DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Carlo Bertini per la Stampa
L'accusa di frenare il rientro degli alleati di Articolo 1 nel Pd, per uno come Stefano Bonaccini che proviene dal Pci e che nel 2012 era schierato con Bersani alle primarie, è poco digeribile: ma i suoi ex compagni di strada, tra le righe e nemmeno tanto tra le righe, la lanciano tra uno sfogo e l'altro.
Non tanto a lui, quanto ai suoi uomini, che fino a ieri avrebbero provato a ostacolare un accordo, poi chiuso in extremis, tra il braccio destro di Bersani, Nico Stumpo, e il braccio destro di Letta, Marco Meloni. Il quale, prima di dare il via libera all'intesa su come far confluire gli iscritti di Articolo 1 nel nuovo Pd, per poterli far partecipare a pieno titolo alle primarie, ha ricevuto un placet diretto dal governatore emiliano, il candidato più favorito nella salita al trono del Pd.
Per nulla intenzionato dunque, così garantiscono i suoi uomini, a fare la parte del guastatore di una riconciliazione annunciata.
Fatto sta che l'accordo, dopo che dirigenti a lui molto vicini avevano chiesto che gli ex compagni si iscrivessero al Pd pagando la tessera per il 2022, è stato invece chiuso in questi termini: i tesserati di Articolo 1 entro il 31 gennaio firmeranno un impegno ad iscriversi al Pd quando partirà il tesseramento 2023. E in virtù di questa promessa, potranno votare con la tessera di Articolo 1, mentre gli iscritti del Pd al 2021 devono riscriversi entro il 31 gennaio al partito, altrimenti non avranno diritto di voto. Così facendo, Bersani, Speranza e compagni acquisiscono diritto di votare nei circoli per la scrematura dei candidati da quattro a due, così come alle primarie del 26 febbraio. Nonché il diritto - ed è questo il punto sensibile - a far eleggere loro delegati nella nuova Assemblea nazionale, massimo organo dirigente del partito.
Inutile dire che questa soluzione evita un danno di immagine per Letta, lo stop alla confluenza degli ex compagni di strada. Che avrebbe potuto essere causata - non solo da un mancato accordo sulle tessere - ma anche dallo stop al varo del nuovo Manifesto dei valori, a dopo le primarie: ovvero quando ci sarà il nuovo segretario. Gli accordi iniziali, siglati dalla Direzione del 28 ottobre, stabilivano invece che la nuova carta di identità del Pd sarebbe stata stilata dal comitato degli 87 saggi in modo da offrire alla sinistra di Bersani e compagni una ragione nobile per poter rientrare in un partito rinnovato. Invece l'Assemblea nazionale del 22 gennaio varerà solo un documento di indirizzo. Toccherà al nuovo segretario sviluppare o meno il dibattito per arrivare a un nuovo Manifesto dei valori.
bonacciniPINA PICIERNO - STEFANO BONACCINI
Risultato: Pierluigi Bersani pare sia infuriato per la piega presa dalla situazione. In attesa di vedere come finirà, i compagni di Articolo 1 voteranno alle primarie, poi decideranno cosa fare. «Noi - dice Federico Fornaro, capogruppo alla Camera di Articolo 1 - vorremmo che i patti venissero rispettati. Vedremo che documento verrà votato in Assemblea e ci regoleremo. . ..». Nei prossimi giorni questi nodi politici verranno affrontati in un summit di Articolo1: alcuni dirigenti ammettono che questa situazione li mette in «forte imbarazzo». In realtà però la scelta di rinviare il varo del nuovo Manifesto dei valori, è stata accettata da tutti i candidati alle primarie: rinviare tutto a congresso concluso evita che il neo-eletto sia vincolato ad una linea politica prestabilita da altri. Magari più di radicale, come nelle intenzioni della sinistra dem. Intanto Bonaccini, forte dei sondaggi che lo vedono in testa, fa da paciere: «Guarda Enrico, farò di tutto per evitare spaccature», aveva detto l'altro sera a Letta nel pieno della temperie sulle regole e il voto on line.
ZANDA
LA TRASFORMAZIONE ESTETICA DI STEFANO BONACCINI
Giovanna Casadio per la Repubblica
Luigi Zanda, lei è uno dei fondatori del Pd, dove si litiga persino sulle primarie online, mentre continua il calo di consensi. Di cosa si è ammalato il suo partito?
«Premetto che alla vigilia delle primarie non si doveva neppure iniziare a dibattere delle modalità di voto. Il Pd ha bisogno di idee, di iniziative per rafforzarsi politicamente. Cambiare la modalità del voto incide sulla forma-partito e non è ragionevole prendere decisioni spot. Il Pd ha una malattia sottile che viene da lontano e riguarda le forze di sinistra occidentali. Soffre inoltre della sconfitta alle elezioni del 25 settembre e di una politica delle alleanze che ha prodotto il suo isolamento, oltre che della scontentezza per come sono state confezionate le liste alle elezioni».
E lei quale sentimento prova?
«Il declino del Pd mi spaventa: è un pericolo per la tenuta dell'intero sistema politico».
Però dalla "costituente" degli 87 saggi, che dovrebbero rinnovare il partito, lei si è dimesso. Perché?
«La "costituente" mi sembra sia superata. Dimettendomi credo di avere visto giusto. Non era ragionevole in poche settimane definire il futuro del Pd. Spetterà al nuovo segretario riaprire la questione della missione e della linea politica del partito. Deve farlo partendo dai problemi dell'Italia, non solo dalla guerra di Putin, dalla crisi energetica, dalle migrazioni, dai diritti e doveri. Da parte della destra di governo è in atto un tentativo di trasformare la nostra Repubblica da parlamentare in presidenziale, ma la forma della Repubblica è uno dei principi supremi su cui si regge l'intera architettura istituzionale».
E alle primarie della rinascita dem, con chi si schiera?
«Ho stima di tutti i candidati, che sono iscritti al Pd dalla sua fondazione, eccetto Elly Schlein che ha preso la tessera qualche settimana fa. Sosterrò Gianni Cuperlo, perché penso che abbia la cultura politica, l'equilibrio di giudizio necessari, oltre a una forte curiosità per i tempi nuovi. Penso che Cuperlo conosca bene la malattia di cui soffre il partito, che oggi ha una organizzazione che lo rende ingovernabile».
Il suo è un partito flagellato dalle scissioni: Rutelli, Civati, Bersani, Renzi... teme nuovi addii da parte dei riformisti se vince Schlein, dell'ala sinistra se ha la meglio Bonaccini?
«Questa volta faccio una previsione diversa: non ci saranno scissioni, perché tutti - dai candidati all'ultimo degli iscritti - sanno che le scissioni producono effetti gravi nel partito e disastrosi per chi le fa».
L'unione delle diverse culture progressiste, che è stata la scommessa del Pd, è ancora valida?
«Meloni sta cercando di omogeneizzare la destra avendo come perno Fratelli d'Italia e lei stessa come leader. Se le dovesse riuscire e producesse una destra finalmente democratica e europea, sarebbe una buona notizia. Ma il sistema non funzionerebbe se dall'altra parte, a sinistra, non ci fosse un partito che sappia fare altrettanto con la forza dell'iniziativa politica, delle proposte».
Quindi omogeneizzare il Pd con chi, con il grillino Conte e i terzopolisti Calenda e Renzi?
gianni cuperlo e andrea orlando
«Sono stanco di assistere nel Pd al balletto sulle alleanze. Il Pd deve rafforzarsi politicamente, perché se il declino dovesse continuare, non saremmo alleati di nessuno, ma gregari».
luigi zanda foto di baccoSTEFANO BONACCINISTEFANO BONACCINIluigi zanda foto di bacco
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