
DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI…
1 - MA
Jena per "la Stampa" - Centouno giorni fa c'era ancora Berlusconi ma c'era pure il Pd.
2 - D'ALEMA-FRANCESCHINI MALUMORE DENTRO IL PD
Paolo Festuccia per "la Stampa"
L'altolà di Napolitano è giunto sul finire del voto in aula. Appena dopo il via libera al milleproroghe. Inaspettato, per i presenti a Montecitorio. Per questo, forse, quei richiami non sono proprio passati inosservati. In tutti i settori istituzionali e politici. Da una parte dell'emiciclo all'altra. Plaudono in molti. Altri, tanti, si domandano. Si chiedono le ragioni di quella improvvisa «missiva». Completa, chiara, con riferimenti evidenti alla recentissima pronuncia della Consulta.
Si fanno capannelli tra deputati, in sala stampa, e soprattutto si ragiona sui tempi e le modalità di quel testo: prima tra i banchi, poi in transatlantico, fino alla buvette dove si trascina la discussione più intensa. Soprattutto tra i parlamentari del Pd, tra i più attenti, primissimi ad interrogarsi su quei «paletti» messi in campo dal Colle.
Riflessioni, battute. Trapela, forse, anche qualche malumore nell'esposizione della lettura politica. Battute, naturalmente, pronunciate al momento. Tra queste non sfuggono quelle attribuite anche ad alcuni esponenti di primissimo piano del partito democratico, come Massimo D'Alema e Dario Franceschini.
Ragionano proprio su quell'«invito» fatto dal Colle a limitare l'uso eccessivo degli emendamenti ai decreti legge. Un «invito» che l'ex premier Massimo D'Alema e il capogruppo Pd, Dario Franceschini hanno commentato sinteticamente, così, «ora i decreti del governo saranno inemendabili, a cominciare dal decreto legge sulle liberalizzazioni».
Poche battute che sono state lette come «malumori», «maldipancia» all'intero dei democratici. Forse troppo. Anche se, analizza Dario Franceschini, un fatto è chiaro: «Il Capo dello Stato quando parla di uso eccessivo degli emendamenti nei decreti legge dice cose giuste, importanti, e per di più lo fa facendo riferimento alla Corte Costituzionale. Questo però non può significare che il Parlamento non possa leggere, emendare e magari correggere un testo».
Insomma, secondo il capogruppo del Pd se i decreti fossero sostanzialmente «brevi, non corposi», non ci sarebbero difficoltà perché «il Parlamento possa valutarli». Il nodo vero, dunque, è capovolgere il problema: decreti snelli, che affrontino temi singoli e non che «abbiano - insiste Franceschini - una struttura omnicompresiva».
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