DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
1. ATTACCO AL WEB DELLA COREA DEL NORD
Alberto Flores d’Arcais per “la Repubblica”
Il regime di Pyongyang aveva lanciato da poche ore nuove apocalittiche minacce («colpiremo in modo mille volte più letale, a iniziare dalla Casa Bianca e dal Pentagono») quando la Corea del Nord ha subito un devastante cyber-attacco.
L’intera rete del Paese è stata messa completamente fuori uso, nessuno è più in grado di connettersi a Internet. La Casa Bianca non commenta, il Dipartimento di Stato si limita a poche sibilline (ma significative parole): «La rappresaglia a volte si può vedere, a volte no». Sul fronte Sony è solo questione di giorni, prima o poi “The Interview” potremo vederlo tutti quanti. Il film che ha dato il via alla prima cyberguerra dichiarata, potrebbe arrivare sugli schermi - quelli dei nostri computer - già per Natale.
Che sia un «regalo per tutti gli utenti del web» (questa è la promessa di Anonymous, il gruppo di “hacktivists” più famoso di Internet), un ripensamento della Sony (come ha annunciato il legale della major cinematografica colpita dall’attacco alla Nbc) o qualche “cyber-soffiata” dell’intelligence, non ha poi molta importanza. Il risultato finale sarà lo stesso, uno smacco per il regime di Pyongyang e per il suo satrapo Kim Jongun, involontario co-protagonista della pellicola satirica.
A conti fatti il cyber-attacco si sta rivelando un bel boomerang per i suoi autori. Se il primo round era stato stravinto dai nord-coreani - basti pensare al danno economico (quantificato in mezzo miliardo di dollari) e a quello “morale”, con la diffusione delle email riservate in cui i vertici della major di Hollywood sfottevano attori e attrici di grido, registi affermati e lo stesso presidente Obama - alla fine Kim Jong-un potrebbe ritrovarsi ko. Pechino ieri ha condannato il «cyber-terrorismo» e pur evitando di nominare direttamente la Corea del Nord ha fatto capire ai vicini che adesso non si scherza più.
Una presa di posizione netta («la Cina si oppone al cyber-terrorismo in tutte le sue forme»), avvenuta dopo una lunga telefonata tra Kerry e il suo omologo cinese Wang Yi e dopo che anche la Corea del Sud aveva deciso di prepararsi alla cyber-guerra contro i cugini del Nord.
La Corea del Nord è riuscita sì a bloccare l’uscita di The Interview nelle sale americane (facendo leva sulla paura degli esercenti) ma pagando un caro prezzo: il film ha avuto una pubblicità (gratuita) a livello planetario, è pronto ad invadere tutte le piattaforme mediatiche e sarà visibile in paesi dove non sarebbe mai stato nemmeno distribuito.
Compresa la Corea del Nord, visto che la cyber-intelligence Usa sembra abbia già pronto un piano per “paracadutare” nel Paese il film proibito attraverso canali clandestini. E la rappresaglia di ieri, come le minacce di Obama divenute realtà, dimostrano che la Casa Bianca vuole andare fino in fondo.
Che il regime di Pyongyang sia in grande difficoltà lo dimostra anche quanto accaduto ieri alle Nazioni Unite. La Corea del Nord non si è presentata al Consiglio di Sicurezza dove il paese asiatico è sotto accusa per crimini «efferati e molteplici» contro l’umanità.
2. OLTRE L’ULTIMO MURO: UN ESERCITO DI HACKER ALL’OMBRA DELLA CINA
Giampaolo Visetti per “la Repubblica”
Incrinato quello tra Cuba e gli Usa, l’ultimo Muro del Novecento intatto corre per 248 chilometri lungo il 38° parallelo, tra il Mar Giallo e quello del Giappone. Non divide solo le due Coree, le democrazie occidentali e gli autoritarismi asiatici: isola oggi il solo popolo rimasto diviso con la forza e circoscrive l’unico regime che nessuna super-potenza, a 62 anni dall’armistizio che pose fine al massacro di oltre un milione di ragazzi-soldati, è in grado di attaccare.
L’irraggiungibile Pyongyang, capitale-bunker della sola dinastia ereditaria comunista sopravvissuta al 1989, è un mistero sul fondo di un infinito buco nero. I servizi segreti di Seul e di Tokyo la descrivono sull’orlo della cataporanea umanitaria, prossima al fallimento economico, martoriata da una popolazione alla fame e dalla tragedia dei campi di concentramento, scossa da una leadership in balìa dei generali e delle faide famigliari.
I rapporti militari lanciano invece l’allarme sulla ripresa della sua corsa atomica, rivelano ripetuti test di missili di ultima generazione e descrivono movimenti di truppe forti di un milione di effettivi e di altrettanti riservisti: ma soprattutto denunciano la costruzione della più avanzata armata contemge di cyber-terroristi di Stato.
Come può, si è chiesta la Cia nelle ultime ore, un Paese fallito, prostrato dalle sanzioni Onu e dipendente dalle forniture alimentari di Pechino e di Mosca, esibire all’improvviso arsenali, eserciti e capacità tecnologiche da super-potenza economica, militare e della ricerca?
È questo l’incubo globale ridestato dall’attacco-hacker contro la Sony Pictures, che ha suggerito a Washington e a Hollywood il clamoroso stop alla distribuzione del film “The Interview”: non il pericolo di un salto di qualità delle nuove guerre elettroniche, ma la scoperta che la dittatura- farsa della famiglia Kim, cela potenzialità distruttive che solo interessi e complicità governative al massimo livello possono giustificare.
Si scrive Corea del Nord ma si legge ancora Cina e Russia: la vera ragione che ha consigliato alla Casa Bianca di ridimensionare ufficialmente l’attacco anti-Sony, cercando prima di capire se i guerrieri della Rete non siano mercenari del Nord con obbiettivi assai diversi dal boicottaggio dei cinema Usa. Ieri la Cina ha garantito la propria opposizione «ai cyber-attacchi e al cyber-terrorismo in tutte le sue forme».
kim jong un obama harry potter
Il Quotidiano del popolo ha posto, però, la domanda che le diplomazie occidentali solo sussurravano: «Cosa sarebbe successo se una compagnia cinematografica nordcoreana avesse girato un film in cui due spie di Pyongyang assassinano il presidente Barack Obama? E cosa distingue le nuove forme di attentato a democrazia e business, dai rinnovati condizionamenti delle contrapposte propagande?».
La risposta è il macabro palcoscenico montato a nord del 38° parallelo, surrogato mai combattuto della terza guerra mondiale che anche Papa Francesco sogna di riunire in un «solo popolo di fratelli». E il salto di qualità, rispetto al cambio di regime nel 2012, appare già abissale. Sotto Kim Jong-il, l’attenzione era concentrata sui depositi delle testate atomiche e sui laboratori sotterranei in cui gli scienziati comunisti lavorano all’arricchimento dell’uranio.
Con l’ascesa del figlio Kim Jongun si è spostata sugli uffici in cui gli ingegneri elettronici della dittatura affinano i virus e le chiavi-web capaci di infettare e di violare i sistemi di multinazionali e Stati. Il caso Sony, con la ridicola umiliazione del leader-dio, ha fatto saltare i nervi a Pyongyang. A Tokyo e a Seul, a differenza che a New York, l’allarme suona però non per il ringhio di Kim, ma per l’agghiacciante squarcio di luce che da fine novembre s’è acceso sulla potenza del suo cyber-apparato bellico.
La retorica storica sul massacro coreano della Guerra Fredda, tra il 1950 e il 1953, finisce in soffitta assieme ai fili spinati della “zona demilitarizzata” di Panmunjeom e ai cecchini del Nord e del Sud, che ancora si fronteggiano dalle torrette del confine più esplosivo e imbalsamato del Duemila. Il misterioso ricatto che paralizza Sony Pictures, senza che nessuno sia in grado di far cadere la maschera ai terroristi online, ridisegna infatti il profilo del “regno eremita” e ridefinisce la definizione di “guerra informatica”, spostandola dalle infrastrutture vitali di un Paese agli interessi essenziali del suo apparato industriale e commerciale.
«Pyongyang ha capito — dice lo storico Hyung Gu Lynn — che colpire l’economia oggi miete più vittime che destabilizzare la politica. Un gruppo di hacker, per il capitalismo, è più devastante di una testata atomica e chi assedia il web bombarda il pianeta». Con un particolare che toglie il sonno a sistemi di difesa convenzionali improvvisamente invecchiati: delocalizzare squadre di cybersoldati dal colletto bianco è meno impresentabile che fornire missili a Paesi alleati e allestire elettroniche per attacchi altrui impedisce di identificare i nemici.
Il nuovo “scenario coreano”, in cui il “museo del Novecento sospeso” proietta la sua ombra sul presente, è dunque quello di un iper-tecnologico regime in affitto, pronto a scatenarsi contro gli avversari di chi lo sostiene, in cambio della sopravvivenza del suo leader. Hacker per conto terzi pur di concedere ai Kim di calcare la scena fino a quando servirà. Pechino e Mosca offrono così collaborazione a Washington contro «un conflitto devastante che può far implodere la rivoluzione digitale »: è questa esibita disponibilità ad alzare ancora di più l’ultimo cyber-Muro del Duemila, che divide Pyongyang anche dalla possibilità estrema di ipotizzare un futuro.
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT - A RACCONTARLO NON CI SI CREDE. RISULTATO DEL PRIMO GIORNO DI OPS DEL MONTE DEI PASCHI…
DAGOREPORT - FRANCESCHINI, IL SOLITO “GIUDA” TRADITORE! SENTENDOSI MESSO DA PARTE DALLA SUA…
DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…