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VERSO L’EURO-SFASCIO, CON OTTIMISMO - L’IDEA DELLA MERKEL DI RICONOSCERE L’EUROPA A PIÙ VELOCITÀ, DOPO LA BREXIT, FOTOGRAFA LA REALTÀ MA E’ LA FINE DEL SOGNO UNITARIO - SI PUNTERÀ SU MERCATO UNICO DELLE MERCI E TANTI ACCORDI NON OBBLIGATORI MA C’È IL RISCHIO CHE OGNUNO VADA PER LA SUA STRADA

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Danilo Taino per il “Corriere della Sera”

 

LE VARIE ALLEANZE IN EUROPALE VARIE ALLEANZE IN EUROPA

Qualcosa si muove persino in Europa. L' idea - discussa venerdì dai capi di governo della Ue al vertice di Malta - di prendere atto in un documento ufficiale della realtà di un' Unione europea a più velocità è la consapevolezza che in un mondo in disordine accelerato non si può stare fermi. La proposta, resa pubblica da Angela Merkel, è quella di introdurre nella Dichiarazione di Roma, che sarà approvata il 25 marzo dalla Ue, la prospettiva di un' Europa a 27 (senza il Regno Unito) nella quale si formino diversi club su politiche e questioni specifiche, senza bisogno che ogni Stato partecipi a tutti se i suoi cittadini non vogliono.

 

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Sembra poco, sembra qualcosa che già è nei fatti. Ma, formalizzata e resa fatto politico al summit di Roma che a fine marzo festeggerà i 60 anni di unità europea, può diventare una rivoluzione nell' essenza stessa della Ue: non più un' entità unica a 360 gradi ma un insieme di accordi, di diverse velocità, tenute unite sostanzialmente dal mercato unico delle merci (e forse dei servizi).

 

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Già oggi, i 27 avanzano a passo diverso: alcuni hanno l' unità monetaria (l' euro), altri no; alcuni fanno parte di Schengen, altri no; alcuni vogliono una Difesa europea comune, altri no. Ma formalizzare il concetto delle velocità varabili cambia l' essenza della Ue come blocco omogeneo: ogni Paese potrà scegliere. È una risposta alle tensioni esplose negli ultimi anni. E rende il gioco più duro: stare nel nocciolo avanzato dell' Europa non sarà più possibile come ambizione generica ma richiederà impegni ineludibili.

 

La proposta - ispirata da un documento dei tre Paesi del Benelux - non ha l' obiettivo di creare Paesi di serie A, molto integrati tra loro, e di serie B, alla periferia. Men che meno vuole creare divisioni all' interno dell' eurozona, che per preservare l' euro dovrà avanzare unita su riforme economiche e regole sui conti pubblici.

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E' una risposta alla Brexit, alla crisi dei profughi sulla quale la Ue è divisa, alle sfide portate dalla Casa Bianca di Donald Trump, ad esempio la messa in discussione dell' ombrello Nato che deve spingere gli europei a investire maggiormente in Difesa e Sicurezza. Nei fatti, però, se la proposta diventerà un fatto politico, nel medio periodo - la Dichiarazione di Roma ha un orizzonte decennale - si creerà una situazione di Paesi molto integrati e di altri ai margini.

 

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E per stare tra quelli integrati non basterà l'ambizione, si tratterà di agire coerentemente con gli obiettivi di ogni club: per molti Paesi, Italia compresa, una sfida complicata. La strada delle diverse velocità formalizzata a prospettiva politica e a futuro della Ue comporta dei rischi. Il terreno comune, sostanzialmente, sarà quello degli interessi più che degli ideali: il mercato unico, oggi ancora incompleto. Ci sarà chi lo ritiene un passo indietro foriero di divisioni e chi lo considera la scelta obbligata in un'Europa che dopo la Brexit e le crisi multiple di questi anni non è più in grado di tenere un passo condiviso. Se ne discute da anni, ora, la prospettiva è sul tavolo: chi vuole può correre. Ma dovrà farlo sul serio.