L’AFFAIRE-CAHUZAC S’INGROSSA: SARKO E LE PEN SAPEVANO DEI CONTI SVIZZERI DEL MINISTRO DI HOLLANDE?

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Alberto Mattioli per "La Stampa"

Il giorno più lungo della presidenza di François Hollande è iniziato, come tutti i mercoledì, con il Consiglio dei ministri. Ma, prima di partire per una visita di Stato in Marocco, il Président ha registrato un breve messaggio alla Nazione. Indispensabile: troppo forte lo choc sull'opinione pubblica della confessione di Jérôme Cahuzac, l'ex ministro del Bilancio che, dopo aver negato per quattro mesi, martedì ha ammesso di aver detenuto un conto in Svizzera poi spostato a Singapore. Mettendo fine alla sua carriera politica, nei guai il governo e nell'imbarazzo la presidenza «irreprensibile» promessa da Hollande.

Il Presidente ha provato a rispondere con i fatti e nel suo breve e teso discorso ha annunciato tre progetti. Primo: una riforma del Consiglio superiore della Magistratura, «per rafforzare l'indipendenza della giustizia» che in Francia è molto meno libera di quanto sia in Italia.

Secondo: una legge contro il conflitto d'interessi che preveda anche la pubblicazione del patrimonio di ministri e parlamentari. Terzo: un'altra legge che interdica da ogni incarico pubblico i politici condannati per corruzione o evasione fiscale. Il tutto nel tono solenne delle grandi occasioni, con le miserrime bugie di Cahuzac che diventano «un oltraggio alla Repubblica».

Ma è improbabile che Hollande se la cavi così. Mentre lui volava in Marocco, all'Assemblée nationale volavano gli stracci. Nel mirino dell'opposizione c'è soprattutto il ministro dell'Economia, Pierre Moscovici, superiore gerarchico di Cahuzac perché quello del Bilancio è solo un ministro «delegato». Secondo la destra, che ne chiede le dimissioni, «Mosco» ha cercato in tutti i modi di «coprire» il suo brillante secondo.

Peggio ancora, i giornali. «Le Monde», che pure non è pregiudizialmente avverso ai socialisti, riassume la questione: o Hollande e il suo primo ministro Ayrault sapevano che Cahuzac mentiva, e allora sono complici; o si sono accontentati dei suoi dinieghi senza controllare, e allora sono, a voler essere benevoli, ingenui. In entrambi i casi non ne escono benissimo.

E se la destra sarkozysta non ha forse le carte in regola per dare lezioni di morale, le estreme sono scatenate. Dalla gauche più a gauche, il tribuno della plebe Jean-Luc Mélenchon tuona contro «un mondo di bugiardi, di evasori e di cinici» e invoca «la ramazza». Da destra, Marine Le Pen chiede, nientemeno, le dimissioni del governo e nuove elezioni legislative.

E tuttavia l'«affaire» non è chiaro. Anzi, diventa sempre più misterioso, secondo la miglior tradizione dei feuilleton politico-giudiziari francesi. «Le Monde» rivela che ad aprire per Cahuzac, nel 1992, il famigerato conto all'Ubs di Ginevra, fu l'allora avvocato Philippe Péninque, ex estremista di destra oggi amico e consigliere, guarda caso, proprio di Marine Le Pen. Il quale Péninque non solo conferma, ma aggiunge anche di averne informato madame Le Pen, che ovviamente smentisce con indignazione.

Non solo. All'origine dell'inchiesta del sito Mediapart che ha messo nei guai Cahuzac c'è una misteriosa registrazione in cui l'ex ministro parla del suo conto all'estero. Il nastro è nelle mani di Michel Gonelle, rivale politico di Cahuzac a Villeneuve-sur-Lot, la cittadina di cui i due si disputavano la fascia di sindaco. Bene: monsieur Gonnelle fa sapere che sia un alto funzionario delle Dogane che i Servizi sapevano fin dal 2008 del conto di Cahuzac.

Ma all'epoca all'Eliseo c'era Sarkozy, quindi la destra sarebbe altrettanto colpevole della sinistra. Già si sente nei commenti generali la frasetta che mette i brividi alla classe politica: «Tous pourris!», tutti marci. Grillo è dietro l'angolo.

 

FRANCOIS HOLLANDE J R ME CAHUZAC marine le pen NICOLAS SARKOZY FOTOGRAFATO DA PHILIPPE WARRIN