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Rodolfo Sala per "La Repubblica"
Il nuovo corso della Lega parte da Verona, dove Roberto Maroni sbarca per benedire - e indicare come modello - la corsa solitaria del suo discepolo Flavio Tosi, sindaco leghista che ha deciso di fare a meno del Pdl, ora in giunta, alle elezioni comunali di maggio. Lo dice chiaro, «Bobo»: «Con questa manovra ultracentralista Monti ci ha messo due dita negli occhi, i berlusconiani l´hanno votata, e adesso ci vengono a chiedere accordi locali che convengono solo a loro: non si può».
E ancora: «Tosi ha il dovere di ripresentarsi, e io concordo con la sua richiesta di correre con una sola lista politica, quella della Lega. Lui è un leghista vero e autentico. Forse per questo, o perché è troppo bravo, ha dovuto subire attacchi personali anche dall´interno del movimento. Questo non è tollerabile. Lo dico io che ne so qualcosa». Per il resto si vedrà , non è questo il momento di insistere su quella lista-Tosi che il sindaco vuole a tutti i costi, ma sulla quale è già scattato il divieto del «federale», cioè del vertice della Lega.
Per ora basta indicare la strada del divorzio definitivo dal Pdl, e fare di Verona un «laboratorio politico» finalizzato a un obiettivo: «Diventare il primo partito del Nord». Così Tosi evita ogni accenno esplicito alla «sua» lista: «Che ci siano delle liste civiche accanto a quella della Lega è normale, molto meno che ci sia il Pdl; altrimenti dovremo spiegare ai veronesi perché ci alleiamo con chi sostiene una manovra che ci costringe a chiedere 200 euro a testa in più a ciascun cittadino».
In sala ci sono quattro assessori regionali su sei, il governatore Luca Zaia è stato invitato, ma ha un impegno. Non si fanno vedere il segretario del Veneto Giampaolo Gobbo, né i veronesi Federico Bricolo, capogruppo al Senato, e Francesca Martini, deputato. Che di Tosi sono nemici dichiarati.
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