
DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI…
Vittorio Feltri per "Il Giornale"
Ero convinto di conoscere a fondo Silvio Berlusconi, es¬sendomi occupato di lui fin dal 1973, quando stava per ul¬timare Milano 2. Invece mi accorgo, con grande sorpresa, di non conoscer¬lo neanche superficialmente. Lo osser¬vo da lontano e ogni giorno egli mi stu¬pisce per come vive l'epilogo della sua avventura (meglio dire disavventura) parlamentare.
Non so dove trovi la for¬za per sopportare ciò che non è esage¬rato definire martirio, se si considera il modo in cui i suoi avversari, tra i quali numerosi ex amici (cortigiani, benefi-ciati), lavorano per eliminarlo: sem¬bra che godano a stringere lentamente - molto lentamente- la vite della garro¬ta.
Non si accontentano di farlo fuori; pretendono di trasformare- e ci riesco¬no- l'esecuzione in uno spettacolo del¬l'orrore. Altro che macchina del fango. Quello che usano contro di lui è un im¬ponente strumento di tortura affidato a un esercito di sadici, ciascuno dei quali svolge il suo compitino per rendere più macabro il linciag¬gio- show: comici, satirici, editorialisti di pronto intervento, politici di risulta, tifosi di alcune Procure, toghe svolaz-zanti, pidocchi, conduttori televisivi a scartamento ridotto con codazzo di ospiti a gettone.
Mentre il Cavaliere si batte e si dibat¬te per non soccombere gratis, si odono nell'arena risate, insulti da trivio, frasi d'incitamento dirette ai picadores affin¬ché sfianchino la vittima sanguinante. Già . Vittima. Come si potrebbe diversa¬mente definire un uomo che da venti-anni- venti viene scazzottato nei tribu¬nali, poi condannato, poi costretto ad ascoltare il tintinnio delle manette, a leggere articoli che raccontano di magi¬strati intenti a predisporre il suo arre¬sto, obbligato a schivare una pioggia di sputi?
Nonostante tutto, il vecchio imprenditore e leader politico ha ancora parecchi aficionados decisi a sostener¬lo a ogni costo, ma il loro sostegno (ben¬ché appassionato) e i loro applausi non possono soffocare il frastuono provoca¬to dai detrattori animati da odio feroce.
In effetti si è sempre notato che mille esagitati progressisti fanno più bacca¬no di diecimila borghesucci casa e chie¬sa, buoni tutt'al più a sfilare in proces¬sione e a salmodiare: gridare, ribaltare automobili, fracassare vetrine non è la loro specialità . Tutte cose ben note a Berlusconi che periodicamente medita di puntare sulla piazza per dimostrare quanto sia vitale il proprio popolo, ma quasi sempre vi rinuncia. L'ultima ma¬nifestazione degna di questo nome av¬venne nel 2009 a Milano in piazza Duo¬mo e chiunque ricorda quell'oggetto scagliato in faccia all'allora premier, su¬bito ricoverato all'ospedale San Raffae¬le mentre l'orda antiberlusconiana scuoteva la testa delusa dal suo manca¬to decesso.
Questo è il clima che ha accompagna¬to Silvio dalla sua «discesa in campo» (espressione logora e addirittura fasti¬diosa) a ieri sera: nessuno sarebbe stato in grado di non cedere alla tentazione di mollare tutto e ritirarsi in luoghi più ospitali del cosiddetto Bel Paese. Lui, vi¬ceversa, è rimasto lì imperterrito a rice¬vere schiaffoni su schiaffoni, aiutato dalla propria presunzione (sconfinata quanto l'intraprendenza di cui occorre dargli atto).C'è da chiedersi chi gliel'ab¬bia fatto fare. à la domanda che mi rivol¬gono ossessivamente lettori, passanti, avventori di bar, commensali, amici. Difficile dare una risposta soddisfacen¬te.
Un signore straricco e famoso, prota¬gonista dell'imprenditoria, proprieta¬rio di ville e palazzi, presidente di una società di calcio che a livello internazio¬nale s'è aggiudicata qualsiasi trofeo, non ha bisogno della politica per sentir¬si qualcuno e dare un senso all'esisten¬za.
Non vi è un solo italiano, nemmeno quelli che lo detestano e si augurano di vederlo inchiodato alla croce, che non nutra almeno una puntina d'invidia nei suoi confronti. Un sentimento, questo, tra i più stupidi in assoluto (è solo causa di sofferenza) e che però sembra essere il motore del mondo.
Per negare a Berlusconi ogni virtù, si esaltano i suoi difetti, di cui non è certo sprovvisto. Infastidiscono il suo ecces¬sivo ottimismo, l'inclinazione a scher¬zare, la propensione a sfoggiare un re¬pertorio inesauribile di barzellette, l'ostentazione della ricchezza e delle capacità di seduttore (non solamente di donne). Ingigantendo questi aspetti negativi, fatalmente si trascurano quel¬li positivi che sono sovrastanti: talento speciale per gli affari, fiuto commercia¬le straordinario, temperamento d'ac¬ciaio, intuito sopraffino, abilità organiz¬zativa.
Il Cavaliere è stato un fenomeno nel¬l'edilizia, s'è inventato la tivù privata sbaragliando la Rai e altri concorrenti senza risparmiare loro badilate sui den¬ti. In politica ha compiuto un capolavo¬ro: in tre mesi ha messo in piedi un parti¬to che ha stritolato i comunisti quando ancora erano comunistissimi. E di ciò non gli saremo mai abbastanza grati. I suoi denigratori affermano che egli sia portato a contornarsi di servi e di imbe¬cilli.
Fosse vero non sarebbe arrivato tanto in alto, posto che una persona da sola non può scalare l'Everest; fosse fal¬so, tuttavia, non si spiegherebbe il ruz¬zolone che lo ha fatto precipitare dove adesso sta, nei paraggi della galera. Un bel dilemma. Forse la verità è nel mez¬zo: anche lui, per quanto dotato d'intel¬ligenza manovriera, ha commesso de¬gli errori che offuscano le mirabili ope¬re realizzate in anni e anni di duro lavo¬ro.
Ora paga un dazio sproporzionato al¬le sue eventuali colpe, tutte da dimo¬strare. L'unica certezza è la seguente: il Cavaliere ha rotto le uova nel paniere ai partiti superstiti della Prima Repubbli¬ca, impedendo loro di conquistare sta¬bilmente il potere. Questo non glielo hanno mai perdonato. La guerra contro l'intruso scoppiò subito dopo il succes¬so elettorale di Forza Italia, nel marzo 1994.
La sinistra cercò immediatamen¬te di delegittimarlo col conflitto di inte¬ressi (ancora irrisolto), poi lo irrise, quindi lo trasformò in bersaglio fisso. Quello che egli ha subìto è stato un bom¬bardamento cui non si può dire non ab¬biano partecipato vari Pm. à stata la ri¬cerca disperata di un motivo per elimi¬nare il politico improvvisato, e baciato dal successo, che prima o poi non pote¬va portare ad altro risultato se non a quello di ieri: l'espulsione del Nemico al termine di un rito disgustosamente ammantato di legalità formale.
Anche chi ha ragione, ha sempre qual¬che torto nel sacco: ecco, si è tenuto con¬to soltanto del torto, sorvolando sulle esigenze della giustizia sostanziale. Sia¬mo allo scempio. Alla vergogna di un Pa¬ese che, unico nell'Occidente, fa secco il capo dell'opposizione azionando la leva giudiziaria - in puro stile sovietico ¬anziché tentare di superarlo nelle urne. Ma la partita non finisce qui. Ci avvia¬mo v¬erso i tempi supplementari che ga-rantiscono nuove polemiche e altri col¬pi di scena. Dal male e dalle iniquità na¬sceranno altro male e altre iniquità .
Berlusconi non è un fantasma, ma un uomo in carne e ossa, non ancora do¬mo, e la sua presenza peserà nei prossi¬mi mesi sui destini italiani. I cittadini so¬no arcistufi di questo osceno tormento¬ne; quando si tratterà di votare, non di¬menticheranno quanto di sporco è ac¬caduto e metteranno in pratica un pro¬verbio riveduto e corretto: il miglior per¬dono è la vendetta. Un Berlusconi marti¬re e liquidato come un criminale minac¬cia di diventare assai pericoloso per la sinistra, fornendo a Forza Italia il carbu¬rante di consensi per trionfare alle ele¬zioni.
Non s'illudano gli aguzzini - e i loro mandanti - di farla franca. Uccidere un nemico che ha tanti amici significa ri¬schiare il peggio: di inasprire la batta¬glia e magari perderla.
PS: Questo articolo non è un cocco¬drillo, ma il preambolo di una nuova vi¬cenda che avrà quale protagonista an¬cora Berlusconi. Il quale, se lo chiudes¬sero in prigione, farebbe la campagna elettorale più travolgente della sua car¬riera.
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