DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
1. LA CATTIVERIA
Da “www.forum. spinoza.it” pubblicato da il “Fatto Quotidiano”
Il senatore Lucio Barani mima un rapporto orale in aula. Si tratta di atto pubblico in luogo osceno
2. LE GIUSTIFICAZIONI INCREDIBILI DEL VERDINIANO SOCIALISTA
Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”
senatori della lega nord espongono dei cartelli in senato 1
«Non parlo, non dico niente...».
È stato un gesto osceno.
«Ma no... hanno visto male, c’è un equivoco...».
Non c’è equivoco, senatore Barani: lei ha proprio mimato quella roba lì.
«Sono stato frainteso. Erano gesti istintivi...» (il capogruppo dei verdiniani di Ala parla con voce incerta e cammina veloce, sta lasciando Palazzo Madama e ha il viso rosso come la cravatta, come il garofano da socialista che porta infilato nell’occhiello della giacca. Suda, gli occhiali sono appannati, i capelli appiccicati).
il senatore barani contestato be8f16e3811
«Ho solo rivolto la mano verso la mia bocca per invitare tutti ad ingoiarsi i fascicoli che agitavano contro il mio collega Falanga...» (spiegazioni che ripeterà anche due ore dopo, con un comunicato ufficiale).
Va via, non rientra nell’emiciclo.
Seduta sospesa.
il senatore barani contestato 908e57924c6
Due commessi alzano di peso la senatrice grillina Paola Taverna. «Ndo’ sta quello zozzone? A zozzooo! Barani sei un porco maiale zozzo!».
È stata lei, per prima, a denunciare ciò che era appena accaduto in aula. Ha preso il microfono. «Il senatore Barani ha fatto un gesto indirizzato alla collega Lezzi... Mi vergogno anche a rifarlo quel gesto...». Ma in tanti hanno visto il senatore che stava lì, in piedi, nel gruppetto dei verdiniani, con Ciro Falanga che aveva appena finito di parlare, un intervento a titolo personale, fuori protocollo, che aveva quindi fatto infuriare le opposizioni.
I verdiniani, in queste ore, sono tutti un po’ tronfi, fanno un po’ i gradassi: l’idea d’essere considerati le truppe speciali del governo, li eccita ed esalta e il loro capo, Denis Verdini, che queste cose le sa fare, le fa da anni, e sa che si fanno in silenzio, tenendo un profilo basso, è invece l’unico ad avere il broncio, a essere accigliato e infastidito.
Ma va così: e Lucio Barani era proprio lì, in mezzo al gruppetto che se la rideva delle proteste di mezza aula. Ma ridere dev’essergli sembrato poco. Così ha alzato la mano destra e ha fatto quello che ha fatto.
il ministro boschi con il capogruppo pd luigi zanda d7
«E guardava diritto nei miei occhi. Ne sono certa: ce l’aveva con me».
La senatrice del M5S Barbara Lezzi, 43 anni, al quinto mese di gravidanza, da Lecce: alta, bionda, coinvolta due anni fa in un piccolo caso di «parentopoli» grillina.
«Un gestaccio schifoso: Barani ha portato prima la mano alla bocca e poi l’ha abbassata giù.... e non solo...».
Cos’altro, senatrice?
«Rideva. Quello sfrontato, rideva».
Adesso lei...
«Adesso, niente. Deve chiedermi scusa, punto e basta. Noi stiamo qui a parlare di Costituzione, stiamo decidendo cose importanti e quello che fa? Siccome noi protestiamo, mi offende trattandomi come...».
La senatrice parla e tra i suoi colleghi maschi — di ogni partito, grillini a parte — non sono pochi quelli che hanno messo su sorrisini ironici, c’è qualcosa di sgradevole nell’aria, si ragiona tra sincera indignazione e penose allusioni.
Arriva Stefano Esposito del Pd, che due giorni fa ha bestemmiato nell’aula Giulio Cesare del Campidoglio (è anche assessore alla Mobilità del Comune di Roma) e dice che «è inaccettabile accadano certe cose nelle aule parlamentari». Riferiscono: il ministro Maria Elena Boschi è furibonda. Anna Bonfrisco, ex socialista e capogruppo di Conservatori e Riformisti (i fittiani, per capirci) conferma: «Sì, in aula ho urlato a Barani di togliersi il garofano, ché i socialisti si rivoltano nella tomba».
Cronisti volenterosi indagano sul passato di questo Barani.
Quand’era sindaco di Aulla, in Lunigiana, candidò il paesino alle Olimpiadi (al Coni pensarono bene di smentire chiamando l’Ansa), istituì un assessorato al malocchio (ti spediva da una maga in mezzo ai monti), aprì un casinò dove invece dei soldi vincevi pasta e salami: medico, votato dal 75% della popolazione, si definiva «tombeur di marmo» e «guerrigliero di Craxi».
Al leader socialista consegnò la cittadinanza onoraria di Aulla nel corso di una visita ad Hammamet: al ritorno, il prefetto di Massa Carrara fu costretto a sospenderlo dall’incarico perché non si concedono cittadinanze onorarie ai ricercati. Ai funerali di Craxi fu l’unico sindaco d’Italia presente con la fascia tricolore. Poi tornò in paese e fece erigere due monumenti: uno dedicato a «Bettino, statista esule e martire» e uno, accanto, a tutti i caduti di Tangentopoli.
Dopo essere stato anche sindaco di Villafranca, arriva alla Camera nel 2006 con un listone Dca-Nuovo Psi, poi aderisce al gruppo Dc-Nuovo Psi: quindi Berlusconi lo candida tra i suoi e lo porta qui, al Senato.
Verdini lo convince a guidare il suo nuovo gruppo perché un capogruppo, formalmente, bisogna comunque averlo: ma adesso è prudente evitare di andare da Verdini e chiedergli di Barani. Certe volte Verdini non parla, ruggisce.
Paolo Romani (capogruppo FI), saggiamente, suggerisce che alla ripresa dei lavori Barani non si faccia trovare al suo posto. La vice-presidente vicaria del Senato, Valeria Fedeli, Pd, dice che «questa storia offende anche tutti gli uomini, non solo le donne». Passa la leghista Erika Rossi e scioglie gli ultimi dubbi sul gesto di Barani: «Ha proprio fatto... prima così... e poi così... uno sporcaccione con i fiocchi». Aldo Di Biagio (Alleanza popolare): «Su... ha mimato una fellatio».
La Taverna non si da pace: «Ma hai capito quello zozzone? Ma una donna come deve sentirsi, eh? Ndo’ stai, Barani? Baraniii! A zozzo!».
Barani è andato via e spedisce un comunicato: «...Se nella concitazione del momento, certi gesti istintivi possono essere stati interpretati in maniera offensiva, mi scuso soprattutto con le colleghe che hanno avvertito tali gesti come rivolti nei loro riguardi».
Il presidente Pietro Grasso rientra in aula e annuncia che della vicenda si occuperà «l’ufficio di presidenza».
Barani rischia dal semplice richiamo all’interdizione, non superiore ai dieci giorni, dai lavori dell’aula (cioè, non rischia niente).
3. DAL CAPPIO ALLA MORTADELLA ALLE SCENEGGIATE ALLUSIVE AVANZA IL DEGRADO IN AULA
Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Tutto lascia pensare che nella piccola e grande storia parlamentare rimarrà come «il gesto di Barani». Dal cognome del suo sciagurato autore, capogruppo verdiniano a Palazzo Madama, che ieri in aula si è lasciato andare improvvisandosi aggressivo mimo ad alto impatto sessuale. Ai danni della senatrice cinquestella Barbara Lezzi.
In mancanza di adeguata documentazione fotografica d’emiciclo, sia pure con il dovuto scrupolo, ma non senza un filo di rassegnata e divertita malinconia, si rende noto al gentile pubblico degli appassionati di riforme costituzionali che il suddetto Barani, il quale anche ieri sfoggiava all’occhiello un garofano rosso, segno d’imperitura fede craxiana, ha simulato una
LUCIO BARANI CON LA MAGLIETTA JE SUIS CRAXI
fellatio .
All’inizio il presidente Grasso non se n’era accorto e per qualche secondo, mentre già i senatori e le senatrici del M5S facevano il diavolo a quattro, è rimasto lassù in cima con espressione interrogativa. Dispacci d’agenzia chiariscono che a spiegargli cosa era accaduto si è precipitato — uno a caso — il senatore Scilipoti, per giunta con la manina davanti alla bocca affinché non si potesse leggere il labiale.
La bolgia, anche abbastanza spassosa nei suoi imprevedibili momenti ridanciani, così come nell’altrettanto ricreativo impegno a procedere ai «dovuti accertamenti », è durata il tempo necessario a far riflettere sulle condizioni in cui si svolgono i lavori in seguito ai quali l’Italia non sarà più una repubblica parlamentare.
Nel frattempo la senatrice grillina Tavella, per togliere ogni alibi agli avversari, si è peritata di imitare impetuosamente l’oscena movenza del presidente dei senatori liberal- popolari e autonomisti in un clima che tiene assieme rimasugli di appartenenze ideologiche, triviali sgangheratezze e isterie di ogni ordine e grado.
Un clima invero da pazzi. A difesa di Barani — qualche anno fa entrato nelle cronache per via di una certa statua a grandezza naturale di Bettino in sahariana da lui insediata nel comune di cui era sindaco, Aulla, e che in seguito un’opposta amministrazione cercò di scambiare con quella di Manuela Arcuri — ecco, a difesa del senatore verdinian-craxiano in procinto di entrare a far parte del Partito della Nazione renziana, è intervenuto il senatore D’Anna che forse nemmeno l’ha fatto apposta, o forse sì, comunque ha evocato un «fallo di reazione».
BARANI LUCIO - copyright Pizzi
Così come, una volta offerte contorte scuse, il protagonista dell’atto performativo ha cercato di limitarne i danni dilungandosi sulla tecno-semiotica del medesimo in una dichiarazione che qui si riporta nella sua interezza, a riprova del grado di maturità anche lessicale del ceto parlamentare tra la Seconda e la Terza Repubblica: «Con la mano rivolta al mio stesso volto, invitavo quanti impedivano l’intervento del senatore Falanga ad ingoiare i fascicoli che tanto veementemente stavano sventolando».
BARANI LUCIO - copyright Pizzi
Ciò detto, la trasformazione delle aule parlamentari in curve da stadio pare definitivamente compiuta. Con tale sociologica premessa, pure documentabile attraverso il continuo ricorso a strumenti e manifestazioni legate al tifo (striscioni, colori sociali, ola e via dicendo), si può crudamente aggiungere che il sesso orale, nella sua più incomprensibile espressività offensiva, ha preso stabile dimora nelle istituzioni rappresentative — e a chi è scettico o diffida di tali risolute conclusioni si consiglia vivamente la lettura di un saggio giusto la prossima settimana in uscita per Bollati Boringhieri: « Sta’ zitta e va’ in cucina », sottotitolo, « Breve storia del maschilismo in po-litica da Togliatti a Grillo
» di Filippo Maria Battaglia.
Lì si trova, con dovizia di documentazione, il più immediato precedente, allorché nel gennaio dello scorso anno, durante schermaglie in Commissione Giustizia, il deputato grillino De Rosa si rivolse alle deputate del Pd con la frase: «Voi siete qui solo perché siete brave a fare i pompini».
Poi si scusò. Tutti d’altra parte in questo tempo di narcisismo iroso e fanatica nevrosi prima o poi si scusano, mentre quasi nessuno ci pensa prima. Per cui i pompini, per dirla rispettosamente, c’entrano fino a un certo punto.
MASSIMO DE ROSA MOVIMENTO CINQUE STELLE
Il dato spaventoso è ormai, insieme alla qualità umana che vira drammaticamente verso il buffonesco, la traiettoria che in queste follie pare di scorgere nel dibattito pubblico, in particolare il processo inarrestabile di degradazione, la rovinosa calata in basso, la deriva che schermandosi dietro insulti e oscenità sempre più spesso tradisce e insieme rivela il Falso, il Nulla e chissà quale altro grazioso regalino.
A pensarci bene, dal cappio leghista brandito a Montecitorio contro i ladri di Tangentopoli (1992) alla mortadella anti-prodiana (2008) si misurava già una parabola. Il gesto di Barani l’accentua; un po’ fa ridere, un po’ fa pensare, un po’ dà la nausea e un lieve capogiro.
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