DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Fulvio Abbate per "Il Fatto Quotidiano"
Per affrontare una possibile fenomenologia televisiva di Matteo Renzi, aspirante total leader democratico e soprattutto mattatore, occorrono, forse, strumenti di valutazione non ancora in nostro possesso, nel senso che fino alla schiuma veltroniana, sì, ce la facevamo ad arrivare, ed era subito chiaro il grado zero del luogo comune, mentre un passo dopo, cioè dinanzi alla logorrea tattica e inesauribile dell'attuale sindaco di Firenze, le cose si complicano e l'affare democratico addirittura si ingrossa.
L'altra sera, su La7, a Bersaglio mobile, per esempio, c'erano tutte le condizioni per giungere a una risposta, anzi, alla soluzione dell'ontologia renziana, la stessa che, assai prosaicamente, al sud si presenterebbe con un interrogativo stringente, definitivo, immediato: ma Renzi, che pesce è?
Bene, nonostante la presenza del furiere-padrone di casa Enrico Mentana, nonostante la cavalleria del nostro Marco Travaglio e il fuoco di copertura di Marco Damilano, l'altra sera ugualmente non c'è stato verso di perforare la corazza casual dell'ex scout di Rignano sull'Arno, anzi, il "pesce" Renzi era pronto a sgusciare perfino dalla presa del più meticoloso analista-politologo.
In queste condizioni, la sua logorrea, il suo eloquio da diportista e perfino quei modi, immediati, assai poco formali, "da muretto", che lo rendono simile a un personaggio minore del conterraneo Panariello (minore perché, appunto, non sufficientemente caratterizzato né nell'essere amorfo né nell'essere orrendo), in queste condizioni tutto ciò diventa un dettaglio irrilevante.
A dirla tutta, dopo mezz'ora che stavo lì ad ascoltarlo, vedendolo sfuggire magistralmente e gigioneggiare come l'eroico "Tromba", mi è cresciuta dentro una voglia irrefrenabile di strappare dal muro la spina della televisione, un moto di stizza che, giuro, da lì a poco sembrava avere contagiato altri amici pronti a commentare in rete l'incubo del Renzi show.
Tutto questo sarebbe irrilevante , l'ennesima conferma della doverosa modestia culturale, e dunque dialettica, del personale politico-amministrativo che il nostro paese ha avuto in dono dai giochi senza frontiere delle correnti e delle componenti (post-democristiana, nel suo caso), se solo Matteo non fosse lì a rappresentare oggettivamente il nuovo: sia a sinistra sia al centro. Sia, perché no, perfino a destra.
Non che l'uomo l'altra sera in casa Mentana non abbia speso la sua ironia anche in funzione antiberlusconiana, accennando al paradosso ciclopico del conflitto di interessi, e tuttavia, a guardare bene, a molti è sembrato che egli sia l'unico al momento in grado di realizzare davvero il progetto che da tempo altri minacciano di rimettere al mondo, quella ri-Forza Italia che muovendo dalla vitalità delle origini ("rivoluzione liberale" sic), dovrebbe tagliare la testa al toro dell'impasse che da decenni rende il paese ostaggio di un bloccasterzo politico chiamato Silvio. Il futuro, mi sa, tenetevi forte, ha davvero la faccia da calippo di Matteo.
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