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Roberto Bagnoli per "Il Corriere della Sera"
Pressing di Palazzo Chigi sul nuovo management delle società controllate dal Tesoro per avviare una possibile uscita da Confindustria, sulla scia della Fiat di Sergio Marchionne. La questione non è nuova, ma carsicamente riaffiora, soprattutto quando i rapporti tra governo e viale Astronomia si fanno tesi. In ballo ci sono oltre 25 milioni di euro all’anno versati come contributi da Eni, Enel, Poste, Finmeccanica e Ferrovie. Se ne parlò ai tempi degli scontri tra i past president di Confindustria Luca di Montezemolo ed Emma Marcegaglia e gli esecutivi di Silvio Berlusconi e Mario Monti.
Il 3 ottobre del 2011, il «numero uno» del Lingotto e prima azienda privata del Paese, decise platealmente di lasciare l’associazione, anche se non le territoriali, con la motivazione che ormai gli interessi strategici del gruppo erano fuori dai confini nazionali.
La questione sarebbe riemersa nei giorni scorsi, forse non per caso in occasione degli ultimi viaggi internazionali di Renzi negli Usa, dove ha incontrato Marchionne, e a Londra. Lì il premier si sarebbe rivolto ai «numeri uno» delle partecipate del Tesoro dicendo: «Perché non fate come Marchionne che è uscito da Confindustria?».
Non è un mistero che i rapporti tra il premier e viale Astronomia si sono incrinati quasi subito, quando ha ricevuto il rifiuto da parte del direttore generale di Confindustria Marcella Panucci (concordato con il presidente Giorgio Squinzi) ad assumere il ruolo di ministro dello Sviluppo economico andato poi all’ex confindustriale Federica Guidi. I motivi di scontro si sono moltiplicati. Dall’altra parte si è consolidato un inaspettato feeling con Marchionne, concretizzatosi pragmaticamente nei giorni scorsi con l’appoggio del supermanager Fca all’idea del governo di monetizzare parte del Tfr nella busta paga dei lavoratori, mentre Confindustria frenava preoccupata dai maggiori costi di finanziamento per le piccole e medie aziende. A questo va aggiunto anche il tiepido appoggio al superamento dell’articolo 18.
Il manager più sensibile alla richiesta di Renzi di lasciare Confindustria sembra sia il «numero uno» di Finmeccanica Mauro Moretti, che già ai tempi delle Ferrovie aveva mostrato una certa insofferenza alle liturgie confindustriali. Nel suo staff non si fa mistero che è in corso un ripensamento. Alle Poste guidate da Francesco Caio si precisa che il tema dell’uscita non è all’ordine del giorno ma si ammette che progetti e obiettivi relativi alla partecipazione in Confindustria vanno rivisti.
Più complicata e imbarazzante la situazione per Enel ed Eni. Il gruppo elettrico fino a maggio scorso è stato guidato dall’ex vicepresidente di Confindustria, Fulvio Conti, mentre l’attuale presidente della holding petrolifera è l’ex leader degli imprenditori Emma Marcegaglia, che non vorrebbe di sicuro passare alla storia come colei che ha fatto uscire l’Eni da viale Astronomia.
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