DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Beatrice Montini per www.corriere.it
l omicidio dell ambasciatore russo ad ankara
«Sembrava tutto come da routine. L’inaugurazione di una mostra fotografica senza sorprese. Così quando quell’uomo in giacca e cravatta è comparso e ha tirato fuori la pistola ho pensato fosse un attore, che si trattasse di una performance». A parlare dopo l’attentato di Ankara - in cui è stato ucciso l’ambasciatore russo Andrei Karlov - è Burhan Ozbilici, fotografo dell’agenzia Associated Press che ha immortalato l’azione del killer all’interno della galleria d’arte della capitale turca. «Poi ci sono stati i colpi - ha spiegato il reporter al britannico Guardian- otto, potenti e assordanti. E si è scatenato l’inferno».
l omicidio dell ambasciatore russo ad ankara
«Mi sono nascosto e ho iniziato a scattare»
Le immagini del killer con la pistola in mano dopo l’attacco e l’uccisione dell’ambasciatore, diffuse in tempo reale dell’Ap, hanno subito fatto il giro del mondo. E sono diventati virali sul web: lo scatto che ritrae il killer con la pistola puntata in alto e il corpo dell’ambasciatore a terra al suo fianco, è stata condivisa 45mila volte. I media internazionale e i social hanno sottolineato il sangue freddo e il coraggio del fotografo autore di quegli scatti. «La gente ha iniziato a urlare, qualcuno si è nascosto dietro le colonne o sotto i tavoli, altri giacevano a terra - racconta ancora il reporter - Ho avuto paura, ero confuso, ma ha trovato una copertura parziale dietro un muro e ho fatto il mio lavoro: fotografare».
l omicidio dell ambasciatore russo ad ankara
«Ho visto un uomo morire»
Ozbilici ha raccontato che era passato all’inaugurazione della mostra (un reportage fotografico di un viaggio da Kaliningrad alla Kamchatka) praticamente per caso. Perché era sulla strada di casa, dove stava rientrando. « Prima tutto era tranquillo, l’ambasciatore parlava con amore della sua terra. Poi la raffica di spari, almeno otto, e il corpo di quell’uomo era a terra. Non vedevo sangue, credo sia stato colpito alla schiena - spiega ancora il fotografo - E Mi ho impiegato alcuni secondi per capire cosa era accaduto. Un uomo era morto di fronte a me. Avevo visto la vita andarsene davanti ai miei occhi».
«Mi sono detto: sono un giornalista, questo è il mio dovere»
l omicidio dell ambasciatore russo ad ankara
I momenti successivi agli spari, racconta ancora il reporter, sono confusi e pieni di tensione. L’uomo armato - poi identificato come il 22enne Mevlut Mert Altintas - è agitato. Urla delle frasi in arabo, cita Aleppo. Si scaglia contro alcune delle foto appese al muro, tiene ancora in mano la pistola. «ovviamente avevo paura - dice Ozbilici- Ero cosciente del pericolo che stavo correndo, quell’uomo poteva in ogni momento girarsi verso di me e fare fuoco.
Ma ho deciso di avanzare un po’ e ho continuato a fotografare quell’uomo. Pensavo: sono qui. Anche se potrei essere colpito, ferito, ucciso, io sono un giornalista. Devo fare il mio lavoro. Potrei scappare ma poi cosa potrei mai rispondere a chi mi chiede: Perché non hai scattato nemmeno una foto?».
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