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SANREMO DIVENTA UN TALENT SHOW? LA SALA STAMPA RIBOLLE, SI SENTE DEFRAUDATA DEL POTERE DECISIONALE…
1. SPINELLI: “DA RENZI ASSICURAZIONI INQUIETANTI. IL RIGORE NON È INTACCATO”
Da “La Repubblica”
«In Europa deve cambiare tutto, alla Ue serve un New Deal alla Roosevelt». Barbara Spinelli, europarlamentare della Gue/Sinistra Unitaria, prende la parola a Strasburgo replicando a Renzi. Per la figlia di Altiero Spinelli, il fondatore dell’europeismo, che si è candidata con la lista Tsipras «il semestre italiano inizia con assicurazioni inquietanti: le regole economiche non vengono ridiscusse e neanche il credo liberista, con le riforme strutturali e il lavoro sempre più precario».
È una critica incalzante la sua. L’Europa per essere all’altezza della scommessa per cui è nata ha bisogno - dice Spinelli - di «una Ue radicalmente rifondata, con investimenti nelle infrastrutture e nell'economia verde». Deve - incalza - non limitarsi a cambiare solo le parole, mentre tutto resta com’è.
2. LA SFIDA DI RENZI
Fabio Martini per “La Stampa”
Si è presentato all’Europarlamento con un discorso suggestivo, gratificato da un applauso finale durato 49 secondi, ma due ore più tardi Matteo Renzi si è congedato dall’aula, rilanciando a sorpresa l’eterno derby Italia-Germania.
silvio berlusconi e maria rosaria rossi
E così, esattamente come undici anni fa, quando Silvio Berlusconi a freddo diede del «kapò» al socialdemocratico (tedesco) Martin Schulz, stavolta Matteo Renzi ha duramente attaccato il capogruppo (tedesco) del Ppe Manfred Weber, che poco prima aveva incalzato il presidente del Consiglio italiano.
Dovendo replicare ai tanti interventi critici emersi durante il dibattito, Renzi ha preferito prendere di mira proprio Weber, dandogli dell’assenteista («in questo momento non è in aula»), ma soprattutto sferzandolo in tutte le maniere possibili: «Se ha parlato a nome del suo gruppo politico, non dubito che gli abbiano spiegato le brillanti riflessioni sul debito che all’interno del Ppe fece chi ha guidato l’Italia per tanti anni», alludendo a Silvio Berlusconi. Ma «se parlava a nome della Germania, ricordo che proprio in questa sala, nella scorsa presidenza italiana della Ue, ci fu un Paese cui non solo fu concessa la flessibilità ma anche di violare i limiti: quel Paese era la Germania».
SILVIO BERLUSCONI ALL'USCITA DALLA SACRA FAMIGLIA DI CESANO BOSCONE
Certo, anche undici anni fa era il 2 luglio e anche allora l’Italia presentava la sua presidenza di semestre, ma tra i due «derby» c’è una notevole differenza. Nel 2003 Berlusconi insultò Schulz, mentre Renzi si è limitato a controbattere, sia pure aspramente e restando dentro i confini del politicamente corretto. Eppure, appena il duello si è concluso, un brivido ha percorso le schiene di parlamentari, giornalisti e diplomatici: ci risiamo? Per caso si rimette in discussione il patto a tre Merkel-Renzi-Hollande sulla flessibilità nei Trattati?
A caldo lo escludeva chi conosce le dinamiche del Parlamento europeo: «I parlamentari tedeschi – faceva notare Roberto Gualtieri, presidente in pectore della commissione Economia dell’Europarlamento – vivono il loro mandato in uno spirito di autonomia dai loro governi e quindi sarebbe del tutto sbagliato immaginare che il bavarese Weber si sia mosso su mandato della Cancelliera Merkel». Una lettura che tre ore più tardi veniva integralmente confermata da Renzi a Porta a Porta: «Importanti dirigenti di alcuni Paesi, in Italia vengono considerati la Bibbia ma non mi fanno paura i cani da guardia», «io faccio riferimento al rapporto con la Merkel, un rapporto buono in cui ci parliamo in modo franco e nobile» e dunque «l’accordo non salta».
Dunque un «derby» che nasce in una dinamica di aula, quella stessa aula, nella quale Matteo Renzi è stato sì gratificato da un lungo applauso dopo il suo primo intervento, ma senza potere godere nel successivo dibattito di quell’accoglienza rispettosa che di solito gratifica i leader dei semestri europei. Renzi si è proposto con un discorso ricco di suggestioni, ma senza svelare per il momento quale sia l’idea-forte del semestre italiano. Parlando (come al solito) a braccio, il presidente del Consiglio ha tenuto il punto su capisaldi che all’estero non sono noti.
A cominciare dal più importante: «Il Pd ha preso più voti di tutti non dicendo che era responsabilità dell’Ue ma che i problemi nascono dall’Italia», che «non chiede scorciatoie». Due passaggi significativi sulla scacchiera internazionale («La Ue non si costruisce contro la Russia», «Israele non solo ha il diritto ma il dovere di esistere»), ma in assenza di impegni tangibili ha «vestito» il suo discorso di suggestioni, battezzando la «generazione Telemaco», una generazione che ha di fronte «un compito ancora più difficile» di quello del padre di Ulisse.
renzi parlamento europeo schulz
Quello di raccogliere l’eredità dei padri fondatori dell’Unione e «assicurare un futuro a questa tradizione». Metafora efficace, quella di Telemaco, ma nel successivo dibattito fioccano frecciatine mascherate da complimenti negli interventi di europarlamentari di tutte le provenienze, secondo un leitmotiv tracciato da due delle tante frasi: «Lei esercita il ministero delle parole», «il suo discorso è piaciuto moltissimo, ma non si è capito cosa voglia».
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