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L’ANGELINO CUSTODE DEL GOVERNO: LA TENUTA DELL?ESECUTIVO FINO AL 2018 DIPENDE DA ALFANO (E DALLA SUA CAPACITA’ DI SOPPORTARE LE PROVOCAZIONI DI RENZI): I CENTRISTI VOTERANNO SEMPRE LA FIDUCIA PUR DI NON FAR CADERE GENTILONI –INTANTO LA LEGGE AUTUNNALE DI STABILITÀ NON SI ANNUNCIA PIÙ COME QUEL BAGNO DI SANGUE CHE IL PD POTEVA TEMERE

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Ugo Magri per la Stampa

RENZI ALFANORENZI ALFANO

 

Guai a sottovalutare Alfano. Non ha dietro un potente esercito, eppure il futuro della politica italiana dipende essenzialmente da lui. Dalla sua capacità di sopportazione. Di tenere i nervi saldi. Di incassare come un pugile, per giunta con il sorriso sulla bocca. Se Angelino saprà essere zen fino in fondo, in quel caso non vi saranno «incidenti» parlamentari, la legislatura arriverà in fondo senza strappi e voteremo nel 2018 come assicurava ieri mattina Renzi dalle colonne del «Corriere». Dipende tutto dal ministro degli Esteri, perché da adesso in avanti proprio Matteo si divertirà a metterlo in croce.

 

Non per sadismo (sebbene i due non si rivolgano più la parola, trasformando l' ex ministro Lupi nello sfogatoio di entrambi), e nemmeno con l' obiettivo di far cadere il governo per ottenere il suo vero scopo, come insinuano i più maliziosi. No: gli alfaniani sono nel mirino di Renzi perché loro stessi sanno che il Pd non può fare concessioni, d' ora in poi dovrà mostrarsi inflessibile, gli alleati di governo si troveranno con le spalle al muro. Succederà da martedì alla Camera sulla riforma penale e tra non molto in Senato sullo «ius soli».

donald trump angelino alfano donald trump angelino alfano

 

Per non essere proprio loro a provocare il patatrac, quelli di Ap dovranno ingoiare rospi giganti. Saranno disposti a subire l' onta? La risposta che si riceve è sì: «Se Gentiloni metterà la fiducia, noi voteremo in entrambi i casi senza esitazione». Non cadere nelle provocazioni Pd sarà per Alfano, dicono gli estimatori, il suo punto d' onore.

 

Tolti i centristi, chi potrebbe far cadere il governo? In teoria, i 16 senatori Mdp che ne avranno l' occasione tra pochi giorni su manovrina e «voucher». Ma pure se giocassero allo sfascio (e non è aria), difficilmente il governo finirebbe sotto. In soccorso di Gentiloni accorrerebbero a frotte. Un vecchio volpone di Palazzo Madama, Paolo Naccarato, la mette così: «Al momento non c' è nessuno in grado di sommare i numeri necessari per una mozione di sfiducia»; ancor meno sono quanti desiderano tornare ai loro vecchi mestieri senza nemmeno il vitalizio (maturerà il 15 settembre).

 

ALFANO MATTARELLAALFANO MATTARELLA

Insomma, a credere che la legislatura andrà avanti sono davvero in tanti, compresi quanti non si fidano di Renzi quando assicura: c' è ancora «quasi un anno di lavoro». Se fosse andato avanti il sistema tedesco con un larghissimo consenso nel Parlamento e nel Paese, votare il 24 settembre sarebbe stata la conclusione logica e perfino liberatoria. Ma lo strano patto tra Renzi, Berlusconi e Grillo si è rotto, così ci ritroviamo con le stesse due leggi elettorali male assortite che il Capo dello Stato aveva esortato ad «armonizzare»: un ulteriore ostacolo sulla via delle urne.

 

La finestra si chiude Nel frattempo, la legge autunnale di stabilità non si annuncia più come quel bagno di sangue che il Pd poteva temere.

Giorgio Tonini, presidente della commissione Bilancio al Senato, renziano, prevede che non sarà «niente di drammatico, perché la nostra condizione è molto migliorata», anche grazie alle negoziazioni del ministro Padoan con l' Europa.

 

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Bruxelles potrà accontentarsi di una correzione modesta, chi la voterà difficilmente potrà perdere le elezioni per averla sostenuta. Insomma, se Alfano e Bersani sapranno resistere qualche settimana, la finestra delle urne a settembre si chiuderà. Resterà aperta quella del 5 novembre, in coincidenza con le elezioni regionali siciliane. Ma a quel punto mancherà davvero poco alla fine naturale della legislatura (15 marzo): anticiparla di pochi mesi non darebbe alcun vantaggio.

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