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Maurizio Molinari per âLa Stampa'
Israele annulla la liberazione dell'ultimo gruppo di detenuti palestinesi, la Casa Bianca reagisce parlando di «sfida al negoziato» e Abu Mazen chiede il formale riconoscimento di Gerusalemme Est come capitale del nuovo Stato.
L'escalation di posizioni fra Israele e palestinesi è frutto di una giornata di burrascose trattative. Nella notte fra mercoledì e giovedì le due delegazioni, alla presenza dell'inviato Usa Martin Indyk, hanno duellato senza arrivare a un'intesa. Secondo una ricostruzione fatta da fonti palestinesi, appena seduti attorno al tavolo Saeb Erekat, rappresentante di Abu Mazen, ha detto di esser lì «a nome dello Stato di Palestina» e non più dell'Autorità palestinese riconosciuta da Israele. Poco dopo un altro delegato ha rimproverato a Indyk di non essere credibile perché «sempre dalla parte di Israele».
Il corto circuito è avvenuto quando Erekat ha chiesto a Tzipi Livni, negoziatrice israeliana, la liberazione dei rimanenti 26 detenuti palestinesi del gruppo di 104 concordato un anno fa. «Non possiamo farlo perché le condizioni sono cambiate» ha obiettato la Livni, riferendosi alla decisione palestinese di presentare domanda di adesione a 15 Trattati e organizzazioni dell'Onu. Alle 4,50 del mattino di giovedì le delegazioni si sono lasciate quasi senza salutarsi.
E ieri pomeriggio la contromossa di Abu Mazen è stata la presentazione di una lista di sei formali richieste a Israele, la prima delle quali è «una lettera di Benjamin Netanyahu nella quale si riconosce Gerusalemme Est come capitale della Palestina e i confini del 1967 come frontiere del nuovo Stato».
Abu Mazen chiede anche il rilascio di 1200 detenuti «inclusi Marwan Barghouti, Ahmed Saadat e Fuad Shubaki» simboli della rivolta armata, la fine del blocco di Gaza, il ritorno dei palestinesi espulsi nel 2002 dalla West Bank, il congelamento degli insediamenti. Per rendere inequivocabile il messaggio agli israeliani, Erakat ha aggiunto: «Potremmo denunciarvi per reati di guerra nei Territori Occupati».
La Casa Bianca ha reagito con forte preoccupazione. «La decisione israeliana di cancellare la liberazione dei detenuti è una sfida al negoziato» ha detto il portavoce Jay Carney mentre il Dipartimento di Stato ha precisato che «la trattativa continua». Anche se in pochi scommettono sulla possibilità di salvarla.
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