani, sotto enorme pressione e con un programma nucleare sotterraneo che gli israeliani non possono colpire, cerchino di arrivare a una bomba nucleare il più velocemente possibile.
Gli israeliani e gli americani lo scoprono e gli americani entrano direttamente nella guerra. Due, a causa dell'instabilità il regime iraniano si trasforma in un vero e proprio Saddam Hussein, con migliaia e migliaia di civili uccisi a causa della repressione».
Quello migliore?
«L'Iran non può contrattaccare, il regime si indebolisce e non è più in grado di fornire supporto alla Russia né di esportare terrorismo».
Quanto è davvero vicino l'Iran alla bomba atomica?
«Gli esperti dicono che potrebbe avere abbastanza uranio arricchito per creare una bomba entro poche settimane, ma questo non significa che possano poi trasformarlo in un'arma […]. Detto questo non bisogna sottovalutare ciò che un regime radicale è disposto a fare quando si ritrova in una situazione disperata».
Il mondo è in fiamme. Cosa servirebbe per riportare la calma? Nuovi leader?
«Non abbiamo leader. Abbiamo vincitori, e i vincitori implicano sempre dei perdenti. Implicano repressione e persone che si sentono trattate male e che, a quel punto, sono disposte a combattere».
MEME VLADIMIR PUTIN DONALD TRUMP
ILLUSTRAZIONE SU BENJAMIN NETANYAHU E MOHAMMED BIN SALMAN
ATTACCO ISRAELIANO ALL IRAN
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