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DAGOREPORT - GIORGIA MELONI SOGNA IL FILOTTO ELETTORALE PORTANDO IL PAESE A ELEZIONI ANTICIPATE?…
Giuseppe Salvaggiulo per "La Stampa"
«Dies Iren», il titolo con gioco di parole è tutto un programma. Ira, giorno del giudizio, buoni da salvare e cattivi condannati al fuoco eterno, requiem per partiti come il Pd, «da quotare in Borsa» perché agisce «come una Spa».
Di fronte alla prima difficoltà del movimento politico che ha fondato e della giunta targata 5 Stelle, domani Beppe Grillo torna a Parma, «la nostra Stalingrado» espugnata quattro mesi fa. Quattro ore in piazza a parlare di rifiuti e società pubbliche di gestione dei servizi locali (come Iren), «un apparato di riciclati della politica». Di fatto, è già campagna elettorale: contro inceneritori, partiti onnivori e affaristi, banche, business sui beni comuni. Contro «il sistema». «L'obiettivo è trasformare questa vicenda in una questione nazionale», raccontano il sindaco Federico Pizzarotti e l'assessore all'Ambiente, Gabriele Folli.
La decennale faccenda del termovalorizzatore di Parma è emblematica e ingarbugliata. Previsto da Provincia e Comuni, viene affidato senza gara a Iren, società multiservizi quotata in Borsa, controllata dai Comuni di Torino e Genova, con quelli emiliani (Parma compresa) in minoranza e Intesa San Paolo tra i soci privati. Iren (3 miliardi di debiti su 3,5 di fatturato) ottiene dalle banche 192 milioni per costruirlo con tecnologie avanzate, in grado di fornire energia e acqua calda a decine di migliaia di famiglie, e compensazioni ambientali.
Nel 2010, quando dal cantiere spunta il camino di 70 metri, cominciano i problemi. Nascono comitati di protesta su salute e ambiente. La giunta Pdl, inizialmente favorevole, ferma i lavori, perde al Tar e si vede chiedere 28 milioni di euro di danni da Iren. Dodici esposti attivano la Procura. Il Pdl crolla sotto gli scandali giudiziari, alle elezioni Pizzarotti, alla guida del fronte no-inceneritore, travolge il Pd, sponsor dell'opera. In estate la Procura chiede il sequestro del cantiere, contestando a tredici indagati (ex amministratori pubblici e manager di Iren) abuso edilizio e abuso d'ufficio. Tre giorni fa la decisione del gip: c'è solo abuso di ufficio (appalti senza gara), non quello edilizio né l'esigenza di sequestrare. I lavori proseguono.
Iren e i sostenitori dell'impianto esultano. A dicembre sarà acceso per bruciare i rifiuti di tutta la provincia, 130 mila tonnellate l'anno, di cui quasi la metà di Parma, con relativi incassi. Secondo Iren, il Comune è obbligato a portare l'immondizia lì: è tardi per tirarsi indietro. Ma i grillini, dopo l'iniziale depressione per la decisione del gip, rilanciano: mai i rifiuti nell'inceneritore, piuttosto all'estero, come ha fatto Napoli. «Andiamo avanti - dice Pizzarotti -. Noi siamo appena arrivati e non l'avremmo mai fatto costruire. Anche perché il risparmio promesso non ci sarà . Anzi, dovremmo pagare a Iren una tariffa superiore a quella che spenderemmo per portare i rifiuti in Olanda. A me stanno a cuore anche i bimbi olandesi, vorrei che gli inceneritori chiudessero tutti perché nocivi e tecnologicamente superati, ma il fatto che ce ne siano già tanti non è un buon motivo per farne un altro. Soprattutto in Emilia, dove ne funzionano otto quando ne basterebbero due».
Che fare? Pizzarotti ha arruolato alcuni dei più preparati esperti da tutta Italia: Raphael Rossi, ingaggiato e poi scaricato da De Magistris; Paolo Rabitti, consulente della Procura di Napoli nel processo a Bassolino; Walter Ganapini, uomo di tutte le emergenze, assessore a Milano (con Formentini) e in Campania (con Bassolino) quando erano sommerse di rifiuti. Rabitti ha passato l'estate a spulciare leggi e contratti. Dalla montagna di carte ha estratto un cavillo contro Iren: il contratto non scadrebbe nel 2014, come previsto, ma tra due settimane. Liberi tutti. Iren la pensa diversamente, e chiede il rispetto delle decisioni prese negli anni, anche dal Comune di Parma. Poi Pizzarotti ha messo le mani nel bilancio di Iren, chiedendo conto di 700 mila euro di spese di comunicazione.
Guerra su tutti i fronti per bloccare l'inceneritore. E «smontare il sistema politico-finanziario» di cui fa parte. Per Iren sarebbe un danno finanziario enorme, per i partiti un tarlo micidiale. Ma l'ardore grillino si scontra con la realtà di un Comune solitario in una regione dominata dal Pd con il Pdl consenziente. Mentre in città i grillini avvertono un certo isolamento e denunciano «l'ostilità dei poteri forti». Ma se mollassero ora, sarebbero finiti. «Per noi è un bivio cruciale, ci giochiamo tutto», sospira il capogruppo Marco Bosi. E Grillo arriva in soccorso, nel giorno del giudizio.
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