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DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
Barbara Palombelli per "il Foglio"
Quando il sipario e le urne si apriranno, saranno anche le assenze a pesare. La "chiama" che risuonerà i cognomi dei grandi elettori, sottolineerà un evento senza precedenti. Questa volta, a meno di sorprese dell'ultima ora, a non rispondere sarà Giulio Andreotti. L'anziano senatore a vita, classe 1919, probabilmente non parteciperà per la prima volta nella sua lunga vita parlamentare all'elezione del capo dello stato.
Non sarà candidato, non sarà elettore, non potrà scagliare le frecce della sua pattuglia di franchi tiratori - temutissima, nelle occasioni del passato - contro le vittime sacrificali e gli avversari di partito.
Si chiude un'epoca, a testimoniare la continuità con l'Assemblea costituente resterà soltanto l'arzillo Emilio Colombo, più giovane di un anno. Ritirato nella sua casa accanto al Lungotevere, a due passi da San Pietro e alle spalle delle residenza ufficiale del boia pontificio, da molti mesi il divo Giulio viene assistito dai figli e dai famigliari.
Sua moglie Livia Danese, malata da anni, lo assiste come può. Chi lo frequenta ancora parla di momenti di lucidità e momenti di assenza che si alternano nella sua mente. Delle mille battaglie, vissute con sobrietà e discrezione esemplari dalla sua intera famiglia, nelle stanze silenziose di una casa borghese come tante, non resta che un'eco vaga. Sofferenze e successi si sono abbattuti in sequenze spesso imprevedibili, ma così va il mondo, a Roma.
I suoi appunti, il suo archivio e le sue carte segrete sono affidati alla fondazione Sturzo. E non sono antiquariato, ma documenti di un'intera storia politica. Alcuni, molto attuali. Strano ma vero. Più si dichiarano rottamatori, innovatori, nuovi e supermoderni, più i debuttanti pescano nel passato remoto le soluzioni ai loro guai contemporanei. Un mese fa, ai microfoni della mia trasmissione radio, dalla voce di Miguel Gotor - neosenatore, nato nel 1971, consigliere di Pier Luigi Bersani - ho ascoltato di nuovo una formula che più andreottiana non si può.
Gotor, senza muovere un sopracciglio, proponeva "un monocolore sul modello di quello guidato nel 1976 da Giulio Andreotti", un governo che fu definito "della non sfiducia". Allora, va ricordato, la sofisticata definizione serviva a tenere tranquilli gli americani - i comunisti erano in maggioranza ma non entravano nell'esecutivo - mentre in Italia si sparava per strada e il Pci raggiungeva la Dc nei consensi elettorali.
Da allora, quasi quarant'anni dopo, nessuno aveva più osato rilanciare quell'utensile impolverato dagli anni. Evidentemente, parafrasando il capo dc, il potere logora ancora chi non ce l'ha. Per ora, dopo alcune settimane di trattative, il monocolore bersaniano è stato definito "di scopo", ma non ha trovato affezionati.
E il segretario pd appare piuttosto logorato: il vertice e la base lo assediano, ci vorrebbe un'idea nuova. Le soluzioni di un tempo nascevano da artisti dei meccanismi parlamentari, non dalle primarie o dal Web, spesso al riparo da occhi indiscreti. Andreottiani si nasce, difficile diventarlo.
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