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JOBS SCAZZ! LA LETTERA A "REPUBBLICA" DEGLI ESPONENTI DELLA MINORANZA DEM (DA GUERINI A PICIERNO) SEGNA UNA SPACCATURA CON LA LINEA SCHLEIN – “I QUESITI REFERENDARI SUL JOBS ACT NON DEVONO ESSERE UNA STERILE RESA DEI CONTI CON IL PASSATO”  - IL PD DI ELLY INVITA, SU SOLLECITAZIONE DELLA CGIL, A VOTARE SI’, I RIFORMISTI DEM DIFENDONO LA RIFORMA RENZIANA E ANNUNCIANO CHE NON VOTERANNO I QUESITI SUL JOBS ACT: “CIÒ CHE NON SERVE È INVECE AGITARE UN SIMULACRO FUORI DAL TEMPO, CON UN DIBATTITO CHE DISTRARRÀ L’ATTENZIONE DAI VERI PROBLEMI, OLTRE A CREARE DIVISIONI”. E LA MELONI RINGRAZIA…

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Da “la Repubblica”

lorenzo guerini foto lapresse

 

Caro direttore, l’8 e il 9 giugno saremo chiamati a votare 5 referendum. Il primo sul diritto di cittadinanza. Quattro sul lavoro, in particolare sul Jobs Act, misura introdotta dieci anni fa dal Partito Democratico e che oggi lo stesso Pd, rispondendo alla sollecitazione della Cgil, sconfessa, invitando a votare sì ai quesiti.

 

Si cancella davvero il Jobs Act?

 

No. Innanzitutto perché quella norma, che ha superato l’art.18 e introdotto il contratto “a tutele crescenti”, è già stata stravolta dalla Consulta e ritoccata dal governo Conte I.

 

Non si tornerebbe, dunque, al testo originario dello Statuto dei Lavoratori, ma alla riforma Monti-Fornero. Si riaffaccerebbe la possibilità di reintegro in caso di “manifesta insussistenza” – assai rara – e, in compenso, l’indennizzo massimo in caso di licenziamento illegittimo passerebbe dalle attuali 36 mensilità a sole 24. La verità è che la riforma del 2015 rimane l’ultimo provvedimento organico sul lavoro varato in Italia, per armonizzare la nostra disciplina a quella degli altri Paesi Ue, ispirato alle migliori esperienze giuslavoristiche delle socialdemocrazie europee.

 

schlein landini

Non sarà quindi abolita per fortuna la riforma degli ammortizzatori sociali, che con la Naspi ha aumentato al 75% dell’ultima retribuzione il trattamento ordinario di disoccupazione, ne ha portato a 24 mesi la durata massima, estendendo i benefici a tutti i lavori subordinati e coinvolgendo anche piccole imprese e apprendisti; né il trattamento di disoccupazione per i collaboratori autonomi. Non sarà abrogata la norma contro le dimissioni in bianco né quella contro le false partite Iva, utilizzata dai rider per ottenere più diritti in tribunale. Non saranno resuscitati i co.co.pro., vietati dal Jobs Act, e non sarà abolito il sistema nazionale delle politiche attive, rimasto su carta.

 

Il Jobs Act voleva combattere il precariato e superare la frattura tra lavoratori “iper-garantiti” e lavoratori “periferici” su cui tendeva a scaricarsi tutta la flessibilità richiesta dal sistema produttivo.

pina picierno elly schlein

 

L’Istat certifica che nell’ultimo decennio i licenziamenti non sono aumentati, mentre sono cresciuti i contratti a tempo indeterminato a fronte di quelli a tempo determinato.

 

Oggi le retribuzioni sono basse perché alla scarsa produttività di un tessuto economico troppo frammentato si è pensato di rimediare schiacciando il costo del lavoro.

 

Senza un sistema di formazione professionale efficace, l’occupazione è cresciuta solo in quantità, con una pesante ricaduta sugli stipendi. Per restituire dignità al lavoro servirebbero invece le politiche attive previste dal Jobs Act, e non realizzate. Un grande investimento in formazione e aggiornamento dei profili professionali. Un nuovo patto che tenga insieme innovazione, produttività, salari e una maggiore partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese.

 

Servirebbe, come chiede il Pd, la legge sul salario minimo, negata dalla destra, a tutela della fascia più bassa delle retribuzioni.

 

filippo sensi marianna madia foto di bacco

Ciò che non serve è invece agitare un simulacro fuori dal tempo, con un dibattito che distrarrà l’attenzione dai veri problemi, oltre a creare divisioni in campo progressista e sindacale (Cisl contraria, Uil per la libertà di voto).

 

Per tutte queste ragioni, l’8 e il 9 giugno andremo a votare, non solo perché è un diritto/dovere costituzionale, ma perché la partecipazione è il cuore di una democrazia. Voteremo sì al referendum sulla cittadinanza, che risponde alle attese di milioni di persone, discriminate nei loro diritti e sì al quesito sulle imprese appaltanti, in un paese con una intollerabile strage quotidiana di morti sul lavoro.

 

Ma non voteremo gli altri 3 quesiti, perché la condizione del lavoro in Italia passa dal futuro, non da una sterile resa dei conti con il passato.

 

 

 

Gli europarlamentari e parlamentari del Pd 

 

Giorgio Gori 

 

Lorenzo Guerini 

 

Marianna Madia 

 

Pina Picierno 

 

Lia Quartapelle 

elly schlein foto lapresse.

 

Filippo Sensi

marianna madia filippo sensi maria elena boschi foto di bacco (1)