DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
1. DUE JIHADISTI “FAI DA TE”: ARRESTATI DALLA DIGOS A BRESCIA
Da “la Stampa”
Volevano colpire la base militare di Ghedi, nel Bresciano. Due uomini sono stati arrestati a Brescia con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico. Si tratta di Lassad Briki, tunisino di 35 anni anni e Muhammad Waqas, pakistano, 27 anni. Tutti e due vivono in Italia da anni e sono in regola con i documenti.
Le indagini, condotte dalla Digos di Milano insieme con la polizia postale, li inquadrano come sostenitori dello stato islamico: «svolgevano continuativa attività di istigazione pubblica in rete», dice l’accusa. Avevano attirato l’attenzione mesi fa, postando sui social media delle fotografie nei quali minacciavano di colpire obiettivi come il Duomo di Milano o il Colosseo.
«L’indagine è iniziata ad aprile di quest’anno - ha spiegato il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli -. da quando uno sconosciuto ha pubblicato molti messaggi di sostegno e pubblicità di sostegno allo stato islamico e di minaccia per i cittadini e le istituzioni italiane». Le foto avevano sempre un obiettivo sensibile sullo sfondo, e davanti un biglietto con le frasi di minaccia e chiamata a raccolta per eventuali nuovi fiancheggiatori. Gli investigatori hanno lavorato su quel materiale e sono così arrivati al tunisino. Da lì, con le intercettazioni, è stato ricostruito il rapporto con l’altro arrestato, il pakistano.
Pare avessero intenzione di partire per farsi addestrare alla guerra santa. Ma anche di colpire l’Italia. «Queste persone hanno parlato di più obiettivi - spiega Romanelli -. Non c’è mai stato un inizio di passaggio all’azione. Si parlava soprattutto di base militare di Ghedi, nel territorio bresciano. E altri possibili obiettivi, comprese le forze dell’ordine, ma in modo generico, e a danno di una società di ortofrutta, nella quale lavorava il tunisino, come addetto alle pulizie».
L’addestramento se lo stavano facendo da soli con un manuale trovato su internet: si intitola «Guida del mujahidin nei paesi occidentali» e contiene istruzioni, spiega ancora il magistrato, «sia sui comportamenti per passare inosservati sia per confezionare armi e ordigni in modo artigianali». Tra il materiale raccolto dagli investigatori anche una foto che il tunisino ha postato dalla spiaggia di Sousse, teatro dell’attentato dell’Isis il 26 giugno. Anche se si esclude tuttavia un coinvolgimento in quei fatti: Briki era andato in Tunisia a trovare i parenti per il Ramadan.
[f.pol.]
2. QUEGLI ALLENAMENTI ALLA PLAYSTATION PER COLPIRE IL DUOMO E IL COLOSSEO
Fabio Poletti per “la Stampa”
Tra i loro obiettivi c’era la Linea Verde di Manerbio, 300 dipendenti, produzione di insalate in busta e zuppe pronte. «Faccio cadere due fusti di benzina e la brucio... Poi metto la bandiera nera del Califfato». Non sarebbe stato nemmeno troppo difficile per Lassaad Briki, nato a Kairouan in Tunisia 35 anni fa.
Visto che ogni mattina alle 6 era in azienda con scopa e straccio, come dipendente della «Pulitura e Affini» di Brescia. Il progetto lo aveva spifferato al suo complice Muhammad Waqas, nato a Gujirat in Pakistan 27 anni fa. Ne avevano parlato al telefono, in perfetto italiano perchè non c’era altro modo di comunicare tra loro, giusto per rendere più facile il lavoro a chi li intercettava.
Obiettivi strategici
Resta da capire perchè fosse così strategica allo jihaad questo stabilimento muri rossi e cristalli della Bassa bresciana. Giovanni Paolo Seniga, il direttore del personale, non si capacita: «Fa impressione scoprire di essere toccati così da vicino. Ma perchè noi?». Gli agenti che li hanno tenuti sotto controllo per mesi hanno escluso contatti sospetti con gli altri 50 dipendenti extracomunitari. Certo è più comprensibile voler colpire l’aeroporto militare di Ghedi sempre nella bassa bresciana, da dove partono gli F35 per la guerra al Califfato, l’unico sito militare in Italia dove sono stoccate testate nucleari.
Anche se rimane difficile capire come potessero abbattere un aereo militare. Dai loro computer risultano ricerche forsennate su Google per studiare le strategie di attacco da terra di un caccia da combattimento. Improbabile quasi quanto l’altra operazione che i due pensavano di mettere in piedi. Il giudice milanese Elisabetta Meyer che ha firmato gli arresti la spiega in due righe: «L’ipotesi che avanza è quella di farsi concedere un mutuo per l’acquisto di una casa, con l’intenzione di non estinguere mai il debito nel preciso proposito di creare un danno all’economia italiana».
Come in un videogioco
Sognare non è vietato. Se non avessero parlato di attentati ma si fossero limitati a fare propaganda per il Califfato li avrebbero caricati su un aereo con un foglio di via. La voglia di un’azione eclatante li ha traditi. E fa niente se per addestrarsi non avevano niente di meglio che giocare ad Assassin’s creed alla Playstation. Che il gioco di ruolo sia basato sulla Terza Crociata in Terra Santa deve averli disturbati poco. Muhammad Waqas sa che alla consolle si può imparare molto: «Bisogna giocare un gioco famoso di Playstation...
Perché in futuro la guerra sarà urbana». Affiatati e isolati. Pronti a mescolarsi con gli «italiani sfigati» che vanno sempre al bar, riempiendo di acqua le bottiglie di birra per non commettere atti impuri e non dar nell’occhio. A volte non è che andassero d’accordo proprio su tutto. Quando l’amico gli propone di abbattere un caccia militare, Muhammad Waqas assicura che l’obiettivo è troppo difficile e si accontenterebbe pure di una chiesa. Lassaad Briki insiste: «Dobbiamo colpire un obiettivo dall’alto valore simbolico». E allora niente chiesa. Meglio il Colosseo, il Duomo di Milano o Expo. In rete sull’account twitter «Islamic States in Rome» insieme alla foto del Colosseo avevano messo un biglietto con scritta in arabo e in italiano: «A voi scelta di morire. Siamo tra voi. A presto l’ora X».
Salvo poi riprendere per sbaglio pure il cruscotto della propria macchina. Con uno che aveva commentato e dopo avergli augurato tutto il male possibile si era chiesto: «Ma non è che si può risalire all’auto e al suo proprietario?». Cosa che li aveva terrorizzati al punto da vendere l’auto. Ma tra quello e le tracce lasciate sul web non è stato difficile rintracciarli. Appena in tempo verrebbe da dire se è vero che Muhammad Waqas era pronto al grande salto: «Io forse aderisco all’Isis a settembre ma non prima». Cosa avesse da fare in questi mesi, gli investigatori non lo sanno ancora. Forse le vacanze.
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