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DAGOREPORT – QUANTO DURERA' LA STRATEGIA DEL SILENZIO DI GIORGIA MELONI? SI PRESENTERÀ IN AULA PER…
Alberto Statera per “Affari & Finanza - la Repubblica”
Valeva davvero la pena di ingaggiare un tafferuglio durato mesi per imporre Federica Mogherini ad alto rappresentante della politica estera dell'Unione europea? O Matteo Renzi, come qualcuno già allora paventava, ha sbagliato obiettivo? L'occupazione tedesca quasi manu militari delle principali istituzioni comunitarie nel momento in cui si fa vitale per l'Italia l'allentamento del cieco rigore economico teutonico fa apparire quella battaglia tanto velleitaria quanto inutile, se non forse per meri motivi mediatico-propagandistici.
Tutti sanno (e sapevano) che l'alto commissario gode solo di un formale prestigio, ma nei fatti conta poco perché ogni posizione di politica estera prevede l'accordo di tutti i 28 stati membri. E Lady Pesc non batte palla su nessuno dei dossier capitali per l'Italia: il deficit, il debito pubblico, gli investimenti, l'utilizzo dei fondi comunitari. Tutto ciò è stato invece scientificamente blindato con germanica meticolosità da Angela Merkel.
Il caso Pierre Moscovici docet: il commissario francese agli Affari economici è stato a sua volta commissariato dal vicecommissario per l'euro Valdis Dombrovskis, ex primo ministro lettone e alfiere del rigore merkeliano. Per cui Moscovici, designato da Francois Hollande, ha già fatto capire che sarà costretto a sanzionare la Francia per lo sforamento del deficit annunciato da Parigi.
A parte il caso Moscovici, una mappa davvero impressionante del predominio capillare dei tedeschi nelle nuove istituzioni comunitarie è stata elaborata sul “Sole-24Ore” da Adriana Cerretelli. Se ne ricava che il nuovo quinquennio sarà ultragermanico- centrico, nonostante la faccia feroce esibita da Parigi e quella “ferocina” di Roma.
Due dei sette vicepresidenti del rigorista Jean Claude Junker, il lettone e il finlandese, sono falchi rinomati e controllano nientemeno che le politiche macro-economiche, di bilancio, sviluppo, occupazione, industria, ricerca, mercati finanziari, mercato unico, trasporti, energia e politica regionale. Tutti gli strumenti necessari per favorire la crescita o per bloccarla.
Ma, a parte gli incarichi di prima fila, che sono tanti, la mappa scende alle seconde file, che spesso detengono l'autentico potere. Nella Commissione sei capi di gabinetto e dieci vice sono tedeschi; i direttori generali sono quattro (Eurostat, Ambiente, Fondi regionali, Interni) e i vicedirettori sei (Industria, Ricerca, Bilancio, Sviluppo, Agricoltura). Nell'Europarlamento sono tedeschi i presidenti di cinque commissioni, tanto che si dice che in aula non passa foglia che la Germania non voglia.
E così via comandando, con la pianificazione accorta dell' “herrschaft”, il potere legittimo, attraverso la scelta degli uomini giusti nei posti giusti. Altro che Mogherini. E pensare che poco più di dieci anni fa la Germania fu accusata dalla Commissione europea presieduta da Romano Prodi di aver infranto i tetti imposti al deficit di bilancio dal patto di Stabilità.
Ma la procedura d'infrazione fu gentilmente bloccata e la Germania cominciò a fare le riforme strutturali richieste, che oggi le conferiscono la leadership d'Europa. Renzi, cui è dovuta ancora ogni solidarietà per la situazione in cui opera, invece di tentare la faccia feroce con la “maestrina” teutonica, tenti magari di imboccare davvero quella strada, se ne è capace.
PIERRE MOSCOVICI E MARIE CHARLINE PACQUOT jpeg
P.S. Per mesi interi Matteo Renzi ha evocato le magnifiche sorti e progressive della presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea. La detiene ormai da tre mesi, ma per la verità finora non molti se ne sono accorti.
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