DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Francesco Verderami per il Corriere della Sera
Il cartellino giallo è arrivato: la Commissione europea ha ufficializzato il «warning» sui numeri del Def a mercati chiusi, ma il governo era già stato informato del giudizio, e a fronte della bocciatura il ministro dell' Economia aveva preventivamente respinto le obiezioni di Bruxelles: «Non sono fondate».
Inizia così la sfida dei conti con l' Europa che a Palazzo Chigi avevano già messo in conto. Durante l' ultimo vertice, infatti, Di Maio e Salvini avevano concluso la riunione consapevoli della spada di Damocle che pendeva sulle loro scelte: «Il problema lo affronteremo quando arriverà». In realtà confidavano che Bruxelles volesse cogliere quel «segnale di disponibilità» al compromesso lanciato con l' abbassamento delle previsioni di deficit per il 2020 e il 2021: una mossa che era stata decisa per venire incontro alle sollecitazioni del Quirinale.
Non che i vicepremier ci facessero grande affidamento, così come molti dei ministri presenti. Si avvertiva in effetti un forte scetticismo, e c' era chi apertamente dubitava che la Commissione lo avrebbe raccolto, con l' indice puntato contro Moscovici, responsabile europeo agli Affari economici: «Lui ci ha preso di mira e ci attacca, mentre tace sul fatto che anche la Francia, anche per quest' anno, sta contravvenendo agli obiettivi fissati con l' Europa». Perciò la lettera di ieri - firmata da Moscovici insieme a Dombrovskis - appare ai maggiorenti dell' esecutivo una «decisione politica». Ecco perché il governo fa mostra al momento di non voler cambiare i «numerini».
È un braccio di ferro rischioso, in una partita drammatica. Ma le manovre sulla manovra sono già in corso, e dietro le parole di fuoco che pure ieri hanno visto come duellanti Juncker e Salvini, si intuisce il tentativo di evitare se possibile lo scontro. Gli attori della trattativa sono istituzionali e politici, e non c' è dubbio che a Palazzo Chigi il peso gravi per larga parte sulle spalle di Giorgetti. Il sottosegretario alla presidenza - che si rende conto dei problemi - può contare sul sostegno del leader del suo partito, nonostante le tensioni che si erano verificate nelle scorse settimane, quando Di Maio aveva ottenuto da Salvini l' impegno a rompere l' argine del 2% al deficit.
Ritornare indietro appare impossibile ma ci sono molti fattori che ancora possono far cambiare lo scenario. A partire dalla stesura della legge di Stabilità, che potrebbe avere un profilo diverso da quello immaginato finora. Lo si intuisce dal lavorio di Savona, protagonista anch' egli della mediazione, e che nel suo viaggio a Bruxelles aveva indicato il piano con una frase all' apparenza sibillina: «È ancora troppo presto per parlare di modifiche». Un messaggio rivolto anche verso il Colle, che è parte attiva del processo e che - pur rimanendo estraneo alle dinamiche politiche - sta offrendo il contributo necessario a trovare persino tecnicamente una soluzione.
D' altronde è un passaggio che non ha precedenti, per questo l' incontro di Mattarella con Draghi è stato interpretato dentro e fuori il Palazzo come una sorta di consulto per l' Italia. Nella maggioranza osservano le mosse del presidente della Bce, e il giudizio resta in bilico tra chi lo considera una figura istituzionale e chi lo vede come «uno a cui qualcuno vorrebbe far vestire i panni della politica». Ma per ora l' attenzione è tutta concentrata sulla manovra. E a seconda di come sarà stata scritta, Conte si potrà giocare una carta al vertice europeo, che si terrà il 17 e 18 ottobre, appena due giorni dopo la presentazione della legge di Stabilità alla Commissione.
È una coincidenza che potrebbe trasformarsi in una occasione, perché con gli altri capi di Stato e di governo il premier avrà un' opportunità per cercare un sostegno politico così da incidere sul giudizio tecnico dei commissari. Il problema è cosa accadrà di qui ad allora, quale sarà stata la reazione dei mercati. E certo non aiutano certe dichiarazione dei grillini, il modo in cui hanno di fatto mostrato anzitempo le carte, sostenendo che la manovra potrebbe essere cambiata se lo spread superasse «quota 400».
È chiaro che il Movimento sia in tensione, consapevole che il reddito di cittadinanza è l' anello di una catena che può essere modificata. Ora si capisce la reazione dei grillini l' altro ieri, quando Salvini aveva modificato al ribasso i fondi per il provvedimento: non si era sbagliato, ci aveva provato.
A dimostrazione che nulla è ancora definitivo. Ma la partita del governo inizia con un cartellino «giallo», arrivare alla fine senza beccare un «rosso» sarà un' impresa.
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