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Carlo Di Foggia per “Il Fatto Quotidiano”
Lo scontro per la guida dell'Istat si risolverà, salvo imprevisti, oggi, con la nomina di Giorgio Alleva alla presidenza. Ma la disputa è andata ormai oltre: coinvolge il mondo accademico, in un botta e risposta tra decine di docenti; atenei pubblici contro privati; e tra sindacati e lavoratori dell'Istituto, dove il presidente è la prima pedina di un risiko di nomine dirigenziali.
Promemoria: il 13 giugno il nome di Alleva esce fuori dal consiglio dei ministri, scelto tra i 40 curriculum inviati al governo. Passano 13 giorni - 27 giugno - e 46 economisti “di fama internazionale” chiedono al governo di ripensarci, e definendo “modesto” il curriculum del presidente in pectore: Alleva (ordinario di Statistica alla “Sapienza” di Roma e mebro del cda di Istat) - spiegano in una lettera aperta non ha nessuna “esperienza internazionale” (la contestata “clausola Padoan”, voluta dal governo Letta per favorire a suo tempo la nomina dell'attuale numero uno del Tesoro) e ha un impatto scientifico nullo (“su 97 pubblicazioni, solo una compare in una rivista scientifica di rilievo”). La lettera - firmata anche da Tito Boeri (Bocconi), Luigi Zingales (Università di Chicago, e Michele Boldrin (Washington University) - attacca anche i criteri di selezione.
Criteri rimasti segreti, così come “gli obiettivi del mandato” chiesti ai candidati. Alla “lobby dei bocconiani”, come è chiamata nell’ambiente universitario, e a sostegno di Alleva, si è contrapposta una vasta schiera di accademici: a oggi si contano almeno tre lettere di sostegno (pubblicate sul sito Roars.it ) e decine di firme, tra cui diversi colleghi della Sapienza come l’ex presidente dell’Ista, Alberto Zuliani. Gli studiosi “nazionali” contestano il valore scientifico degli indicatori bibliometrici.
La stessa critica, per la verità, che da anni buona parte del mondo della ricerca muove ai vertici del ministero dell’Istruzione e dell’Agenzia per la valutazione del sistema universitario, l’Anvur. I 46, invece, li difendono a spada tratta. Tra di loro gira anche una versione più lunga della lettera, dove è scritto che sulla base degli indicatori usati per l’abilitazione scientifica, oggi Alleva non sarebbe neanche associato. Un passaggio durissimo, stralciato all'ultimo dal testo finale. “Il mondo accademico italiano l'ha visto come un affronto - spiega uno dei firmatari - non vogliono critiche. I panni vanno lavati in famiglia.
La maggior parte dei contro-firmatari non ha mai insegnato all’estero e ha un curriculum modesto. Lo scontro vero è tra atenei privati, dove per entrare bisogna competere, e atenei pubblici”. I 46 “guardiani” avrebbero visto con favore uno tra Giampiero Gallo (Università di Firenze) e Giuseppe Arbia (Cattolica di Roma). Lo scontro è anche sull’asse Milano-Roma, da una parte la Bocconi, dall’altra la “Sapienza”, di cui l’Istat sembra un feudo (ben 4 presidenti su 9). Ma la partita è soprattutto dentro l’Istituto. Alleva è stato appoggiato dalla Cgil e dal sindacato interno, l’Usi.
In ballo ci sono decine di nomine dirigenziali, previste per settembre. Tra i corridoi di via Balbo si parla anche di un accordo tra Pd e Forza Italia, che ha garantito a quest’ultima la scelta del direttore generale. La Cgil festeggia per “un nome che non viene dal circolo dell'alta burocrazia europea”. Il M5s parla di scelta in “continuità con il passato”, che mortifica l’indipendenza dell’Istat.
Alleva è stato fortemente voluto dal Ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia. Per il suo ministero, il dipartimento di Alleva ha curato l’elaborazione delle mail arrivate per la consultazione sulla riforma della Pa. Risultato: ottimi giudizi sulle idee del governo.
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