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Tommaso Ciriaco per La Repubblica
Al Quirinale neanche a pensarci, meglio una canzone. Beppe Grillo sbarca a Sanremo, con un biglietto in cassaforte per il Festival. L'aveva promesso, l'ha fatto: «Martedì - annuncia il leader pentastellato su Twitter sarò prima fuori dall'Ariston e poi dentro». Il Movimento cinque stelle, intanto, sceglie di disertare le consultazioni per la formazione del nuovo governo.
Il primo annuncio è di alcuni giorni fa. Il leader pentastellato si ritrova in un hotel romano, a colloquio con i suoi parlamentari. E non si trattiene: «Sapete cosa faccio tra qualche giorno? Vado a Sanremo». Silenzio, pausa ad effetto. «Andiamo io e quello lì...», sorride mimando il "cespuglio" di Gianroberto Casaleggio: «Seduti in mezzo al pubblico. Io e lui, ad ascoltare Fabio Fazio». Per aggiungere, a fine incontro: «Ma vi immaginate la faccia di quelli là ? Andranno nel panico, impazziranno...».
Il braccio di ferro con la Rai dura da un pezzo. Uno dei cavalli di battaglia del Movimento è proprio la denuncia degli stipendi delle star della televisione pubblica. A partire da quello di Fazio. Un'escalation culminata a settembre nell'occupazione simbolica di viale Mazzini.
Non sarà però una prima volta. Dopo l'allontanamento dalla Rai per una battuta sui socialisti, il comico tornò a frequentare il piccolo schermo calcando proprio il palco del teatro Ariston. Era la fine degli anni Ottanta, lui ironizzava davanti alla platea gremita: «Essere qui è la mia sconfitta, vado via! Vabbé, ho già preso la caparra, due o tre cosine le dico...».
Stavolta si presenta al Festival nelle vesti di "contestatore" - pare seduto tra le prime file - di certo pronto a raccogliere l'attenzione dei media fuori e dentro il Festival.
Chi già si preoccupa è il Pd: «Grillo - domanda Michele Anzaldi - vuole danneggiare la trasmissione di punta del servizio pubblico?».
Il Colle, invece, i cinquestelle non saliranno. Dopo un'assemblea congiunta dei parlamentari, il Movimento stabilisce a maggioranza (62 voti contro 17, 6 gli astenuti) di non recarsi al Quirinale per le consultazioni. «Il Presidente non è garante delle istituzioni», tuonano.
Una scelta preannunciata proprio da Grillo sul blog: «Napolitano - scrive - darà via al rito che dovrebbe per decenza risparmiarci. Un'immensa presa per il culo. Sceglierà Renzie che non è parlamentare, che non si è mai candidato nel ruolo di premier. Lo farà , come lo ha fatto per Monti e per Letta, ignorando Parlamento, Costituzione e volontà degli italiani».
Non tutti, però, apprezzano. Sulla Rete in molti sollevano più di qualche dubbio. E la senatrice Serenella Fucksia non si nasconde: «Non condivido la scelta di non andare al Colle! Questo non è il momento del silenzio, ma è il momento dei giusti argomenti e dell'azione. Io non ci sto a lasciare il campo».
I falchi, da sempre in maggioranza, tirano però dritto. E l'ex capogruppo al Senato Paola Taverna lo conferma: «Napolitano legittima un passaggio che dovrebbe essere parlamentare. Questa non è democrazia. Vogliono far sembrare normale quello che è eversivo».
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