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L’ITALIA, IL VENTRE MOLLE DELL’EUROPA – SALVINI CANNONEGGIA KIEV UN GIORNO SÌ E L’ALTRO PURE, E NEL “CAMPO LARGO” CI PENSA IL SUO EX ALLEATO, GIUSEPPE CONTE, A PORTARE ALTO IL VESSILLO DEL PUTINISMO – FOLLI: “QUESTE MANOVRE HANNO UN PREZZO. NEL COSIDDETTO CAMPO PROGRESSISTA L'AMBIGUITÀ SI PAGA CON UNA PERDITA PROGRESSIVA DI AFFIDABILITÀ IN VISTA DI FUTURE ALTERNANZE AL GOVERNO. NEL CENTRODESTRA IL GIOCO LEGHISTA A LUNGO ANDARE GETTA UN'OMBRA SULLA CREDIBILITÀ DELL'ESECUTIVO, SE SI CONSIDERA CHE NESSUNA CAPITALE EUROPEA, TRA QUELLE PIÙ SIGNIFICATIVE, VIVE UN ANALOGO LOGORIO, SIA PURE PRIVO DI UNA REALE MINACCIA…”
Estratto dell’articolo di Stefano Folli per “la Repubblica”
[…] A Giorgia Meloni va riconosciuto […] il merito di aver tenuto una linea chiara a sostegno degli ucraini aggrediti. L'Italia meloniana non è mai scivolata sulle posizioni di Orbán, pur mantenendo cordiali rapporti con il premier ungherese.
D'altra parte il governo di Roma non appartiene certo al fronte dei "falchi" anti russi, sul genere dei Paesi baltici. E nessuno lo pretende, certo. Eppure sappiamo che i portavoce di Putin e Lavrov prendono di mira con insistenza proprio l'Italia e in particolare il capo dello Stato. Come mai? Ma per la buona ragione che vedono, più a torto che a ragione, una frattura potenziale tra i politici italiani.
GIORGIA MELONI VOLODYMYR ZELENSKY
Nella maggioranza, gli argomenti del Cremlino sono difesi con antica coerenza da Salvini e dai suoi fedeli. Il leghista garantisce «lealtà» alla premier e si capisce: nemmeno lui sa dove andare a collocarsi se uscisse dalla coalizione rompendo sulla politica estera.
Eppure ogni giorno semina zizzania e lascia intendere che, fosse per lui, Kiev sarebbe da tempo alla mercé della «speciale operazione» cominciata da Putin quasi quattro anni fa. Tanto più oggi che può agitare il tema della corruzione ai vertici delle istituzioni ucraine.
Quanto all'opposizione, i distinguo sulla politica estera sono evidenti nelle posizioni dei Cinque Stelle e del binomio Avs, mentre il Pd è abbastanza tiepido, diciamo così, in alcuni settori.
In particolare, tra Salvini e Conte la linea è speculare, con l'ovvia differenza che all'opposizione non si hanno responsabilità e quindi è più facile il gioco di dire e poi smentire.
Queste manovre hanno comunque un prezzo. Nel cosiddetto campo progressista l'ambiguità si paga con una perdita progressiva di affidabilità in vista di future alternanze al governo. Nel centrodestra il gioco leghista a lungo andare getta un'ombra sulla credibilità dell'esecutivo, se si considera che nessuna capitale europea, tra quelle più significative, vive un analogo logorio, sia pure privo di una reale minaccia.
C'è poi un secondo tema internazionale che si è fatto strada in modo perentorio. Riguarda il cooperante Alberto Trentini, prigioniero da un anno nel Venezuela di Maduro senza che siano mai stati chiariti i motivi dell'arresto.
L'italiano potrebbe esser diventato la pedina inconsapevole di un possibile ricatto. Di fatto si è creato un intreccio fra questo caso e la pressione militare messa in atto da Trump contro il regime di Caracas. Il che non è di sicuro una buona notizia per Roma.
Maduro potrebbe collegare la liberazione del recluso a un gesto del nostro governo, ossia a una presa di distanza dall'operazione americana. Forse non sarà così, ma l'ipotesi non è campata in aria. È una crisi nella crisi, una situazione che potrebbe evolvere in un senso molto delicato per la diplomazia italiana.
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