DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
Giovanna Casadio per “la Repubblica”
Ci fu la cena all’Hotel Bernini tra Gennaro Migliore, all’epoca ancora braccio destro di Nichi Vendola, e Lorenzo Guerini, il vice segretario del Pd. Era giugno e i deputati dem erano 293, oggi sono balzati a 310. Al Senato sono saliti a 113 dagli originari 108. Più non quantificabili spostamenti nei territori. Insomma un Pd “acchiappatutto”, da Sel a Scelta civica passando per adesioni in ordine sparso.
Il partito che vuole Renzi: allargato e rafforzato, il Partito della nazione, interclassista e a vocazione maggioritaria. Fumo negli occhi per la sinistra dem, che da ieri, dopo l’approdo dei montiani (senza Monti) agita il vecchio pomo della discordia: l’Agenda Monti appunto, lo spauracchio delle politiche di rigore, dalla riforma delle pensioni di Elsa Fornero alla Troika Ue. E perciò «addio sinistra», per dirla con Stefano Fassina.
Peggio ancora è il sospetto che la voglia di allargare e soprattutto la necessità di consolidare la maggioranza al Senato così da avere i numeri per portare a casa le riforme istituzionali, porti a arruolare «Scilipoti, trasformisti, opportunisti», un danno per il Pd, un “do ut des” dai confini opachi. Massimo D’Alema in un’intervista al Messaggero mette in guardia dagli eventuali smottamenti del centrodestra, dalla transumanza di forzisti inquieti della corte di Verdini.
Mentre l’ex segretario Pier Luigi Bersani avverte: «Non che io voglia un Pd stretto, ma non deve trattarsi di spostamenti opportunistici piuttosto si spieghi il passaggio politico, non si allarga solo spostando persone». Stesso concetto rilanciato da Davide Zoggia e twittato all’indirizzo del capogruppo a Montecitorio Roberto Speranza: «Non mi convince questa migrazione in massa di Scelta civica, ci sono troppe differenze di linea politica».
«Macché, è un ritorno a casa per molti di loro», reagisce il vice segretario Guerini elencando Pietro Ichino, Linda Lanzillotta, Alessandro Maran, Gianluca Susta, Irene Tinagli, ex dem. «Il Pd è un campo democratico ampio - continua - in linea con la vocazione maggioritaria che impresse Veltroni. Gli arrivi rafforzano la sua capacità di attrazione».
Nell’ala sinistra del campo malumori e perplessità. I bersaniani sono irritati, una pattuglia di montiani erano andati via proprio dal Pd dell’ex segretario. «Un partito non è una porta girevole da cui si entra e si esce a seconda di chi vince il congresso», è stato lo sfogo di Bersani con i suoi collaboratori.
«Overbooking, posti solo in piccionaia», aveva ironizzato Vendola dopo la scissione di Sel. Ma loro, i migranti, dall’ex vendoliano Gennaro Migliore all’ex montiana Ilaria Borletti Buitoni come si accingono ad affrontare la traversata a bordo del Pd? Imbarazzati? A disagio per l’eterogenea compagnia?
Per Borletti Buitoni - sottosegretaria al Beni culturali, famiglia dell’imprenditoria lombarda che creò la Rinascente rac- contata nel libro “Cammino controcorrente” - «le scissioni di Scelta civica, quelle sì sono imbarazzanti. Per il resto l’Agenda Monti ha un’impronta riformista e le politiche di Renzi sono di un Pd che non è quello che era due anni fa. La rivoluzione politica impressa da Franceschini al ministero mi vede in assoluta sintonia».
Elisa Greco e Ilaria Borletti Buitoni
All’altro opposto, Migliore ricorda che già Renzi vantò «il Pd che va da Migliore a Romano». Ovvero da lui fino all’ex capogruppo montiano a Montecitorio. «Un Pd soggetto di governo e nel Pse. Non faccio mai scelte per le quali sentirmi in imbarazzo - precisa -Certo spero che la cultura della sinistra conti di più dentro il partito ». Ma molti timori bollono in pentola.
Fassina, che coniò lo slogan “Rottamiamo l’Agenda Monti”, ragiona: «I naufraghi cercano approdo, e questo è normale. Salgono sul Transatlantico che è il Pd. Ma questo dove va? Qual è la sua direzione?». Ricorda quando Monti faceva pressione su Bersani perché gli mettesse il silenziatore. «L’arrivo dei montiani non è la causa ma la conseguenza di uno spostamento dell’asse dem verso politiche liberiste». Sul Jobs Act ad esempio, Ichino insegna. «Siamo in un partito ormai centrista e all’orizzonte c’è il Partito della nazione», s’inalbera Pippo Civati, dissidente democratico, alla ricerca di una cosa di sinistra.
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