“L'INSEDIAMENTO DI TRUMP ASSUME LE SEMBIANZE DEL FUNERALE DELLA DEMOCRAZIA IN AMERICA, SANCITO DA…
DAGOREPORT
A sinistra si cerca, disperatamente, un centro di gravità permanente! C’è fermento dentro e intorno al Pd dopo che il fronte centrista e cattolico si è riunito tra Milano e Orvieto. Cosa vogliono fare i demo-cristi dem: una nuova Margherita o rivitalizzare la corrente riformista all’interno del Pd?
L’idea di fondare un partito catto-progressista sembra essere stata bocciata. L’esperienza di Matteo Renzi, che come leader del Pd è arrivato al 41% e quando ha mollato il Nazareno per creare Italia Viva è sprofondato a percentuali da prefisso telefonico, consiglia prudenza. Piuttosto che creare un altro partitino destinato a sparire nella giungla centrista meglio stare dentro il Pd.
Anche nella topografia delle correnti Pd, la situazione è in evoluzione. Franceschini è stato il demiurgo che ha portato Elly Schlein sulla tolda di comando del Pd e ora è vincolato al patto con la segretaria multigender. “Base riformista” si è via via sfaldata: l’ex governatore dell’Emilia Romagna e presidente del partito, Stefano Bonaccini, è stato spedito in Europa; Lorenzo Guerini si è “rinchiuso” al Copasir, a occuparsi di servizi segreti; in trincea è rimasto solo Alessandro Alfieri. Un po’ poco per dare ossigeno alle istanze riformiste. L’obiettivo, con l’arrivo di Ernesto Maria Ruffini e dell’evergreen Paolo Gentiloni, è quello di riesumare l’anima catto-progressista nel Partito democratico.
Per costruire una alternativa al governo Meloni la sfida parte dal programma. Sanità, lavoro, occupazione. Quel vecchio volpone di Romano Prodi chiede di mettere in chiaro le priorità politiche del Pd che non possono essere solo tutela delle minoranze, temi Lgbtq+ e diritti civili anche perché la linea woke ha portato la sinistra alla sconfitta in ogni parte del mondo, a partire da Kamala Harris negli Stati uniti. L’ex premier Gentiloni ha fiutato l’importanza del tema della sicurezza su cui Salvini ha fondato il suo impero: “Sia un nostro tema, dovremmo fare il poliziotto di quartiere come Berlusconi”.
Schlein ascolta in silenzio. Di sicuro non vuole “pupari” intorno a lei e vive con insofferenza le vecchie dinamiche di corrente e i giochi di potere dei cacicchi. La segretaria, per ora, se la sente caldissima: rivendica di aver preso in eredità il Pd da quel grissino di Enrico Letta a un modesto 18% e di averlo portato al 24%.
Una posizione rinfrancata dai sondaggi. Certo, non mancano le rogne per Elly a partire dal caso-De Luca. I catto-dem hanno aperto al terzo mandato per governatori e sindaci. Si sono, infatti, resi conto che gli amministratori locali sono una risorsa per il Pd: rappresentano il partito sul territorio moltop meglio di quanto facciano i maggiorenti di Roma e, dato non trascurabile, prendono molti voti. Perché, è il ragionamento, dovremmo privarci di volti così amati dai cittadini dopo solo dieci anni? Cosa farà ora Elly: tace, acconsente o si risente? Ah, saperlo…
1 - SE PRODI E I NUOVI CENTRISTI HANNO NEL MIRINO SCHLEIN
Federico Geremicca per “la Stampa” - Estratti
Ripetono di non voler fondare un nuovo partito: tantomeno un partito cattolico. E assicurano, naturalmente, che non puntano a diventare una nuova corrente del Pd. Però chiedono – a voler sintetizzare tanto – un cambio di passo, un "riequilibrio" nei temi, nelle politiche e nella gestione del partito. E lo chiedono, se la faccenda ha un senso, soprattutto ad Elly Schlein.
Ecco, il "cuore" di questo fine settimana "centrista" – tra Milano e Orvieto, con Romano Prodi, Paolo Gentiloni, Beppe Sala ed Ernesto Maria Ruffini – rischia di esser tutto qui. Le due iniziative, naturalmente, hanno alimentato sospetti e qualche interpretazione malevola, fuori e dentro il Pd. Ma immaginiamo che gli stessi "centristi" sapessero perfettamente che sarebbe andata a finire proprio così...
Che la segretaria del Partito democratico – leader in pectore dell'intera coalizione – sia stata oggettivamente interlocutore e bersaglio di qualche polemica in entrambi i convegni, non può sorprendere: nel Pd, infatti, la "questione cattolica" è stata ciclicamente trasformata in un'arma contundente... È ipotizzabile, insomma, che qualche discussione fosse stata messa in conto. Nessuno stupore, insomma. Quel che piuttosto colpisce, sono il linguaggio, l'orizzonte e le proposte messe in qualche modo in campo tra Milano e Orvieto.
Qui bisogna esser chiari: per i democratici italiani ed i riformisti di mezzo mondo, è da anni un continuo andare controvento. Cioè navigare contro la corrente che ormai muove l'opinione pubblica e l'elettorato in ogni continente. Un capovolgimento ed una rivoluzione di valori – dal globalismo al sovranismo, con tutto quel che ha significato – che hanno spinto il progressismo in un angolo, in tutto il mondo. Un lavoro improbo. Come dopo un lungo sonno, si sono risvegliati in Paesi che faticano a riconoscere...
Tutto questo – cioè il fatto che ovunque «così vanno le cose» – naturalmente non vuol dire dover adeguarsi e aderire «al nuovo modo di pensare». Ma almeno farci i conti, sì: se non s'intende fermarsi ad un non richiesto lavoro di testimonianza. Occorrerebbe aprire una discussione (non semplice) partendo da poche cose.
La sicurezza – alcuni sindaci di sinistra lo avevano detto vent'anni fa – non è né di destra né di sinistra: è necessaria. Il leaderismo non è una parolaccia, il mondo è cambiato e Angela Merkel, Emmanuel Macron e Barack Obama sono stati leader come lo saranno Donald Trump, Javier Milei e forse la Le Pen: a contare non è più il ruolo, ma la maniera in cui lo si esercita e gli obiettivi prefissati.
ernesto maria ruffini - comunita democratica
Parlare, parlare, parlare va bene. E confrontarsi anche: ma oggi gli elettori premiano chi decide e chi si espone. Perfino chi esagera. Come Trump. O come Giorgia Meloni, che va a Mar-a-Lago a trattare per Cecilia Sala tenendo all'oscuro perfino il suo vicepremier e ministro degli Esteri.
Si può non tenerne conto?
(…) i convegnisti di Milano e di Orvieto hanno comunque battuto un colpo. Il prossimo, forse, avrà come oggetto la titolarità della leadership del centrosinistra: o meglio, il ruolo di candidato-premier. Ne seguirà una discussione ormai nota: il Pd lo rivendicherà, qualcuno proporrà delle primarie, già ma di partito o di coalizione, e aperte a chi? Film visti e rivisti: senza gran successo, fatta qualche eccezione.
ernesto maria ruffini - comunita democratica
(…) Il Pd, i Cinquestelle e il centro – nelle sue imprevedibili declinazioni – faticano e faticheranno come sempre a trovare un accordo, e la destra potrebbe nuovamente incassare e ringraziare. A meno che – e nessuno può escluderlo – qualcosa cambi. E non nei rapporti politici, ma nelle regole elettorali: una nuova legge, dichiaratamente proporzionale, ha più fan di quello che si possa immaginare...
prodi schlein ernesto maria ruffini graziano del rio - comunita democraticaernesto maria ruffini graziano del rio - comunita democraticaernesto maria ruffini graziano del rio - comunita democratica ROMANO PRODI E ELLY SCHLEIN graziano delrio saluta romano prodi foto di bacco (2)
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