renzi e juncker

L’EUROBATTAGLIA CONTRO MERKEL E JUNCKER SERVE A RENZI PER FRENARE L’ASCESA DI GRILLINI E LEGHISTI - A BRUXELLES L’ITALIA VIENE SEMPRE SBERTUCCIATA E DOPO GLI AFFONDI DEL BULLO TOSCANO POTREBBE SCOPPIARE UNA GUERRIGLIA POLITICO-BUROCRATICA

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Alberto Statera per “Affari & Finanza - la Repubblica”

 

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«Facite 'a faccia feroce» ordinavano i sergenti borbonici del Regno delle Due Sicilie alle reclute un po' fiacche e rincaravano: «Chiu feroce». Più o meno la stessa direttiva che, pur con fonetica toscana, Matteo Renzi ha dato ai suoi nei confronti dell' Unione Europea.

 

Ha dato il via lui stesso, quando ha punzeccchiato Angela Merkel al Consiglio dei capi di governo del 17 dicembre scorso sulla politica energetica della Germania verso la Russia, ottenendo reazioni positive di molti altri paesi. Da allora ha via via accentuato i toni con varie pubbliche intemerate piuttosto insolite nel vecchio galateo europeo.

 

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«L'Italia non andrà più a Bruxelles con il cappello in mano», ha proclamato. E poi: «Basta con l' Europa guidata da un solo partito», cioè la Cdu della Merkel, anche perché «questo Pd può guidare l'Europa». Quindi il nemico con cui duellare nel 2016, di cui il presidente del Consiglio aveva bisogno, è stato scelto: un conflitto continentale con un occhio ai fini interni elettorali volti a frenare l' ascesa nei sondaggi di grillini e leghisti.

 

La truppa si è subito adeguata al verbo muscolare del premier. Sandro Gozi, abitualmente pacato sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari Europei, ha lamentato che «finora la discrezionalità politica è andata a svantaggio nostro e a vantaggio di altri: chiediamo maggior rispetto». Appena più garbato, per il ruolo, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: «Difendere gli interessi nazionali è doveroso, tutti lo fanno. Ma rispetto ad altri il governo Renzi coltiva un' ambizione in più: contribuire al rilancio dell' Europa in un passaggio tra i più delicati della sua storia».

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A Bruxelles si sente dire «i soliti italiani» e le annunciate incursioni italiche vengono considerate alquanto velleitarie: «La flessibilità - ha detto il presidente dell' Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem - è un margine, si può usare una volta sola, non si può esagerare». E gli eurofalchi pensano che l'Italia abbia già esagerato con tutti i dossier controversi aperti: le riforme, gli investimenti, i migranti, le banche, l'Ilva, il gasdotto dalla Russia.

 

E i numeri non ci aiutano se dal 2007 al 2014 il debito pubblico italiano è schizzato dal 99,7 al 132,3. Ma le contromisure al misirizzi italiano sono già partite, come dimostra il caso di Carlo Zadra, coordinatore giuridico tra l' altro di migrazioni, giustizia, affari interni, l'unico italiano nella squadra del presidente Jean-Claude Junker. Lo ha fatto fuori senza colpo ferire il capo di gabinetto tedesco Martin Selmayr, descritto come dispotico, iracondo e potentissimo al punto di condizionare il presidente.

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Visti i precedenti, non si può escludere che il fastidio palpabile per l'irrequietezza dell'Italia sfoci in una guerriglia politico-burocratica di Bruxelles per spingerci ai margini, segnando un destino avverso per i caldi dossier aperti con l'Unione Europea e una serie di procedure d'infrazione.

 

Ma a favore di Renzi gioca in questo momento il fatto che le attuali leadership europee sono in una fase di crescente debolezza, a cominciare da quella della Merkel. Altrimenti Renzi dovrà ricorrere ancora al borbonico «facite ammuina"». Cioè «tutti chilli che stanno a prora vanno a poppa e chilli che stanno a poppa vanno a prora».