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IMMUNITA’ RENZIANA - I PIDDINI DEL GOVERNO ANCHE SE INDAGATI RESTANO AL PROPRIO POSTO, PER GLI ALTRI BASTA MEZZA INCHIESTA (O UN'INTERCETTAZIONE) PER ESSERE CACCIATI VIA: LUPI, GUIDI, E LA DOPPIA MORALE DEL PREMIER-CAZZONE

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Fausto Carioti per “Libero Quotidiano

VITO DE FILIPPOVITO DE FILIPPO

 

Federica Guidi, ministro tecnico e dunque non del Pd: non indagata, ciò nonostante "convinta" a lasciare il governo il giorno stesso in cui escono le intercettazioni che la riguardano. Dalle quali in realtà, più che complice, emerge come succube del lobbista suo compagno. «Non puoi reggere», le spiega Matteo Renzi al telefono per farla dimettere.

 

Vito De Filippo, sottosegretario ed ex governatore della Basilicata, per sua fortuna dirigente del Pd, già condannato dalla Corte dei Conti, nel gennaio 2015, a risarcire 2.641 euro, ora indagato nell' inchiesta di Potenza: resta al proprio posto, nessuno nel governo e nella maggioranza ne pretende le dimissioni, tantomeno il premier nonché segretario del suo partito.

 

maurizio lupimaurizio lupi

La notizia data da Libero il 2 aprile lascia Renzi inamovibile anche dopo che ieri è stata rilanciata da Repubblica. Ma De Filippo ha quel qualcosa in più che altri non hanno. Ne sa qualcosa Maurizio Lupi, ex ministro del Nuovo Centrodestra: non indagato, lascia l' incarico nel marzo 2015, quattro giorni dopo che il gip di Firenze scrive nell' ordinanza cautelare che Stefano Perotti, imprenditore arrestato nell' inchiesta sui grandi appalti, «ha procurato degli incarichi di lavoro a Luca Lupi», figlio del ministro.

 

Anche Lupi è "invogliato" a dimettersi da Renzi e i suoi, i quali garbatamente gli spiegano che non hanno alcuna intenzione di perdere punti nei sondaggi per difenderlo. Problema che nessuno si era posto con la piddina Francesca Barracciu: entra nel governo Renzi da indagata per l' inchiesta sui fondi dei gruppi consiliari della Sardegna e ci resta sino all' ottobre del 2015, quando è rinviata a giudizio.

 

DEL BASSO DE CARO DEL BASSO DE CARO

Del resto «il governo non chiede dimissioni di ministri o sottosegretari sulla base di un avviso di garanzia», aveva spiegato Maria Elena Boschi. Che infatti quando a palazzo Chigi c' era Enrico Letta aveva chiesto le dimissioni di Annamaria Cancellieri, ministro della Giustizia, che l' avviso di garanzia non l' aveva ricevuto.

 

FRANCESCA BARRACCIUFRANCESCA BARRACCIU

Si può continuare con Antonio Gentile, alfaniano, accusato il giorno stesso della sua nomina a sottosegretario di aver fatto pressioni sul direttore e lo stampatore di un quotidiano per impedire l' uscita di un articolo che riguardava suo figlio. Nemmeno lui è indagato, ma non importa: deve dimettersi nel giro di pochi giorni e rientra nel governo dopo quasi due anni, il 28 gennaio scorso.

 

federica guidi e gianluca gemellifederica guidi e gianluca gemelli

Assieme a Gentile era entrato nell' esecutivo, sin dal primo giorno, Umberto Del Basso De Caro, sottosegretario pure lui. A differenza di Gentile è indagato per peculato, ma nessuno spinge per farlo dimettere. Infatti Del Basso De Caro quel qualcosa in più ce l' ha: è del Pd, così resta al proprio posto. E un anno dopo può godersi dalla poltrona di governo l' archiviazione della pratica e il proscioglimento dalle accuse.

 

L' eccezione è Giuseppe Castiglione, sottosegretario ed esponente del Nuovo Centrodestra, indagato dalla procura di Catania per gli appalti del Cara di Mineo. I renziani votano contro le mozioni con cui le opposizioni chiedono la testa di Castiglione, motivando la decisione col principio garantista in base al quale «la mera notizia dell' esistenza di indagini non può essere motivo di sfiducia».

SALVATORE BUZZISALVATORE BUZZI

 

Meno nobile la spiegazione data dalle opposizioni, che legano il salvataggio operato dal Pd a una frase detta pochi giorni prima da Salvatore Buzzi, ras di Mafia capitale: «Se parlo del Cara di Mineo cade il governo». Così non è difficile trovare il minimo comun denominatore tra la vicenda di De Filippo e le tante che l' hanno preceduta: Renzi usa e abusa di quello che nella politica americana si chiama double standard e che in Italia va sotto il nome meno ganzo di doppiopesismo.

 

il senatore giuseppe castiglioneil senatore giuseppe castiglione

A palazzo Chigi c' è un momento per difendere le sacrosante garanzie degli indagati di governo, quando sono del Pd, e un momento per pretendere da tutti gli altri regole più rigide di quelle previste dalla legge, che contemplano l' uscita del governo anche se non si è indagati. Come ha detto ieri Renzi, «i politici non sono tutti uguali». Frase con la quale intendeva tutt' altro, ma che riassume bene il metodo che lui stesso usa per decidere chi salvare e chi no.